La guerra dell'energia

Con il petrolio Putin ricatta il Kazakistan, l'ex alleato che ora cerca di aggirare la Russia

Davide Cancarini

Un tribunale ha ordinato la sospensione delle attività del Caspian pipeline consortium, il consorzio che gestisce il trasporto del petrolio estratto in Kazakistan fino al porto russo di Novorossiysk. Il presidente Tokayev si era impegnato a supportare l’Unione europea nella stabilizzazione del mercato energetico globale.

La Russia e il Kazakistan sono ai ferri corti e le conseguenze di questa Guerra fredda in evoluzione in Asia centrale si potrebbero far sentire anche in Europa, con un ulteriore impatto sul settore dell’energia. Sulla base di un evidente pretesto burocratico, un tribunale russo ha  ordinato la sospensione per trenta giorni delle attività del Caspian pipeline consortium (Cpc), consorzio che gestisce il trasporto del petrolio estratto dai giacimenti dell’area occidentale del Kazakistan fino al porto russo di Novorossiysk, sul Mar Nero. Solo un giorno prima dell’annuncio, il presidente kazako, Qasym-Jomart Tokayev, durante una telefonata con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, si era impegnato a supportare l’Unione europea nella stabilizzazione del mercato energetico globale

Una sospensione simile era avvenuta subito dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, ma questa volta il leader kazako ha accolto la notizia chiedendo al proprio governo di trovare nuove rotte di esportazione per aggirare il territorio russo. 
Dietro la pretestuosa decisione, contro la quale la Cpc vuole  procedere in appello, si celano ragioni di natura economica e politica. Da un lato, il  calo del prezzo del petrolio potrebbe colpire duramente la già asfittica economia russa e un taglio dell’ammontare che arriva quotidianamente sui mercati potrebbe dare sollievo. Sul fronte politico è invece evidente l’intenzione di Putin di punire il governo kazako, un tempo quasi totalmente prono alla linea dettata da Mosca e ora sempre più critico rispetto alla decisione di invadere l’Ucraina. Durante l’ultimo summit economico di San Pietroburgo, Tokayev ha  ottenuto grande risalto internazionale per la risolutezza mostrata affermando di fronte a Putin che Nur-Sultan non ha intenzione di riconoscere le regioni separatiste filorusse occupate dalle truppe di Mosca in Ucraina, Donetsk e Luhansk. Una presa di distanza talmente netta da risultare impensabile  fino a pochi mesi fa. 


Per quanto riguarda l’impatto sui mercati dell’energia della sospensione del flusso attraverso la Cpc, bisogna  sottolineare che circa l’80 per cento  delle esportazioni di petrolio del Kazakistan, poco al di fuori  dei principali dieci produttori a livello mondiale, passa attraverso il terminal portuale russo di Novorossiysk. E non potrebbe essere altrimenti, considerato l’isolamento geografico dell’Asia centrale che non impedisce comunque al Kazakistan di fornire all’Unione europea circa il 6 per cento  del suo fabbisogno annuo, un legame commerciale fondamentale per le casse kazake, tenendo conto che il 70 per cento  delle esportazioni di petrolio della repubblica centro asiatica fluisce proprio in direzione europea. Alla luce di questi numeri, e inserendo nell’equazione la volontà dell’Ue di tagliare entro la fine dell’anno di circa il 90 per cento delle importazioni di petrolio dalla Russia, è facilmente intuibile come la decisione della corte russa non sia stata accolta positivamente a Bruxelles. Il contraccolpo economico rischia di essere significativo anche per il Kazakistan, con le stime di alcuni economisti che parlano di perdite vicine ai 500 milioni di dollari.


La sospensione del del Caspian pipeline consortium mostra anche  la frustrazione di Mosca, costretta a ricorrere a iniziative  disperate e forzose per  provare a rinsaldare un fronte un tempo ritenuto granitico nella sua vicinanza al Cremlino. Se la speranza di Putin è quella di riavvicinare  il Kazakistan e trovare una sponda che possa ridurre l’impatto delle sanzioni internazionali, si tratta probabilmente di un obiettivo destinato a rimanere sulla carta. Anzi, la mossa russa rischia di rivelarsi l’ennesimo boomerang per la Federazione, mostrando una volta di più agli ex alleati di ferro quanto sia pericoloso dare troppa fiducia all’inquilino del Cremlino.