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Scarsa lungimiranza

Cosa vuol dire, per l’Europa, garantire la sicurezza sull’energia

Chicco Testa

L’Ue e l’Italia si sono dimenticate di quanto fosse fondamentale disporre di scorte in modo continuo. Dando per scontato che il gas continuasse ad arrivare abbondante, Il “green deal” si è tramutato in recessione e sofferenze

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Ci sono cose banali, scontate, di cui spesso, proprio perché scontate, ci dimentichiamo. Poi le vicende della storia tornano prepotentemente a ricordarcele. Per esempio che il primo fondamento di ogni politica energetica è la sicurezza. Disporre di energia in modo continuo, non importa quale e sperabilmente a basso prezzo, purché ci sia. L’Europa, e l’Italia, se ne sono dimenticati.

 

 L’Europa ha dimenticato il primo comandamento per obbedire al nuovo arrivato: la transizione energetica. Ma ha dato per scontato che l’altra energia, quella del gas, continuasse ad arrivare a basso costo ed abbondante. Mentre il North Stream 1 continuava a pompare il n. 2 era già pronto ad aggiungersi. Così facendo ci siamo tagliati i ponti alle spalle. Il “green deal”, senza la sicurezza, si tramuta in recessione e sofferenze. Adesso il sentiero si è fatto stretto. Ogni mezzo è buono per abbassare il costo dell’energia, persino il maledetto carbone. Ma il segnale più potente che possiamo mandare alla Russia, e a noi stessi, è riprendere la partita aperta negli anni ’70 e poi dimentica, con l’obiettivo di affrancare l’Europa dalla eccessiva dipendenza. O per lo meno con una forte riduzione del rischio che va distribuito fra più tecnologie e più aree geografiche. L'abc di ogni scelta energetica.

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Ragion per cui mentre siamo concentrati sull’oggi dobbiamo adesso impostare le scelte per il domani. Non è una nottata che deve passare, ma un drastico cambiamento di strategia da mettere a fuoco. Anche i mercati capisco questo linguaggio. L’annuncio di scelte in quella direzione li raffredderebbe e ridurrebbe panico e volatilità. L’errore più grande è invece il continuismo, gli aggiustamenti marginali, il considerare transitorio ciò che è invece strutturale. Quali sono e scelte da fare? Ne cito quattro. Del green deal va certamente conservata la spinta verso le rinnovabili. Possono dare una grande mano e tutti i vincoli burocratici soprattutto per quegli impianti, per esempio il fotovoltaico su tetti di casa e capannoni, privi di impatto ambientale vanno rimossi. Purché ci si ricordi sempre che oggi l’elettricità , il prodotto principale delle rinnovabili, rappresenta il 21 per cento dei consumi energetici totali, e una soluzione tutta rinnovabili implicherebbe un enorme aumento dell’elettrificazione dei nostri consumi, costi di sistema insopportabili, una fattibilità assai discutibile e tempi ciclopici.

 

Per questo, secondo obiettivo, una ripresa dei programmi nucleari, l’obiettivo principale delle scelte fatte dall’Europa, e anche dall’Italia negli anni ‘70 fino al Referendum dell’87, si integrerebbe perfettamente con le rinnovabili dando stabilità al sistema elettrico e riducendone i costi complessivi. Francia e UK e alcuni Paesi dell’est europeo hanno già deliberato programmi in questa direzione. La terza scelta riguarda i fossili, soprattutto il gas. Di cui non possiamo liberarci in meno di qualche decennio. Che senso ha gioire per le scoperte di Eni a Cipro o a quelle in Israele o in Egitto e lasciare in Adriatico quelle di nostra competenza (che presto succhierà la Croazia)? Ci sono stime che dicono che queste risorse potrebbero essere ingenti e almeno riprendere le esplorazioni per accertarle sarebbe il minimo sindacale. Certo nessuno esplora se poi non ha la sicurezza di poter estrarre quello che eventualmente si può trovare. E quindi ci vogliono certezze.

 

Quarto: il contenimento dei consumi, anche con spinte meno gentili di quelle attualmente previste. A questo  penseranno gli alti livelli dei prezzi delle bollette, ma trasformare una necessità in un ulteriore salto nell’efficienza energetica, stessa quantità di output con meno energia, sarebbe buona cosa. Qualcosa è stato fatto. Le misure già messe in campo, circa 10 nuovi rigassificatori sono previsti in Europa, possono in qualche anno portarci lontani dalla Russia, ma non dai rischi geopolitici. Infine, in questi anni il mercato dell’energia ha dato molto in termini di contenimento dei prezzi e miglioramento dell’efficienza. Ma il mercato energetico, come tutti i mercati, ha bisogno di un mondo piatto e liquido. Ma quando un solo stato può aprire o chiudere i rubinetti a sua scelta e alterare  il rapporto fra domanda e offerta bisogna prenderne atto. In un’economia di guerra,  il mercato non funziona. E gli stati hanno il dovere di garantire la sicurezza. 

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