(Foto EPA via ANSA) 

Il Lincoln project ci spiega il piano per fermare i trumpiani a novembre

Luciana Grosso

Oggi il Partito repubblicano per come lo conoscevamo non esiste più, i candidati repubblicani sono candidati trumpiani. "Quando Trump ci ha attaccato le nostre raccolte fondi sono schizzate a decine di milioni di dollari", ci spiega il cofondatore dell'organizzazione che porta il nome del 16esimo presidente degli Stati Uniti

 

"Flip it, or skip it”, che significa: passa ai democratici o, se proprio non ce la fai, non votare, salta un giro. E’ questo il messaggio che le centinaia di attivisti del Lincoln Project, un gruppo di (ex) repubblicani americani convinti che la priorità di questo momento storico sia fermare Donald Trump, sta portando in giro per  gli Stati Uniti. Lo hanno fatto (con eco probabilmente maggiore di quanti siano i voti che hanno  spostato) nel 2020, per le presidenziali Trump-Biden. Ci riprovano ora con le elezioni di midterm: pensano che dall’esito di queste elezioni per il Congresso e per i governatori dipenderà la contendibilità della presidenza nel 2024.

 

“I candidati repubblicani di questa tornata, salvo poche eccezioni, sono candidati trumpiani”, spiega al Foglio Reed Galen, cofondatore del Lincoln Project: “Sono persone che antepongono l’interesse del loro leader, che trattano come una specie di profeta, a quello dell’America, alla verità  delle cose. Non credono a quello che vedono, ma solo a quello che dice Trump. La prima cosa che farebbero, se elette, sarebbe scrivere leggi statali che rendano  impossibile per i democratici vincere la presidenza. Oppure potrebbero mettere negli uffici elettorali persone che credono alla faccenda della big lie o che, nel caso in cui ricevessero una telefonata in cui si chiede loro di ‘trovargli 10 mila voti’, potrebbero rispondere ‘agli ordini!’. Oggi non c’è in ballo il Congresso, ma la sopravvivenza  della nostra democrazia”.


Nel 2020, il Lincoln Project aveva un solo obiettivo: Trump. “Siamo partiti nel 2019: eravamo in quattro gatti –racconta Galen – Fino al maggio del 2020 le nostre raccolte fondi andavano benino, attorno ai 300 mila dollari al mese. Poi a maggio, Trump ci ha attaccato. In quel momento esatto le nostre raccolte fondi sono schizzate a decine di milioni al mese. Alla fine dell’anno ne avevamo raccolti più di cento”. La particolarità del Lincoln Project è che non manda spot elettorali  in tutta la nazione, ma solo dove è certo che Trump possa vederli.  “Trump passa tutto il giorno, tutti i giorni, nello stesso modo: chiuso in una stanza a mangiare patatine e a guardare la tv. Se una cosa va in onda su Fox News tra le 8 di sera e mezzanotte, nello stato in cui si trova, puoi star certo che lui la vedrà. Per questo, avevamo comprato spazi pubblicitari su Fox, a Washington DC: volevamo che ci vedesse. La campagna del 2020 è stata molto diversa da le altre: non c’erano staff, strategia, war room. Tutto iniziava e finiva con lui. Volevamo distrarlo e fargli saltare i nervi”.

 

Ora la strategia del Lincoln Project è cambiata, ma solo un po’. “Tra pochi giorni faremo partire una campagna di spot in New Jersey,  che non è in bilico ma in cui, in questo periodo dell’anno, risiede Trump. Questa volta non vogliamo solo distrarlo. Vogliamo fargli venire la paranoia, così darà di matto e sarà più facile condurre le nostre altre campagne negli stati in bilico come il Nevada o la Pennsylvania. Lì il nostro messaggio si rivolge sia ai democratici, che devono votare in massa, sia agli indipendenti e ai repubblicani che non sono ancora caduti nella trappola del trumpismo. A loro diciamo: ‘flip it or skip it’”.


Galen non parla dello scandalo in corso, quello dei documenti trovati dall’Fbi nella residenza in Florida di Trump: sa che non sposta voti. “Oggi il Partito repubblicano per come lo conoscevamo non esiste più. Possiamo dividerlo in tre parti: una, assolutamente minoritaria, è quella dei ‘soft republicans’ cui appartengo pure io, che è fatta di repubblicani che credono nei valori del partito (tasse basse, minima ingerenza dello stato, forte difesa militare) e che non ha mai votato Trump. Poi c’è una parte, assolutamente maggioritaria, che considera essere repubblicani ed essere trumpiani una cosa sola, anche se non è vero. Infine c’è una parte che io chiamo UltraMaga che è andata oltre Trump: sono quelli di QAnon, del 6 gennaio, del Covid raccontato come una stronzata globale. La domanda che dobbiamo porci non è cosa votano queste persone. Ma cosa voteranno una volta che Trump sarà uscito di scena”.


Già, cosa faranno? “Penso che il movimento UltraMaga non sopravviverà a Trump. Sono persone disorganizzate, estranee alla politica, individualiste. Fino a che Trump farà loro da catalizzatore continueranno a essere della partita. Ma quando lui non ci sarà più il loro movimento si disgregherà. Certo, l’ipotesi di un processo e di un’incarcerazione di Trump potrebbe radicalizzarle ancor di più e, senza dubbio, potrebbe dar luogo a violenze e rivolte. Ma le persone, a lungo andare, si stancano. Quello che non sappiamo ancora è cosa succederà alla parte maggioritaria del partito, quella che è trumpiana ma non è ancora diventata UltraMaga. Verosimilmente troverà un altro leader, forse il governatore della Florida Ron DeSantis, forse l’ex governatrice dell’Alaska Sarah Palin, o forse un altro ancora, speriamo meno populista. Ma conta poco, perché in ogni caso continuerà a votare repubblicano”. Gli obiettivi elettorali del Lincoln Project sono i democratici e i repubblicani che non sono ancora caduti nella rete di Trump. Gli uni perché votino, gli altri perché facciano qualunque cosa tranne votare Trump. 

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