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le immagini da Kharkiv

E’ finita la scuola in Ucraina e i ragazzi ballano vestiti da festa tra le macerie

Paola Peduzzi

“Possono bombardare la felicità, possono sparare ai sogni, ma non possono uccidere la libertà”, dice la canzone in sottofondo mentre gli studenti danzano. Sullo sfondo l'edificio sventrato, un canestro rimasto intatto e un gruppo di soldati

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Anna ha un vestito rosso da sera, lo ha comprato per la festa della fine della scuola: è lungo e ampio, scollato, elegantissimo. Anna è di Kharkiv, frequenta la scuola 134, che è stata distrutta dai bombardamenti dell’esercito russo, come altre 110 scuole in Ucraina: non è più andata a scuola, non c’è più la palestra dove si teneva il gran ballo di fine anno, prima dell’inizio delle vacanze estive. Anna ha deciso di mettersi il suo vestito rosso, si è pettinata con l’acconciatura che aveva scelto per la festa e ha fatto un giro tra le macerie: Hilb Vyshlinsky l’ha fotografata mentre è lì, tutta rossa in mezzo alle rovine – ha rinunciato soltanto ai tacchi – e ne ha fatto un simbolo di questa chiusura dell’anno scolastico in Ucraina e di quello che le bombe russe hanno fatto ai ragazzi dell’Ucraina.

 

Un gruppo di studenti, una decina, ha deciso di organizzare il ballo di fine anno nel campetto davanti alla scuola, sempre la numero 134. Le ragazze hanno un vestito nero, i ragazzi la camicia bianca (ce ne sono soltanto tre: le cronache non spiegano dove sono gli altri, e nessuno ha avuto il coraggio di chiederlo) e ballano insieme una specie di valzer, hanno studiato  la coreografia, si muovono a tempo, accennano dei sorrisi. Alcuni genitori scattano le foto, sullo sfondo c’è la scuola sventrata, un canestro rimasto intatto e un gruppo di soldati. La canzone che stanno ballando dice: “Possono bombardare la felicità, possono sparare ai sogni, ma non possono uccidere la libertà”. 

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La scuola 134 è stata colpita la prima volta il 27 febbraio, al quarto giorno di guerra: il gruppo di incursori russi che è entrato in città è stato respinto. Non erano numerosi e, come moltissimi soldati russi, pensavano che sarebbero stati accolti dagli ucraini, ancor più in questa città che non è lontana dal confine con la Russia e che, essendo un centro universitario grande e intraprendente, era di fatto un luogo di scambio e di semiconvivenza. Kharkiv è rimasta sotto i colpi dei russi per tutto questo tempo, nonostante la “riorganizzazione” di Vladimir Putin nel Donbas, nonostante la cacciata del grosso dei contingenti russi nel nord della regione, nonostante la voglia di ritornare, ripulire e ricominciare degli ucraini. Cadono ancora delle bombe, anche oggi: è la strategia del terrore di Putin, che ferma con la violenza ogni tentativo (e sono tantissimi) di ritornare alla normalità e ricostruirsi: gli ucraini non devono sentirsi al sicuro, mai.

 

Moltissime scuole sono inagibili da mesi, nei piani bassi ci sono ancora le tracce del passaggio dei russi: certe aule sono state usate per schedare, far deporre e torturare i cittadini locali. Altre sono state utilizzate come delle prigioni: ci sono ancora le linee per contare i giorni. Le lezioni sono continuate, ove possibile, online, ma gli studenti raccontano che ormai nelle loro teste la campanella della scuola che scandisce i cambi dell’ora, l’intervallo, l’entrata e l’uscita è stata sostituita dalle sirene che avvisano di andare nei rifugi, sta arrivando un altro attacco. 

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Qualche giorno fa il rappresentante in Ucraina dell’Unicef ha tenuto un discorso a Kyiv in cui ha detto che la guerra di Putin “sta defraudando i ragazzi della stabilità, della sicurezza, della scuola, degli amici, della famiglia, della casa e delle speranze per il futuro”. I ragazzi hanno deciso di ballarci sopra, ennesima dimostrazione di una resistenza che non è soltanto militare, è culturale. Ma i danni restano, anche se ci cammini sopra col vestito rosso della festa. Il viceministro dell’Istruzione ucraino, Andriy Vitrenko, ha annunciato ieri che le scuole riapriranno il primo settembre e saranno offline: i ragazzi devono tornare sui banchi, ci sono quasi tre mesi per rimettere ordine, sempre che non arrivi un’altra bomba a distruggere tutto. Vitrenko ha anche detto che saranno esclusi dai programmi scolastici i testi  che glorificano l’esercito russo, come “Guerra e pace” di Tolstoj – i danni di questa guerra di Putin sono fatti per restare indelebili nella coscienza di un popolo, della sua storia, dei suoi libri.

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