Chi ha fame scappa, fa la guerra o muore, ci dice Cirri del World Food Programme

Giulia Pompili

“Siamo di fronte a una crisi di proporzioni che non abbiamo mai visto. Forse l’unico paragone efficace è quello del secondo Dopoguerra”. Parla il vicedirettore del braccio operativo delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare nel mondo

Alla crisi energetica seguirà quella alimentare, e ci sono centinaia di milioni di persone che “marciano verso la fame”. Da giorni il World Food Programme, il braccio operativo delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare nel mondo, fa pressioni affinché governi e istituzioni sovranazionali arrivino a una “soluzione politica” per la crisi scatenata dalla guerra in Ucraina, per i porti bloccati nel Mar Nero e per la distribuzione globale praticamente ferma da tre mesi a causa della guerra di Putin. L’Ucraina è stata il detonatore di una situazione già  critica e inedita. “Mi sembra ci sia poca consapevolezza del fatto che questa situazione arriva in un contesto molto complicato”, spiega al Foglio Gian Carlo Cirri, vicedirettore del Wfp. E’ la tempesta perfetta: “Se guardiamo ai fattori che qualificano una crisi dovremmo dire che è già arrivata”. Per avere misura di quanto sia reale l’emergenza, dice Cirri, bisogna guardare a quello che è successo nel 2008: “L’aumento generale dei prezzi, all’epoca, aveva creato problemi anche nei paesi a reddito medio, ma soprattutto aveva portato a un periodo di instabilità politica”. Eppure nel 2008 non c’erano molti dei conflitti che abbiamo oggi, “non avevamo la Siria, lo Yemen,  l’Etiopia, il nord-est della Nigeria. Se guardiamo ai cambiamenti climatici, nel 2008 non c’era la siccità di adesso. E soprattutto non c’era il Covid, che ha generato un’inflazione record, e la distruzione della catena di distribuzione”.

 

Già prima della guerra gli elementi di una crisi importante c’erano tutti. Ma adesso, dice il rappresentante del World Food Programme, l’Ucraina aumenta in modo esponenziale la necessità di assistenza alimentare nel mondo. Solo poco prima dell’inizio della guerra, secondo le analisi dell’Onu, 270 milioni di persone erano a rischio fame (come tutti i residenti di Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna messi insieme). “Adesso stiamo cercando di capire quali saranno i numeri dopo la guerra”, dice Cirri. “Se il conflitto dovesse andare avanti fino alla fine dell’anno, la nostra stima è che il numero di persone in pericolo alimentare potrebbe aumentare fino a 323 milioni. E’ l’aumento più drammatico che abbiamo visto dal Dopoguerra”. 


La prima linea della risposta all’emergenza riguarda l’aumento dei fondi per le istituzioni che si occupano delle crisi alimentari. “Le nostre operazioni stanno diventando via via sempre più costose, aumenta il prezzo del petrolio e quindi il trasporto, aumenta il prezzo delle materie prime. Ogni mese spendiamo 70 milioni di dollari in più per fare le stesse cose del mese precedente”, dice il vicedirettore del Wfp. Questo potrebbe mitigare gli effetti della guerra. Ma l’altro fattore riguarda la politica: “Riaprire i flussi commerciali, le linee di trasporto nel Mar Nero, dobbiamo riaprire urgentemente l’export dei cereali ucraini”, dice Cirri.  La guerra ci ha fatto riconsiderare la dipendenza energetica dalla Russia, ma “dobbiamo riconsiderare non solo la nostra politica energetica ma anche quella agricola”. Diversificare la produzione di cereali e di fertilizzanti, per esempio, evitando la concentrazione della produzione in pochi paesi.

 

“Ci sono meccanismi che stiamo mettendo in atto per aiutare i paesi poveri a importare i prodotti di prima necessità e che costano troppo attraverso il sostegno della comunità internazionale”, ma non è chiaro quanto potrà reggere questa strategia. “Siamo di fronte a una crisi di proporzioni che non abbiamo mai visto. Forse l’unico paragone efficace è quello del secondo Dopoguerra”. 
 Insieme alle conseguenze umanitarie, infatti, vanno considerate le conseguenze politiche.  “Aumenteranno le migrazioni. Quando le persone hanno fame fanno tre cose: si muovono, fanno la guerra, oppure muoiono. Bisogna aspettarsi qualcosa di molto grosso da questo periodo. Incluse turbolenze politiche e anche in Europa ci sarà un impatto: i prezzi stanno aumentando, e molte persone stanno arrivando dall’Ucraina”. Circostanze eccezionali vanno affrontate con risposte eccezionali, conclude Cirri. 

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.