I freni tedeschi al consiglio europeo

L'opposizione di Scholz sull'energia fa arrabbiare Sánchez e un po' anche Draghi

David Carretta

Al Consiglio europeo non passa l'embargo sulle importazioni energetiche dalla Russia. Per Berlino l’indipendenza da Mosca non è reversibile: teme la recessione

Bruxelles. L’Unione europea non riesce a imporre un embargo immediato sulle importazioni energetiche dalla Russia per l’opposizione della Germania, timorosa di innescare una reazione a catena che provocherebbe una nuova pesante recessione. Ma il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, ha annunciato un piano per liberarsi di tutto il petrolio e il carbone russi entro la fine del 2022 e delle importazioni di gas entro la metà del 2024. “Entro metà dell’anno, le importazioni di petrolio russo in Germania dovrebbero dimezzarsi. Entro la fine dell’anno, vogliamo essere quasi indipendenti”, dice un documento pubblicato dal ministero dell’Economia diretto da Habeck. Le forniture di carbone dalla Russia dovrebbero interrompersi entro l’autunno. L’indipendenza dal gas russo dovrebbe essere “ampiamente raggiunta entro l’estate del 2024”, anche se con un “grande sforzo congiunto”, dice il documento.

 

Habeck ha annunciato che gli attuali contratti con le imprese russe  non saranno rinnovati: lo sforzo sarà significativo. Attualmente la Germania importa dalla Russia il 35 per cento del petrolio, il 50 per cento del carbone e il 55 per cento del gas. Le raffinerie nella Germania orientale operano sugli standard del greggio russo. Il governo Scholz si è accorto solo ora di non avere rigassificatori per il gas naturale liquefatto. Ma “nelle ultime settimane abbiamo fatto sforzi intensi insieme con tutti gli attori rilevanti per importare meno combustibili fossili dalla Russia e ampliare le forniture”, ha spiegato Habeck. La scelta del governo Scholz del disaccoppiamento energetico dalla Russia è definitiva. E’ la fine della Ostpolitik  e delle illusioni vendute  anche all’Ue sull’affidabilità degli affari con Vladimir Putin. Il cancelliere tedesco ha ormai ammesso che l’indipendenza da Mosca è “irreversibile”.  

 

Eppure la svolta di Scholz sulla Russia non porterà a una politica energetica meno tedesca nell’Ue. La dimostrazione si è avuta negli ultimi due giorni di vertici. Non c’è solo il “no” all’embargo immediato contro il petrolio russo per smettere di finanziare la guerra di Putin in Ucraina. L’accordo annunciato sia dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sia dal presidente americano, Joe Biden, per 15 miliardi di metri cubi aggiuntivi di Gnl rientra nella strategia di diversificazione della Germania. Berlino userà i terminali in Belgio e nei Paesi Bassi per trasportare il Gnl sul suo territorio. Le forniture dagli Stati Uniti dovrebbero aumentare ulteriormente nei prossimi anni, quando Berlino si sarà dotata di rigassificatori.

 

Lo scontro tra i capi di stato e di governo sul disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas – il Consiglio europeo si è concluso con un’intesa confusa che rinvia le decisioni a maggio – è dovuto all’ostinazione della Germania di non toccare le regole attuali del mercato europeo dell’energia. Il sistema del prezzo marginale – in base al quale è la fonte di produzione di elettricità più cara che fissa il prezzo – è costruito su misura della Germania e della sua versione del Green deal. Gli investimenti tedeschi sulle rinnovabili rischiano di essere rimessi in discussione da una modifica del sistema del prezzo marginale. Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, ha avuto un’esplosione di rabbia di fronte al rifiuto di Scholz di negoziare. Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha espresso il suo malumore per l’opposizione del cancelliere a fissare un tetto al prezzo del gas che arriva dai gasdotti russi. “E’ una scommessa troppo grossa per la Germania”, spiega al Foglio un diplomatico europeo: “Se Putin risponde tagliando il gas, l’economia tedesca è finita”.