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Due vite di governo

O i gollisti o “le unioni di circostanza” à la Rocard. I conti dei macroniani ridimensionati 

Mauro Zanon

Il risultato delle urne francesi non ha assegnato a Macron la maggioranza assoluta che si aspettava. Adesso per evitare lo scenario di una Camera ingovernabile si aprono due strade: un accordo con i Républicains (Lr) oppure fare come Mitterrand nel 1988, e scendere a patti su ogni singola legge 

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Parigi. Fino a metà maggio, l’ipotesi di non avere la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, ossia meno di 289 deputati su 577, non era nemmeno presa in considerazione dalla macronia. I più pessimisti dell’entourage del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, avevano pronosticato circa 300 deputati per la coalizione dei moderati e dei liberali di Ensemble!, cinquanta in meno della precedente legislatura, ma comunque sufficienti per navigare in acque piuttosto tranquille nel secondo quinquennio. E invece, domenica sera, man mano che i risultati del secondo turno delle legislative venivano ufficializzati, Macron e i suoi partner si sono ritrovati di fronte a una realtà ben diversa da quella che avevano immaginato: 245 deputati eletti, 105 in meno rispetto al 2017, pilastri del potere macronista sconfitti malamente nelle loro circoscrizioni dai candidati della Nupes, l’alleanza delle sinistre progressiste, o dai sovranisti del Rassemblement national, ma soprattutto nessuna maggioranza assoluta, con l’obbligo di stringere accordi con le forze dell’opposizione per portare avanti un programma di riforme.

 

Il direttore del Figaro, Alexis Brézet, ha evocato nel suo editoriale il rischio di un “quinquennio nato morto”, bacchettando la troppa sicumera di molti responsabili macronisti, che hanno fatto campagna soltanto dopo lo scossone del primo turno, perché convinti alla stregua dei loro predecessori di beneficiare del cosiddetto “effetto di amplificazione” come nel 2017, o comunque di un voto di conferma, ma anche del riflesso legittimista e del “fronte repubblicano” anti Mélenchon: che però non c’è stato. “Questa volta, la strategia del ‘voto utile’ non ha funzionato. Gli strateghi macronisti avevano scommesso che l’ostilità verso Jean-Luc Mélenchon e il suo progetto politico delirante sarebbe stata più forte di tutto: che grave errore! Al contrario delle elezioni presidenziali, questo secondo turno delle legislative assomiglia furiosamente a un referendum anti Macron”, scrive Brézet, prima di aggiungere: “Gli estremisti non sono mai stato così potenti: la Nupes, naturalmente (131 deputati, ndr), ma anche il Rassemblement national (89 deputati, ndr), il cui successo storico costituisce l’altra sorpresa. Quando alla destra, benché in flessione, riesce a limitare i danni meglio di quanto sperasse”. 

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E’ proprio con questa destra, i gollisti del partito Républicains (Lr), che Macron potrebbe siglare un patto di governo e scongiurare lo scenario di una Camera ingovernabile e di una Francia ostaggio della guerriglia parlamentare. Usciti con le ossa rotta dalle presidenziali, dopo il risultato catastrofico ottenuto da Valérie Pécresse, gli eredi del gollismo hanno ottenuto 61 deputati e potrebbero essere il pivot del prossimo quinquennio, gli interlocutori imprescindibili: permettendo all’inquilino dell’Eliseo di far passare alcune riforme chiave, a cominciare da quella delle pensioni. Certo, la strada verso un accordo non è  semplice. Domenica sera, il presidente di Lr, Christian Jacob, e l’esponente dell’ala conservatrice del partito Éric Ciotti, hanno dichiarato che i gollisti resteranno all’opposizione e che non saranno “la ruota di soccorso” di Macron. Ma sembrano soltanto dichiarazioni per alzare la posta, per farsi desiderare ancora di più da una macronia che nei prossimi giorni dovrà giocoforza aprire le negoziazioni. In più, all’interno di Lr, ci sono anche figure apertamente favorevoli a una maggioranza di compromesso con la coalizione che sostiene Macron: come Jean-François Copé, ex ministro di Chirac. “Da diverse settimane, ripeto che un patto di governo tra Macron e Lr è vitale per lottare contro l’ascesa degli estremisti. L’estrema sinistra, così come l’estrema destra, rappresentano dei pericoli assoluti per la Francia. Incarnano sia l’uno che l’altro la violenza, la tensione, il settarismo”, ha twittato Copé, invitando i suoi compagni di partito a un sussulto di responsabilità repubblicana. 

 

L’altro scenario possibile a disposizione di Macron per governare è quello che Maurice Szafran su Challenges chiama “strategia Rocard”. Il riferimento è a quando François Mitterrand, nel 1988, privo di maggioranza assoluta alle legislative, incaricò il socialista liberale Michel Rocard di trovare delle “unioni di circostanza” per far passare le singole leggi. Aiutato dal brillante costituzionalista Guy Carcassonne, Rocard, con la sua forza persuasiva, riuscì nel suo intento per quasi tre anni. In caso di mancato accordo con Lr, a Macron non resta che trovare i suoi Rocard e Carcassonne.
 

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