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L'annuncio

Il lungo addio di Boris Johnson

Paola Peduzzi

Il premier britannico ha annunciato le dimissioni da leader del Partito conservatore, ma vuole restare alla guida del governo fino a che non sarà scelto il suo successore. C'è già una nuova rivolta tra i Tory

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Boris Johnson ha annunciato le proprie dimissioni da leader del Partito conservatore ma vuole restare primo ministro fino a che non sarà scelto il suo successore. E' una decisione che già prima dell'ufficializzazione ha portato a un'altra, l'ennesima, rivolta dentro al partito: avendo decretato la fine di Johnson sulla base dell'assenza di integrità della sua leadership, ogni giorno in più rappresenta una guida del paese considerata inappropriata oltre che inefficace e poco credibile.

Johnson ha parlato pochi minuti, ha detto che l'intenzione del suo partito è chiara e che lui l'ha accettata – “quando il gregge si muove, si muove”, ha detto, citando anche la natura “darwiniana” del sistema britannico – ma i tempi di questa transizione saranno comunicati nei prossimi giorni e intanto lui resta dov'è. Sa che non è una scelta condivisa, ma intanto ha iniziato a sostituire parte dei dimissionari (sono molti, ci vorrà del tempo) e ha ricordato i propri meriti che, secondo lui, sono il motivo per cui non deve lasciare l'incarico da primo ministro: una vittoria elettorale nel 2019 enorme, tanto per cominciare, e poi la Brexit, la gestione dei vaccini e il sostegno all'Ucraina.

Johnson ha raccontato di aver cercato di convincere i colleghi che cambiare leader ora sarebbe stato "eccentrico", ma non ce l'ha fatta e anche se è “triste” di lasciare il lavoro più bello del mondo, “Nessuno è neppure lontanamente indispensabile”, ha detto, quindi nemmeno lui.

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