Un altro fronte d'instabilità

Il Pakistan ha un nuovo primo ministro, ma è una vecchia conoscenza

Youssef Siher

Shehbaz Sharif prende il posto del campione di cricket Imran Khan, che accusa gli Stati Uniti di aver cospirato contro di lui

Il Pakistan ha un nuovo premier. E' Shehbaz Sharif, leader del partito centrista Pakistan Muslim League-N (PML-N) e fino a ieri capo dell’opposizione in Parlamento a Islamabad. Sharif è stato eletto primo ministro ad interim dall’Assemblea nazionale con il voto favorevole di 174 deputati (il quorum richiesto è di 172) su 342. Durante la seduta i deputati del partito di Imran Khan, il premier uscente, hanno lasciato l'Aula prima del voto minacciando di dimettersi in massa nel tentativo di forzare nuove elezioni. Sharif, figlio di una ricca famiglia di imprenditori e fratello minore del già tre volte primo ministro Nawaz Sharif, ha detto che "una nuova alba ha inizio" per il Pakistan, promettendo, quale punto essenziale del suo programma di governo, di riallacciare i rapporti con gli Stati Uniti. Il suo predecessore si era infatti sempre più allontanato da Washington per avvicinarsi alla Russia di Vladimir Putin e alla Cina di Xi Jinping, in un’area geopolitica molto delicata, soprattutto dopo il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan, il ritorno dei talebani e l'invasione russa dell'Ucraina.

Nei suoi 75 anni da democrazia parlamentare, nessun primo ministro in Pakistan ha mai completato l’intero mandato di cinque anni e un simile destino è toccato anche al controverso Imran Khan. Qualche giorno fa aveva cercato di bloccare, con una mossa giudicata poi incostituzionale dalla Corte Suprema del Pakistan, una mozione di sfiducia che doveva essere votata in Parlamento. Domenica 3 aprile Khan aveva chiesto al presidente Arif Alvi di sciogliere l’Assemblea nazionale, dove il suo governo aveva perso la maggioranza, e che era chiamata a votare proprio sulla sfiducia dell’esecutivo da lui guidato. La Corte suprema ha poi deciso che l’atto del primo ministro era da considerarsi illegale e contrario ai principi della Costituzione e ha ordinato la riconvocazione del Parlamento per il 9 aprile per procedere alla votazione. Dopo ore di tensioni e rimandi l’Assemblea ha votato la sfiducia a Khan.

I guai di Imran Khan, ex campione di cricket e primo ministro dal 2018, sono iniziati il 30 marzo, quando uno dei partiti della coalizione di governo, il partito Muttahida Qaumi Movement Pakistan (MQM-P) ha annunciato l'uscita dall’esecutivo, portando alla crisi di governo. I partiti di opposizione hanno preso l’occasione per sfiduciare il governo di Khan e formare una nuova coalizione che avrebbe guidato il paese fino alla fine naturale della legislatura nell'agosto del 2023. Nei giorni successivi, Khan ha usato i social per spiegare che il suo è un atto di difesa della democrazia e ha alluso al fatto che la mozione di sfiducia non è altro che il risultato di un ormai chiaro “complotto che ha legami con l'estero”, muovendo l'accusa di tradimento all'intera opposizione parlamentare, rea di aver cospirato con gli Stati Uniti per forzarlo a dimettersi, in quanto non allineato alla posizione politica dell’occidente sulla guerra in Ucraina e quindi giudicato troppo vicino alla Russia di Putin. Khan era a Mosca il 24 febbraio scorso, il giorno dell'inizio dell'invasione dell'Ucraina. L’Amministrazione Biden ha negato le accuse di Khan, che d’altronde non ha mai portato prove a conferma delle pericolose incriminazioni rivolte a uno degli alleati storici più importanti del Pakistan.

Il tentativo di svolta autoritaria ha allontanato Khan dalle simpatie di molte frange dell’esercito (uno dei fautori principali della sua salita al potere nel 2018) e indebolito la sua posizione all’interno del panorama politico nazionale. Questa stessa mossa è stata invece accolta positivamente da una parte consistente della popolazione (soprattutto tra i più giovani), di cui Khan, populisticamente, cerca di incarnare i sentimenti di antiamericanismo e antimperialismo, con la promessa di creare un "Nuovo Pakistan". Lunedì scorso migliaia di persone si sono riversate nelle strade della capitale Islamabad per manifestare a supporto di Imran Khan e contro quelli che definiscono “traditori” della patria. L'ormai ex ministro della Difesa, Pervez Khattak, ha detto che “i giovani andranno in ogni strada del paese per trasmettere il messaggio che i traditori verranno trovati”: “Khan gli ha promesso che il paese non sarà schiavo di nessuno”.

La crisi politica arriva mentre il Pakistan attraversa una situazione economica critica, che Khan ha cercato di superare avvicinandosi sempre di più alla Cina e ai suoi investimenti. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha detto che "la cooperazione Cina-Pakistan e la costruzione del corridoio economico Cina-Pakistan non sarà influenzata" dalle vicende politiche. Il ministero degli Esteri russo ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna la "sfacciata ingerenza" degli Stati Uniti negli affari politici del Pakistan per i suoi "scopi egoistici". Islamabad potrebbe diventare presto un altro fronte di propaganda di Russia e Cina contro il "modello americano".

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