Medvedev si augura la scomparsa dell'occidente e noi dovremmo fidarci del dialogo turco-russo sul grano

Paola Peduzzi

A cosa deve badare Kyiv quando oggi ad Ankara Lavrov parlerà dello sblocco dei porti ucraini

Dmitri Medvedev dice chiaro che odia l’occidente e gli occidentali e che vuole vederli sparire, lui che a lungo è stato considerato un possibile argine in Russia al putinismo. Medvedev dice chiaro l’obiettivo ultimo dell’invasione in Ucraina – la scomparsa dell’occidente – così come  lo stesso Putin dichiarò alla vigilia dell’invasione la sua volontà di annichilire l’Ucraina e l’ordine globale. Eppure dovremmo continuare a fidarci delle cosiddette aperture della Russia per un accordo, come quelle sul grano.

 

Se il fine ultimo è l’annientamento di questa nostra parte di mondo, le mediazioni e i compromessi fanno parte della farsa, la stessa secondo la quale sono le sanzioni occidentali a causare il blocco del grano, come dice Putin, con le conseguenze catastrofiche che stiamo vedendo: la fame globale, che porta alla fuga globale, le migrazioni di massa. La mediazione della Turchia, che si accorda prima con i russi e lascia agli ucraini la scelta di fidarsi o no e assieme a questa scelta oscena le solite polemiche sull’isteria del governo di Kyiv – la mediazione della Turchia potrebbe far parte di questa farsa. Non soltanto perché Mosca ha mostrato di usare la menzogna come arma diplomatica, ma anche perché la stessa Turchia ha molti interessi in campo e uno strumento di ricatto non indifferente, avendo il secondo esercito più grande della Nato. 

 

Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco, sa che l’integrità e l’allargamento dell’Alleanza sono oggi materie non negoziabili dell’occidente e così se ne approfitta, cercando di metterci di fronte al fatto compiuto. Lo fece con i migranti e l’Unione europea: volete che fermi i flussi? Queste sono le condizioni. Lo fa oggi con lo sblocco dei porti ucraini e del grano, una priorità dell’occidente e un mezzo di potere per la Turchia e la Russia. Secondo  l’analista politica (cresciuta nel Donbas) Maria Zolinka, il blocco del grano non serve a Putin soltanto per esportare il suo metodo di ridurre alla fame città e popoli che sperimenta in Ucraina (e ovunque operi l’esercito regolare o la milizia Wagner) ma anche per rafforzare la sua flotta nel Mar Nero, mandando altre navi che dovrebbero servire per scortare i cargo di grano ma che di fatto sono una rinnovata presenza militare. La strategia di occupazione dell’est e del sud dell’Ucraina serve per prendere il potere sul mare, lasciando gli ucraini senza, e avvicinarsi a Odessa, l’ambitissima Odessa. 

 

Oggi il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, sarà ad Ankara per discutere proprio del ponte navale formalmente a difesa del grano. Sono in corso anche trattative tra Ankara e Kyiv, perché pubblicamente il piano dovrebbe essere condiviso, ma per il momento sembra che il dialogo più promettente sia quello fra turchi e russi. L’esito potrebbe essere svantaggioso per Kyiv, che non soltanto deve fare i conti con una stagione senza entrate economiche ma anche con una pianificazione incerta. Le condizioni  utili per l’Ucraina sono note: una missione marittima internazionale e non esclusivamente turca (Regno Unito e nord Europa si sono già resi disponibili), il divieto alle navi russe di attraversare il Bosforo, nessun accordo che non contempli l’Ucraina.

 

La mediazione sullo sblocco del grano – Ankara  offre di sminare i porti ucraini – fa parte di un dialogo più ampio con la Russia, che riguarda anche l’intervento turco in Siria contro i curdi, che è  un motivo di attrito fra la Turchia e gli alleati della Nato. Se Erdogan non riesce a ottenere il consenso dell’occidente, lo cerca presso i russi, che sono attori importanti in Siria. E’ un negoziato con molti interessi in gioco, e parecchi sono divergenti. Che l’Ucraina, il paese che la Russia non considera nemmeno tale, possa uscirne con qualche vantaggio è difficile, e a Mosca non si prendono nemmeno la briga di far finta che non sia così. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi