Quanto durerà l'attesa del Donbas

Micol Flammini

Facciamo i conti in tasca all’esercito di Putin che in Ucraina ha dimostrato di essere battibile 

Il primo obiettivo degli ucraini è evitare l’accerchiamento, per questo, ha detto il ministro della Difesa Oleksii Reznikov, l’esercito ha bisogno di armi a lungo raggio per spingere le truppe russe fuori dall’Ucraina. Il meteo è dalla loro parte, nel Donbas non ci sono le condizioni per un attacco immediato, e Kyiv cerca quindi di sfruttare il tempo per fortificarsi. Il Cremlino vuole una vittoria, meglio se da sfoggiare il 9 maggio, quando si celebra il successo contro la Germania di Hitler, e nel Donbas in teoria è più facile ottenerla, è una zona di confine più agile da rifornire di uomini e di mezzi, è uno spazio  più controllabile,  in cui i soldati possono muoversi più liberamente e da più direttrici. Ci sono molti punti a favore dell’esercito russo, ma rimane la sua più grande pecca: il fatto di essere una macchina mal oliata, con una catena di comando rigida e con soldati che non sanno per cosa stanno combattendo. Il Cremlino sta quindi cercando di porre rimedio, ma vuole avere un vantaggio schiacciante o quasi nei confronti degli ucraini, alcuni esperti parlano di un vantaggio di cinque a uno: cinque russi ogni soldato ucraino. Vogliono sostituire il vantaggio numerico con lo svantaggio motivazionale e già è un segno di debolezza. Anche trovare gli uomini non è così facile tra diserzioni e le perdite ingenti che ci sono state nella prima fase dell’offensiva. Le immagini satellitari mostrano le nuove disposizioni delle truppe che arrivano dalle regioni occidentali della Russia e dalla Crimea. Mosca, dopo le incursioni dell’aviazione ucraina nel territorio russo, teme che gli ucraini possano tentare di colpire i mezzi disposti per attaccare il  Donbas e ha detto che se i bombardamenti contro obiettivi nella Federazione russa dovessero continuare, i russi cominceranno a colpire le sedi istituzionali ucraine nelle diverse città, anche a Kyiv. La potenza militare russa, secondo una stima dell’intelligence americana, è scesa all’80 per cento della potenza iniziale e finora, per quasi cinquanta giorni gli ucraini sono riusciti a resistere grazie a quattro fattori: abilità e coraggio delle truppe, adattamento alle tattiche russe, addestramento e aiuti militari stranieri e comando e controllo efficaci. Un esercito motivato e flessibile contro uno rigido e stanco. La Russia ha nominato un generale a capo del coordinamento delle azioni nel Donbas soltanto lo scorso fine settimana: si tratta di Aleksandr Dvornikov, che ha messo in pratica il suo approccio nelle operazioni brutali in Siria nel 2015. Le truppe sotto il comando di Dvornikov hanno fama di muoversi in modo efficiente, sulla carta quindi può migliorare e reindirizzare la confusione delle truppe, ma la mancanza di coordinamento non si recupera in poche settimane: la catena di comando rimane disfunzionale. 

 

Le forze della Russia per la battaglia del Donbas includono elicotteri, truppe e un convoglio di 100 veicoli lungo 13 chilometri che è ancora fermo a nord di Izyum. Mosca conta anche di spostare i suoi uomini dalla Bielorussia, che oltre a essere stremati sono anche disarmati. Nella regione di Gomel sono comparsi dei volantini che hanno incuriosito molti cittadini, dicevano di avvisare le Forze armate bielorusse in caso di ritrovamento di armi, munizioni o esplosivi. Sono armi che hanno perso i soldati di Mosca, quelli che si sono ritirati dal nord dell’Ucraina e che Vladimir Putin è pronto a schierare per la carneficina del Donbas. Il 24 febbraio sembrava che l’esercito di Kyiv dovesse essere spacciato di fronte alla potenza russa. Dopo quasi cinquanta giorni, la potenza russa ha mostrato di poter perdere. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.