Appunti dal nuovo mondo da Londra a Sofia, fondato sugli errori strategici di Putin

Paola Peduzzi

La necessità di difendersi dalla Russia ha stravolto posture, decisioni, ispirazioni che parevano consolidate. Eccone alcuni esempi: l'europeismo britannico, le preferenze bulgare, i francobolli polacchi e i Verdi tedeschi 

L’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina sta formando un nuovo ordine globale, nuove alleanze, nuove regole di convivenza impostate sui valori che ci uniscono più e oltre gli scambi commerciali e culturali che già esistono. Molti insistono nel dire che gli occidentali, e in particolare il presidente americano Joe Biden, stanno sfruttando la guerra in Ucraina per isolare (con le variazioni: annichilire, umiliare), dimenticando che la guerra è stata iniziata da Putin, che avendola fatta franca nel 2014 pensava di farla franca anche questa volta. Il suo isolamento è una conseguenza della guerra che lui ha voluto, non un presupposto (men che meno una provocazione). Il grande statista autoritario che affascina molti in occidente ha sbagliato parecchi calcoli: quello militare, quello sulla disunione dell’occidente, quello sulla conquista dei cuori e delle menti dei filorussi, quello della propria credibilità e influenza sugli altri paesi. La necessità di difendersi dalla Russia ha stravolto posture, decisioni, ispirazioni che parevano consolidate. Eccone alcuni esempi. 


Gli inglesi mai tanto europei

Abbiamo litigato e pianto molto per la Brexit, lo continueremo a fare sul Protocollo nordirlandese, ma la guerra di Putin ha dato una mano all’europeismo britannico come nemmeno i soldi del rebate ottenuti dalla Thatcher a suon di borsettate. Boris Johnson, leader della Brexit “done”, ha dato sostegno militare e strategico agli ucraini, ha aiutato l’addestramento, ha detto, due giorni fa, che interverrà a difesa dei paesi nordici se saranno attaccati da Putin, ha dato (finalmente) colpi ben assestati agli oligarchi che prosperano nel Regno Unito, ha trovato e ripetuto le parole per definire la resistenza, la vittoria, la pace senza cedere alla tentazione di anteporre l’interesse economico ai valori. Johnson ha tracciato una strada chiara, ancora più evidente vista la sua leggendaria confusione, su cui si allinea l’occidente, il punto di incontro tra europeismo e atlantismo, per una volta senza creare ostilità tra gli uni e gli altri. Tanto che persino Emmanuel Macron, il presidente francese che fino a qualche mese fa s’azzuffava con Johnson anche per un singolo merluzzo, ha proposto un nuovo costrutto d’alleanza europea che comprende anche “chi se n’è andato” dall’Ue. E pensare che Putin si era impegnato tanto per far realizzare la Brexit.

 

Preferenze bulgare

“Se la nazione più dipendente dalla Russia e con il pil pro capite più basso dell’Ue riesce a contrastare Putin, chiunque dovrebbe essere in grado di farlo”, ha detto il premier bulgaro Kiril Petkov. Putin considerava la Bulgaria un alleato sicuro e appassionato, “ma lo abbiamo sorpreso”, dice Petkov, i russi “non riescono a capire che cosa è successo”. E’ successo che Sofia ha proposto sanzioni più dure di quelle dell’Ue, ha aggiustato elicotteri e carri armati per l’Ucraina e ha espulso diplomatici russi più di tutti gli altri paesi. Mosca ha reagito fermando le forniture energetiche e con cyberattacchi, ma la Bulgaria ha detto di poter resistere, mentre mette in piedi nuove diversificazioni. La Russia continua a essere popolare nel paese, ma la guerra ha dato un colpo forse fatale alla fascinazione bulgara, nonostante la grande e condivisa propaganda russa che da anni esiste nel paese.
 

I francobolli polacchi 

Ieri la Polonia ha introdotto dei nuovi francobolli blu e gialli con il volto di Zelensky, l’ultimo atto di solidarietà del governo di Varsavia nei confronti dell’Ucraina e dei suoi tanti profughi. L’ambasciatore russo in Polonia è stato ricoperto di vernice rosso-sangue nel giorno della vittoria, ma l’ostilità polacca nei confronti della Russia non è certo cosa nuova. Di nuovo c’è la disintegrazione del fronte di Visegrád, i paesi dell’est che da anni fanno blocco nell’Ue contro le regole e le decisioni di Bruxelles. Era un gruppo coeso, tenuto insieme dal nazionalismo, con forti legami con il nazionalismo dell’ovest: la Russia era già un elemento di divisione, ma gli altri sodalizi erano più convenienti. Invadendo l’Ucraina, Putin ha messo in secondo piano tutte le altre convenienze di Visegrád, rafforzando l’atlantismo polacco. Gli resta soltanto l’Ungheria che però dipende economicamente dall’Ue. 

 

La scelta di Baerbock

Che la guerra potesse rafforzare un partito progressista, contro le armi, pacifista e mediamente atlantista non era prevedibile. Invece i Verdi tedeschi, che già sono la compagine ecologista più adulta del continente, hanno trovato una nuova identità di fronte alla guerra, e in particolare l’ha trovata il ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, che non soltanto ha avuto le idee chiare su come isolare Putin fin dall’inizio ma ha anche risolto, con la sua visita a Kyiv, la crisi diplomatica tra Berlino e Zelensky. La Germania si è rivelata il calcolo meno sbagliato di Putin, ma mentre prende le misure al nuovo mondo ha deciso il proprio riarmo, ha sospeso Nord Stream 2, ospita soldati ucraini per l’addestramento. Si muove lenta, la Germania, e incespica, ma più va avanti più contribuisce a mostrare il volto di Putin: non dello statista, non dello stratega, ma del macellaio. 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi