I tribunali del terrore di Putin condannano a morte i prigionieri di guerra

Paola Peduzzi

Tre cittadini stranieri, due britannici e un marocchino, puniti con la fucilazione dalla corte di Donetsk istituita dalle forze russe nel territorio occupato. Un processo sommario e illegittimo  

Aiden Aslin e Shaun Pinner, cittadini britannici, e Saadoun Brahim, cittadino marocchino, hanno combattuto con l’esercito ucraino e sono stati catturati dalle forze russe in territorio ucraino. Le autorità filorusse di Donetsk, la regione del Donbas che la Russia occupa parzialmente dal 2014 e che ora vuole conquistare del tutto, ieri li hanno condannati a morte (con un plotone d’esecuzione) dopo un processo durato qualche giorno, che si è svolto a porte chiuse e ne sono state date sporadiche notizie soltanto dai media della propaganda russa. I tre uomini sono stati ritenuti “mercenari” e sono stati condannati per terrorismo. L’agenzia di stampa russa Ria Novosti ha pubblicato un video in cui Aslin, Pinner  e Brahim si dichiarano colpevoli dei reati a loro imputati: terrorismo, partecipazione a un gruppo criminale e uso indiscriminato della forza.

 

 

Secondo questo tribunale formato dagli uomini che prendono ordini dal Cremlino, le azioni di questi “mercenari” hanno portato “alla morte e al ferimento di civili e al danneggiamento di infrastrutture civili”. Un funzionario filorusso ha detto che i tre uomini hanno un mese per fare appello e, se l’appello viene accettato, possono tramutare la loro pena in 25 anni di carcere (russo). I due cittadini britannici hanno detto di essersi arruolati nei marine ucraini da anni (i parenti di Aslin hanno rilasciato delle interviste in cui hanno specificato che gli anni sono quattro) e questo li rende dei soldati effettivi coperti dalla Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. In Russia esiste una moratoria sulla pena di morte dal 1996, ma  non si applica nei territori occupati illegalmente nell’est dell’Ucraina e Mosca aveva fatto sapere, dopo la cattura dei combattenti di Mariupol, che “il mondo deve vedere che i nazionalisti ucraini non si meritano altro che la morte”  (le parole sono di un parlamentare russo). Il ministro degli Esteri britannico, Liz Truss, ha ribadito che si tratta di prigioneri di guerra e che questa sentenza non ha “assolutamente alcuna legittimità”.

 

Come abbiamo imparato già dal 2014, della legittimità Vladimir Putin se ne infischia. Quando due soldati russi sono stati processati e condannati (a 25 anni di carcere) a Kyiv, Mosca ha fatto sapere che avrebbe istituito i suoi tribunali e che da lì sarebbero passati i soldati catturati, in particolare quelli dell’acciaieria di Azovstal. Alcuni pensano che questa condanna serva ad accelerare lo scambio di prigionieri che, pur senza accordi formali, vorrebbe anche Mosca. Ma sono di  più quelli che pensano che sia il contrario – il numero di prigionieri in mano ai russi è molto più grande rispetto a quello degli ucraini –  e che questi tribunali del terrore di Putin facciano da sostegno all’annessione di fatto del territorio ucraino occupato.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi