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Il laboratorio dei veleni, la disinformatja da Andropov a Putin

Luciano Capone

Per la Russia, gli americani creano virus in biolab segreti sul suolo ucraino. Torna un classico della disinformazione sovietica: con l'operazione Denver il Kgb mise in giro la voce che l'Aids era un prodotto dei laboratori della Cia

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Qualche settimana fa, intervistato dal settimanale Argumenty i Fakty, il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione russa Nikolaj Platonovic Patrushev ha parlato, con totale disinvoltura, della diffusione nel mondo di malattie pericolose da parte dell’occidente. “Alcuni esperti esprimono un parere sull’infezione da coronavirus di origine antropica, ritenendo che potrebbe essere stata creata nei laboratori del Pentagono con l’assistenza di alcune grandi aziende farmaceutiche multinazionali – dice Patrushev –. Clinton, Rockefeller, Soros e Biden sono stati coinvolti in questo lavoro con garanzie statali. Invece di prendersi cura della salute dell’umanità, Washington spende miliardi nello studio di nuovi agenti patogeni. Inoltre, la medicina occidentale pratica sempre più l’ingegneria genetica, metodi di biologia sintetica, confondendo così il confine tra artificiale e naturale”. In sostanza, il governo degli Stati Uniti d’accordo con Big Pharma, la grande finanza ebraica e i politici (del solo Partito democratico) avrebbero creato in laboratorio il virus del Covid.

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Qualche settimana fa, intervistato dal settimanale Argumenty i Fakty, il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione russa Nikolaj Platonovic Patrushev ha parlato, con totale disinvoltura, della diffusione nel mondo di malattie pericolose da parte dell’occidente. “Alcuni esperti esprimono un parere sull’infezione da coronavirus di origine antropica, ritenendo che potrebbe essere stata creata nei laboratori del Pentagono con l’assistenza di alcune grandi aziende farmaceutiche multinazionali – dice Patrushev –. Clinton, Rockefeller, Soros e Biden sono stati coinvolti in questo lavoro con garanzie statali. Invece di prendersi cura della salute dell’umanità, Washington spende miliardi nello studio di nuovi agenti patogeni. Inoltre, la medicina occidentale pratica sempre più l’ingegneria genetica, metodi di biologia sintetica, confondendo così il confine tra artificiale e naturale”. In sostanza, il governo degli Stati Uniti d’accordo con Big Pharma, la grande finanza ebraica e i politici (del solo Partito democratico) avrebbero creato in laboratorio il virus del Covid.

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Si tratta ovviamente di una storiella complottista completamente inventata, talmente infondata da essere ridicola, di quelle che dalle parti nostre qualche svitato esprime sui social network, su YouTube, al limite e non di rado in qualche talk-show. Ma qui a parlare è uno degli uomini più importanti di Russia, il braccio destro di Vladimir Putin. Patrushev è infatti, nell’apparato russo, l’uomo più vicino al presidente, tanto da essere considerato il suo successore naturale in caso di imprevisti. Ha trascorso al fianco di Putin oltre 40 anni. Entrambi vengono da San Pietroburgo, ma si conoscono al Kgb dove Patrushev si occupa di lotta alla corruzione mentre il più giovane Putin di controspionaggio. Negli anni Novanta il legame si rafforza sempre nei servizi segreti post-sovietici. E così Patrushev è il vice di Putin nel Fsb e quando nel 1999 Boris Eltsin nomina primo ministro Vladimir, è l’amico Nikolaj a prendere il suo posto al vertice dei servizi: Patrushev guida l’Fsb fino al 2008 e da lì in poi è la voce più ascoltata dal presidente nel Consiglio di sicurezza, l’organismo che raccoglie le cariche istituzionali più importanti del paese e che rappresenta l’inner circle dello zar sulle questioni fondamentali di politica estera e strategica.

 

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Questa breve digressione su Patrushev per dire che in Russia le teorie complottiste sui “biolaboratori” segreti degli Stati Uniti non sono materiale da sottobosco di internet, ma linea ufficiale dello stato. La tesi degli Stati Uniti untori globali è ricorrente e si adatta un po’ a tutte le malattie. Dieci giorni prima di Patrushev, il ministero della Difesa russo con una nota ufficiale aveva fatto sapere che continua a studiare i “programmi biologici e militari degli Stati Uniti e degli alleati della Nato sul territorio dell’Ucraina”. Ovviamente non c’è nulla di vero, dato che quei laboratori non sono affatto segreti e non si occupano di produrre armi chimiche o biologiche. Ma il ministero guidato dall’altro braccio di Putin, Sergej Shoigu, si è inventato un’improbabile teoria con tanto di grafica illustrativa piena di simboli e freccette che uniscono puntini del complotto. La tesi, in sintesi, è che in Ucraina ci sarebbero dei laboratori americani finanziati sempre dai soliti Soros, Rockefeller, Clinton e Biden che, in accordo con Big Pharma (e vengono citate non a caso Pfizer e Moderna, le case farmaceutiche che producono vaccini anti Covid) farebbero esperimenti umani fuori dai protocolli scientifici per sviluppare farmaci facendo maggiori profitti che poi verrebbero in parte girati alla politica per finanziare le campagne elettorali dei democratici americani; e inoltre lavorano alla produzione di armi chimiche e biologiche da spargere contro le popolazioni russofone (motivo per cui la Russia è intervenuta con la sua “operazione speciale”).

