​​​​​​​la cronaca da Tsyrkuny

Perché la controffensiva ucraina a Kharkiv è decisiva per riconquistare il Donbas

Cecilia Sala

L’occupazione è finita ma la guerra no e quasi tutti i residenti hanno approfittato della ritirata per scappare. I segni e i rimpianti 

Tsyrkuny, Kharkiv. Tsyrkuny doveva essere un sobborgo per benestanti che preferiscono la villa con giardino a un passo dalla metropoli (Kharkiv aveva un milione e mezzo di abitanti prima della guerra) rispetto a un appartamento più piccolo e in mezzo al traffico. Oggi per arrivare a Tsyrkuny si incontrano: un distributore di benzina bombardato, un cannone e cinque carri armati russi carbonizzati, un altro abbandonato, una berlina scura senza le ruote con la “Z” scritta sulla portiera anteriore, una macchina che aveva due civili a bordo ed è saltata sulle mine e  un cane scaraventato contro un pilone della luce da un’esplosione. Gli ucraini hanno detto che ritrovano i cadaveri russi ovunque: non portano via i corpi dei loro soldati. I russi sono arrivati a Tsyrkuny il primo giorno dell’invasione, la sera del 24 febbraio, e sono scappati sabato scorso. “Sai cosa significa aver avuto l’occasione di andarsene, e non averlo fatto? Anche senza il rimbombo dell’artiglieria non sarei riuscita a dormire una notte”, dice Anastasiya, che ha vissuto in cantina con il marito, le due figlie e i suoi cani di razza. La mattina del 24 è andata in cucina per preparare i pancake alle ragazze e ha acceso la televisione: “Sapevo che era cominciata la guerra, che casa mia è vicina al confine, ho sperato di avere il tempo di trovare una soluzione intelligente e ho sbagliato”. 

 

Da quando ha sentito la notizia al telegiornale a quando ha potuto vedere i soldati russi dalla finestra della sua camera sono passate sette ore, non le ha usate: suo marito ha una catena di negozi di abbigliamento, le cose vanno bene e due anni fa avevano comprato una casa per l’estate a Odessa che, potendo tornare indietro, avrebbero scelto come rifugio. Accanto alla loro villa ce n’è una color panna, due piani e la dependance, le colonne all’ingresso e una vetrata che dà sul giardino – è vuota: “I russi qui si sono messi comodi nelle case appena costruite e rimaste invendute”. Ora le hanno dovute abbandonare, tranne ventuno di loro che si sono arresi ai soldati ucraini il giorno in cui hanno liberato Tsyrkuny – uno dei sette villaggi tornati sotto il controllo ucraino da quando è cominciata la controffensiva, il 5 maggio. L’occupazione è finita ma la guerra c’è ancora e quasi tutti i residenti hanno approfittato della ritirata per scappare: alle porte della cittadina ci sono solo un’ambulanza e un gruppo di sminatori dell’esercito. Domenica due donne che andavano verso Kharkiv sono morte sulle mine che i russi si lasciano dietro le spalle ogni volta che indietreggiano sul campo. “Ce ne sono anche nel cortile dell’asilo e nei vicoli pedonali, quindi non vi muovete”, ha detto il capo dell’amministrazione regionale Oleg Sinegubov.

 

Nella direzione opposta all’ingresso, andando verso nord-est, ci si muove solo con i militari: precipitano due colpi d’artiglieria, si alzano le colonne di fumo nero e si vedono una casa e una fattoria in fiamme. “All’inizio della controffensiva i russi hanno fatto saltare tre ponti e noi pensavamo si ritirassero davvero”, dice il tenente Moschchonsky. “Ma hanno capito che, se ci lasciano fare, riconquistiamo tutto fino al fiume Severskij Donec e poi andiamo a Izyum – che per i russi è indispensabile all’offensiva nel Donbas – Devono essere cambiati gli ordini e negli ultimi tre giorni sono diventati più aggressivi, ma i nostri piani non cambiano”.

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