Il portfolio

A Shanghai la pandemia non è finita

Priscilla Ruggiero

Per la propaganda cinese il lockdown è stato un successo. Ma la politica Zero Covid è lì per restare

Pubblichiamo il progetto fotografico di Raul Ariano "Lettere da Shanghai", che ritrae da remoto i volti di Shanghai durante il lockdown.

 

Martedì a mezzanotte le porte di gran parte delle case di Shanghai si sono riaperte, gli abitanti della città cinese sono usciti da un lockdown che durava da oltre due mesi. Scesi in strada ballavano, cantavano, si riabbracciavano – festeggiavano con i fuochi d’artificio non l’inizio del nuovo anno ma il ritorno alla libertà. Una quasi-libertà. 

 

Le barriere che sbarravano l’ingresso dei compound e a volte di quartieri interi iniziano a essere smantellate, e per le strade dell’hub finanziario è tornato il rumore. Ma è un privilegio non per tutti. Sarebbero almeno 650 mila gli abitanti di Shanghai ancora confinati nelle proprie case che, nonostante l’allentamento delle restrizioni, rimangono classificate come zone “isolate” o “chiuse”. I cinema, i musei e le palestre rimarranno chiusi, così come i ristoranti e la maggior parte delle scuole. Alcune aziende continueranno a lavorare “a circuito chiuso”, vietando ai lavoratori di lasciare le sedi aziendali. Per entrare in qualsiasi posto sarà necessario un test negativo al virus valido 72 ore. La politica Zero Covid fortemente voluta dal leader Xi Jinping è lì per restare, così come i test di massa. 

 

Molti dicono che Shanghai non sarà mai più la stessa. Sono migliaia le storie di cittadini stranieri che per anni hanno trasferito la propria vita in questa città cosmopolita e  che adesso se ne sono andati o stanno pensando di andarsene. Molte aziende, imprenditori e investitori, hanno perso fiducia nel sistema. E il fatto più sorprendente è che questo senso profondo di delusione si riscontra anche nei cittadini cinesi; anche in chi, prima del lockdown, aveva sempre riposto fiducia nel Partito che operava nel nome della stabilità e della sicurezza del proprio popolo. Oggi, dopo 65 giorni di isolamento imposto con misure draconiane e senza alcun preavviso né scadenza, con carenza quasi totale di cibo e medicinali, con la repressione delle proteste e la censura, quelle persone hanno  perso qualcosa.

 

Il fotografo Raul Ariano, che vive a Shanghai, nel corso del lockdown ha fotografato gli abitanti della megalopoli da remoto, entrando nelle loro case con l’obiettivo online, e ha raccolto le testimonianze e soprattutto i volti di quelle persone: le loro attese, la quotidianità reinventata in questo tempo d’incertezza. Un progetto fotografico che è il ritratto di una società sempre più oppressa dall’autoritarismo, che con il virus ha trovato la scusa più facile per reprimere e controllare ancora di più.

 

Se due anni fa a Wuhan il sacrificio della  propria libertà in nome della sicurezza del paese si era rivelato un successo, a Shanghai oggi dicono: non ci sentiamo più al sicuro. Il Partito invece racconta una storia diversa, dice che è stato un successo e che la strategia Zero Covid continuerà. Le autorità si rifiutano persino di ammettere che ci sia mai stato un lockdown: in una nota diffusa online, hanno ordinato ai media di evitare di usare l’espressione “fine del lockdown”. Altra censura, altro controllo. 

 

Alessandro, fotografato nel suo appartamento a Shanghai, Cina, il 29 aprile 2022. Nel suo messaggio scrive: “Una primavera sprecata a cercare di sconfiggere la natura. Una settimana passata in quarantena in un campo di isolamento. [...] Almeno ne usciremo con determinazione e voglia di ricominciare a vivere. Forse era quello di cui tanti di noi avevano bisogno: una sberla in faccia per capire che è ora di cambiare”

 

 

ManChunHin, fotografato a distanza nel suo appartamento di Shanghai il 20 aprile 2022. Scrive nei suoi appunti: “Mi sono preso il Covid-19 mentre facevo la fila per fare il test, sono stato portato in un campo di quarantena per 10 giorni dove ho dormito in una piscina convertita in centro di isolamento con altre 200 persone. Poi sono guarito da solo nel campo di quarantena, non mi hanno dato medicine, e sono tornato a casa. Voglio solo mangiare da McDonald’s”

 

 

Chengcheng, fotografata il 28 aprile 2022. Scrive: “Da un blocco nel Regno Unito a un altro blocco qui a Shanghai, dal trovare un lavoro all’essere disoccupata a casa, dall’essere sempre indaffarata due anni fa all’avere il tempo per lo yoga e la meditazione mattutine. Sono migliore? Tornerei a essere ansiosa o peggio, dopo essere tornata alla mia vita normale? Sono ancora sola, e cerco di accettarmi”

 

 

DoLa, fotografata a distanza, mentre guarda fuori dalla finestra il 20 aprile 2022. Nei suoi appunti scrive: “Diario del lockdown, 33 giorni di lockdown. Le mie emozioni sono montagne russe ma cerco di stare calma. Voglio mangiare bene e vivere bene, domani andrà meglio”

 

 

R. fotografata a distanza nella sua camera da letto a Shanghai, il 2 maggio 2022. Nei suoi appunti scrive: “Più di un mese (di lockdown), lavoro, studio, sonno e di nuovo dormi, ascolta la musica, disegna, dormi, il sole sorge e il sole tramonta, sbalzi d’umore e non mi sento bene”

 

 

Jenny, fotografata a distanza nel suo appartamento di Shanghai il 1 maggio 2022. Nei suoi appunti scrive: “Che cos’è la libertà? Esisteva davvero? Esisterà in futuro? Alla fine della giornata, ciò che conta davvero, ciò che è veramente controllabile sei tu e la tua pace interiore”