 

E la stessa versione del complotto si aggiorna, di volta in volta, all’emergere di una nuova malattia spaventosa. È il caso del vaiolo delle scimmie, che dopo l’esperienza del Covid, ha spaventato l’opinione pubblica. Il ministero della Difesa russo, due giorni dopo che Patrushev aveva insinuato che gli Stati Uniti avessero prodotto il coronavirus del Covid in laboratorio, ha chiesto all’Oms di aprire un’inchiesta sull’attività di alcuni biolaboratori in Nigeria, secondo Mosca finanziati e controllati dagli Stati Uniti, in quanto sospettati di aver avuto un ruolo nella diffusione del vaiolo delle scimmie. Igor Kirillov, capo dei reparti di radioterapia, protezione chimica e biologica delle forze armate della Russia, citato dalla Tass, ha detto: “Sullo sfondo di numerosi casi di violazioni statunitensi dei requisiti di biosicurezza e di conservazione negligente di biomateriali patogeni, chiediamo di indagare sulle attività dei laboratori nigeriani finanziati dagli Usa ad Abuja, Zaria, Lagos e informare la comunità mondiale sui suoi risultati”. Queste storielle sono tanto assurde quanto illogiche, ma sono piene di esche per alcuni gruppi estremisti o disagiati presenti nelle società occidentali, dai No vax ad alcune frange trumpiane, pronti poi a rilanciare questo materiale propagandistico. E non si tratta neppure di un metodo particolarmente nuovo, ma di un grande classico della disinformatja sovietica, le cui tecniche sono ben note agli ex ufficiali del Kgb Vladimir Putin e Nikolaj Patrushev.

 

Il copione è stato più o meno lo stesso all’inizio degli anni Ottanta, come racconta Thomas Rid, politologo ed esperto di studi strategici, nel libro “Misure attive – storia segreta della disinformazione” (Luiss university press). È il caso della campagna “Tarakany” (che in russo vuol dire scarafaggi). Tra il 1980 e il 1981 gli Stati Uniti avevano iniziato ad approfondire l’uso di armi chimiche da parte dell’Unione sovietica, soprattutto in Afghanistan, che era stato invaso dalle truppe sovietiche nel 1979. E gli americani avevano già raccolto prove di numerosi ed estesi attacchi chimici contro gli afgani, che testimoniavano di nubi chimiche gialle sollevate da bombe e di corpi gonfi a dismisura con la pelle scura e rossastra. Per distogliere l’attenzione dalle armi chimiche, la stampa sovietica lanciò una campagna che parlava di esistenza di laboratori della Cia che modificava le zanzare per usarle come armi biologiche: la Literaturnaya Gazeta pubblicò un articolo, corredato da illustrazioni con gigantesche zanzare assassine con una siringa al posto della bocca, che parlava dell’esistenza di un laboratorio della Cia a Lahore in Pakistan che modificava le zanzare per diffondere malattie. Si diceva, ad esempio, che l’epidemia di febbre dengue a Cuba era proprio dovuta agli insetti americani modificati in Pakistan. “Era una storia raffazzonata ma creativa”, scrive Rid. “La campagna Tarakany diffuse storie del genere su germi americani assassini in India, Iran, Bangladesh, Libano e Sudafrica. per il Kgb il progetto ‘scarafaggi’ fu un grande successo: il Servizio A (quello che si occupava di ‘misure attive’ e disinformazione, ndr) riportò che il Pakistan aveva dichiarato persona non grata l’americano a capo del laboratorio dell’Università del Maryland a Lahore. Andropov, leader del Kgb, assegnò perfino un premio al suo uomo in Pakistan”. Come accade oggi, dal Covid al vaiolo delle scimmie, i sovietici davano la colpa agli Stati Uniti di svariate malattie. E in questo contesto suoi sviluppò quella che probabilmente è stata la campagna di disinformazione di maggiore successo della guerra fredda, che coincise con l’emergere di una nuova, sconosciuta e letale malattia contagiosa: l’Aids.

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Mentre l’Hiv iniziava a fare le prime vittime, soprattutto nella comunità omosessuale, e nessuno era in grado di capire la causa di quelle morti e la diffusione di quella malattia, la paura dell’Aids iniziò a diffondersi più rapidamente del suo virus. Su questa paura, e grazie all’esperienza dell’operazione Tarakany, fu facile per i sovietici innestare una nuova e analoga campagna di disinformazione dal nome in codice “Denver” (nota anche come “operazione Infektion”). Come spesso accade, il terreno per la diffusione di questa informazione era già ponto per le condizioni strutturali della società americana. L’Aids aveva inizialmente colpito la comunità degli immigrati di Haiti e si diffondeva tra omosessuali e tossicodipendenti, tre gruppi sociali che si sentivano discriminati dal governo americano, e che quindi rendeva ai loro occhi plausibile la tesi secondo cui la Cia o il Pentagono o chi per essi avessero in qualche modo usato l’Aids come un’arma etnica o repressiva contro afroamericani, gay e drogati. Nel luglio del 1983 in India sul giornale Patriot, un quotidiano finanziato dall’Unione sovietica, comparve in prima pagina un articolo anonimo dal titolo “L’Aids potrebbe invadere l’India: una misteriosa malattia provocata da esperimenti americani”. Il testo, in sostanza diceva che la malattia poteva essere il frutto di esperimenti del Pentagono su nuove armi biologiche.

 

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Da lì in poi la teoria del complotto si diffuse insieme alla malattia, tra gli attivisti di estrema sinistra, spesso senza la necessità di un intervento diretto dei sovietici. Successivamente l’Urss decise di accelerare la contagiosità del virus della disinformazione: “Stiamo attuando una serie di misure correlate a una nuova pericolosa malattia emersa negli Usa negli ultimi anni – recita una nota del Kgb del 1985 – l’Aids, e alla sua diffusione in altri paesi, compresi quelli dell’Europa occidentale. Lo scopo di queste misure è fare in modo che in questi paesi si pensi che la malattia sia conseguenza di esperimenti segreti sulle armi biologiche delle agenzie di intelligence americane e del Pentagono sfuggiti al controllo”. Una spinta ulteriore arrivò dal coinvolgimento di scienziati. Jakob Segal, scienziato russo direttore dell’Istituto di biologia generale della Humboldt University nella Germania dell’est, pubblico insieme a sua moglie Lilli un libretto dal titolo “Aids - natura e origini” in cui si dava credito alla tesi che l’Aids fosse stato creato dal governo americano. Jakob Segal e sua moglie erano ovviamente due membri del Partito comunista sovietico, usati dal Kgb per questa operazione di disinformazione. Il loro testo, noto come “Segal report”, venne distribuito dalla Stasi e dal Kgb sottoforma di opuscolo dal titolo “AIDS: un male Made in Usa, non importato dall’Africa” durante la conferenza dei paesi non allineati che si tenne all’inizio di settembre del 1986 ad Harare, in Zimbabwe, dove si riunirono oltre 100 paesi del terzo mondo. Ovviamente il testo venne ripreso e stampato in decine e decine di questi paesi.

 

La campagna durò ancora a lungo, raggiungendo anche giornali e media occidentali. L’apice dell’operazione si raggiunse quando la tesi inventata dal Kgb venne citato in forma dubitativa da Cbs Evening News che raggiungeva 15 milioni di spettatori. La campagna si concluse quando il 23 ottobre 1987 il segretario di Stato americano George Shultz incontro il Segretario generale del Pcus Michail Gorbaciov e gli chiese di smetterla di diffondere “fesserie” sull’Aids. Il contesto internazionale e i rapporti Usa-Urss nel frattempo erano diventati più distesi. Tre giorni dopo l’Unione sovietica riconobbe in una risoluzione dell’Onu l’origine naturale del virus che causava la malattia. E quattro giorni dopo, il 30 ottobre, Izvestia, uno dei principali quotidiani del regime sovietico pubblicò, come ricorda Rid nel suo libro, un articolo di due scienziati che a nome dell’Accademia sovietica per le scienze prendevano le distanze dalla tesi che accusava gli Stati Uniti di aver creato l’Aids. Nel 1992 Evgenij Primakov, allora capo dell’intelligence russa e successivamente ministro degli Esteri e primo ministro di Boris Eltsin, rivelò che l’operazione Denver era stata “creata negli uffici del Kgb” con lo scopo di distrarre l’attenzione dall’uso di armi chimiche da parte dell’Urss.

 

Il canovaccio, come si vede, non è cambiato molto. L’unica significativa differenza è che mentre il Kgb disinformava nell’ombra attraverso le sue “misure attive” e le istituzioni sovietiche stavano in silenzio (intervennero pubblicamente sulla vicenda solo per smentirla), ora gli ex agenti del Kgb che guidano la Russia come Putin e Patrushev agiscono alla luce del sole, disinformano pubblicamente e ufficialmente. Peraltro con tesi deliranti sui “biolab” americani che sono solo una versione più scadente e grottesca della vecchia disinformatja sovietica.

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