Maria Butina, il volto dell'irrefutabile menzogna di stato

Giuliano Ferrara

Schiavitù è libertà, guerra è pace: risposte in puro stile orwelliano. Il colloquio impossibile tra la Bbc e la deputata della Duma di Mosca che ha scritto la legge d’emergenza contro i fake

Segniamoci questo nome, Maria Butina. Deputata della Duma di Mosca, viso non privo di sottigliezza e intelligenza, venerdì sera rispondeva da Kirov alle domande della Bbc world, la rubrica hard talk, il contrario del talk-show, ricerca della verità possibile attraverso interviste possibili. Il colloquio era impossibile. Schiavitù è libertà, guerra è pace: risposte in puro stile orwelliano. L’intervistatore allineava fatti con precisione, le vittime civili di bombardamenti deliberati, i centri residenziali sventrati, i cadaveri per le strade e nelle fosse, obiettivi come ospedali, maternità, teatri, deportazioni e altre oscenità testimoniate dalle più varie fonti, stampa indipendente, agenzie dell’Onu; mostrava idealmente le immagini che tutti conosciamo, le dichiarazioni dei sopravvissuti in loco, faceva partitamente e specificatamente la conta dell’orrore detto “operazione speciale”.

       

 

Maria Butina è a suo modo un pezzo grosso, rivendicava di aver scritto lei la legge russa d’emergenza contro i fake, quella per cui se dici guerra, se attacchi la logica dell’operazione speciale, se anche solo scendi in strada con un foglio bianco tempestato di asterischi rischi l’arresto e fino a quindici anni di carcere. Butina rispondeva invariabilmente che i civili sono dovunque ostaggi dei nazisti del battaglione Azov, negli ospedali erano installati i nemici militarizzati del battaglione Azov, che lei aveva personalmente parlato con famiglie vittime del battaglione Azov e ricoverate per solidarietà in Russia, e aggiungeva che le immagini, quello che si vede, sono fuffa propagandistica, peggio, sono deliberati atti di falsificazione, una legge per colpirli è sacrosanta, i russi non hanno paura di niente e andranno fino in fondo nel repulisti in Ucraina e in patria. Evidentemente un risvolto della capacità di soffrire, citata dal patriota russo Putin come caratteristica culturale e civile per vincere la guerra, è l’imperturbabilità senza sfumature nel procurare ad altri una sofferenza che poi si può tollerare in nome della propria.

       

Non c’è più la nebbia della guerra, il consueto scambio di provocazioni e bugie tra combattenti, carattere comune sul campo, c’è una cortina di buio assoluto e di menzogna, di radicale rovesciamento di ogni premessa di realtà, come metodo e sistema allargato a ogni aspetto della vita, della morte, del sacrificio di ogni decenza e responsabilità genericamente umana. Schiavitù è libertà, appunto, e guerra è pace. Il battaglione Azov era rappresentato come la Wehrmacht nei primi anni Quaranta, e l’invasione cingolata di un paese indipendente e libero come una liberazione degna dei valori di una grande guerra patriottica.

       

Da alcune reazioni fisiognomiche alle domande vestite di oggettività, e riscontrate variamente, il volto di Maria Butina lasciava trasparire qualcosa di simile a un disagio, a un’irrequietezza, ma era il lontanissimo ricordo psicologico di una strana parvenza di verità. La catena d’acciaio della bugia di stato, della negazione caricaturale del vero, non si spezzava mai. A suo modo una grande prova. Tutti avrebbero avuto il diritto e il dovere di vederla in atto per capire di che cosa si parla quando si parla di operazione speciale a Mariupol, a Kharkiv, a Cherniv.

       

L’uomo comune, mediamente indifferente in premessa, preoccupato magari ma quanto basta disinformato, e anche privo di falsa coscienza o ideologia, ispirato da una generica voglia di pace, l’uomo cui la vita quotidiana, con il gas e l’inflazione e il prezzo della benzina suggerisce di non parteggiare per i famosi “valori” della società in cui vive, che è deluso, non crede a una sola campana, tantomeno quella di chi governa le società aperte, è la preda ambita di questa negazione del pensiero libero, di questa cancellazione culturale dei fatti sotto il manto del linguaggio anche il più grossolanamente evasivo e indimostrabile per vero; e c’è da domandarsi quanti siano nell’occidente che declassifica le informazioni di intelligence, che mostra oltre ogni limite le cose come sono e come potrebbero non essere, che è aperto a ogni voce nel segno delle sue libertà di opinare e accedere a ogni tribuna, quanti siano coloro che nella sostanza accettano la stringente e irrefutabile menzogna di stato di Maria Butina, nel fronte tra i principali di un’impresa sanguinosa novecentesca e postmoderna. Molti, credo.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.