La smobilitazione

Fuga dal lavoro e dalla Russia. Il costo economico della mobilitazione

Luciano Capone

L’arruolamento forzato di Putin stravolge il mercato del lavoro russo: 300 mila uomini al fronte e 700 mila emigrano. La riduzione della forza lavoro ha un impatto immediato sul pil (-0,5-1 per cento) e di lungo termine su investimenti e produttività: un grave choc economico e demografico

Mercoledì sera il blog militare russo Rybar ha diffuso un video di “mobilitati” russi spediti al fronte che lamentavano disorganizzazione, mancanza di formazione, cibo ed equipaggiamento, senza sapere a quale unità fossero assegnati e dove stessero andando: “Per una settimana abbiamo vissuto in condizioni bestiali, in condizioni assolutamente bestiali. Nessun sostegno materiale, indennità monetaria. Assolutamente niente”, dice l’autore del video. Non è un caso isolato. La “mobilitazione parziale” decisa da Putin, sta diventando un problema politico, causa di malcontento e proteste, tanto da costringere il Cremlino a gonfiare le spese per la “sicurezza interna”. Ma è anche un problema economico.

 

Il 4 ottobre il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha affermato che sono già stati mobilitati 200 mila uomini, ma la cifra finale prevista è di 300 mila uomini. La “mobilitazione”, ovvero la sottrazione alle loro normali attività, di una fetta così ampia della popolazione avrà un impatto negativo immediato sul pil e uno più strutturale di medio termine. Che si aggiunge al costo economico sostenuto per il finanziamento della guerra in Ucraina. La cifra di 300 mila coscritti rappresenta circa l’1% dei 33 milioni di uomini russi tra i 20 e i 55 anni, quindi in età da lavoro. E il solo loro spostamento dal mercato del lavoro, e dalla produzione, al fronte ucraino secondo le stime di Alexander Isakov di Bloomberg ha un impatto diretto di -0,25 punti di pil (la stima porterebbe a una recessione per il 2022 del -3,75%, molto più ampia della previsione di -2,9% del governo russo). Per altri economisti russi l’impatto è di almeno 0,5 punti di pil.

 

Ma questo è solo, appunto l’effetto diretto, a cui ne vanno aggiunti altri indiretti ma altrettanto immediati. Un altro è l’impatto sui consumi e, più in generale, sul morale e la fiducia degli operatori economici. “La mobilitazione fornisce un forte choc negativo alla fiducia dei consumatori”, ha detto a Bloomberg l’economista di Renaissance Capital Sofya Donets. “Vedremo una strategia di abbandono degli acquisti non necessari e un profondo calo della domanda”, che l’economista stima in un’ulteriore contrazione dello 0,5 per cento del pil. Non sembrano variazioni significative, ma sono rilevanti se si considera che negli ultimi anni il tasso medio di crescita dell’economia russa è stato prossimo allo zero.

 

Per minimizzare lo choc sia economico ma soprattutto sociale e politico, il governo russo sta mobilitando in particolare persone provenienti da comunità svantaggiate e minoranze etniche. Secondo un report dell’Institute for the Study of War (Isw), il Cremlino “sta prendendo di mira le regioni che hanno meno probabilità di protestare contro tassi di mobilitazione sproporzionati per generare manodopera aggiuntiva senza aumentare l’instabilità interna”. Non è un caso che a Mosca e San Pietroburgo il tasso di mortalità sia rimasto pressoché uguale dopo l’inizio della guerra, mentre il Daghestan abbia registrato un aumento del tasso di mortalità maschile del 105%. Questa scelta politica di Putin ha anche un indiretto vantaggio economico: vengono preservati i lavoratori nei settori a maggiore valore aggiunto. Sono molte, infatti, le aziende che cercano nelle maglie dei vari decreti di ottenere un differimento o un’esenzione per il proprio personale (Putin ha appena firmato un decreto che esenta i seminaristi). La categoria più preservata, perché carente in Russia e con un mercato internazionale, è quella dei lavoratori nel settore IT (il governo ha pubblicato un elenco di 195 professioni del settore per cui è rinviata la mobilitazione).

 

Ma anche per la poca chiarezza e la scarsa fiducia nelle comunicazioni del governo, queste esenzioni temporanee non sono servite a evitare un secondo esodo. Dopo l’annuncio della mobilitazione, si sono viste code chilometriche ai confini. Cifre non ufficiali che circolano sui media russi parlano di 700 mila persone che hanno lasciato il paese. Si tratta di una smobilitazione dal mercato del lavoro doppia di quella prodotta dalla mobilitazione, che avrà un impatto di medio termine anche su investimenti e produttività. Un grave choc economico e demografico, che coinvolge le fasce sociali e le zone più ricche, quelle che Putin ha finora preservato. Scrive ad esempio il Kommersant, il più importante quotidiano finanziario russo, che dopo l’annuncio della mobilitazione a Mosca sono triplicati gli annunci di vendite di immobili con sconti fino al 20%.

 

Naturalmente ci sono paesi vicini, anche ostili al regime di Putin, che stanno beneficiando dell’afflusso di capitali e immigrati russi. Mentre la Russia entra in una profonda recessione, il Fmi ha appena rivisto al rialzo la crescita della Georgia nel 2022 dal +3,2% al +9%.

 

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali