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Europa Ore 7

L'Ue si avvicina al dilemma dell'embargo energetico

David Carretta

In Europa aumentano le richieste di introdurre un'embargo totale verso la Russia. Si può fare? E a che prezzo?

Il vertice informale di Versailles non sarà ricordato nella storia come quello che ha prodotto più risultati concreti per l'Unione europea. I capi di stato e di governo si sono accontentati di una dichiarazione sull'Ucraina in guerra e conclusioni in cui tracciano una road map su energia, difesa ed economica che dovrà essere messa in pratica nei prossimi mesi.

Il vertice di Versailles è stato comunque un successo: i diciotto giorni di guerra della Russia hanno trasformato l'Europa, i vecchi tabù stanno cadendo uno a uno, il pensiero strategico europeo è cambiato e l'appeasement con Vladimir Putin è definitivamente finito. Quasi nessuno crede che il presidente russo intenda fermarsi. “Putin non vuole la pace”, ha detto venerdì il presidente del Consiglio, Mario Draghi. La riunione in videoconferenza di sabato tra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Putin non ha portato a nulla. "Siamo davanti a un muro. Il peggio è davanti a noi", ha detto ieri il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. Il che porta al prossimo interrogativo per i leader dell'Ue: quando sarà il momento dell'embargo su gas, petrolio e carbone dalla Russia?

 

Con le truppe russe pronte a entrare a Kyiv, con Mariupol rasa al suolo e affamata, con i civili presi di mira mentre usano i corridoi umanitari, con il bombardamento di ieri a pochi chilometri dalla frontiera della Polonia contro una base da dove transitano le armi occidentali e i combattenti stranieri, la domanda non è se l'Ue vieterà le importazioni energetiche russe, ma quando. Diversi stati membri (in particolare i Baltici e nordici) sono favorevoli. Molti colossi energetici europei (come Shell ed Eni) hanno già parzialmente interrotto gli acquisti. Secondo alcuni analisti, i prezzi attuali sui mercati riflettono (almeno in parte) la possibilità di un'interruzione delle forniture energetiche dalla Russia verso l'Europa, che sia per le sanzioni dell'Ue o le contro-sanzioni in rappresaglia di Putin.

  

Dall'inizio della guerra il 24 febbraio, gli stati membri dell'Ue hanno versato quasi 10 miliardi di euro nelle casse russe per gas (quasi 5 miliardi), petrolio (più di 3,5 miliardi) e carbone (circa 500 milioni), finanziando indirettamente la guerra di Putin. La pressione dell'opinione pubblica cresce. L'8 marzo un gruppo di 97 deputati europei di tutti i gruppi politici (ma in gran parte del Ppe e dell'Ecr) ha pubblicato una lettera aperta per dire che "è nostro obbligo morale verso il coraggioso popolo dell'Ucraina di attuare ora un embargo totale sulle importazioni di gas, petrolio e carbone russo". La decisione di uscire gradualmente dalla dipendenza degli idrocarburi della Russia (Ursula von der Leyen ha indicato la data del 2027) o l'obiettivo di liberarsi dei due terzi del gas russo entro la fine dell'anno (molti ritengono ottimista lo scenario tratteggiato dalla Commissione) non bastano. "In periodo di guerra bisogna accettare di farsi male, il che significa tagliare immediatamente le forniture di gas e petrolio all'Europa", ha detto ieri l'ex ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin: "Siamo di fronte alla guerra. La guerra vuol dire che dobbiamo accettare di pagare il prezzo".

 

A Versailles, Macron non ha escluso l'embargo. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha detto il presidente francese: "Sosterremo l'Ucraina finché la guerra durerà”. La Germania è contraria, come altri stati membri. “Le sanzioni che abbiamo già adottato sono molto pesanti”, ma “possono diventare ancora più pesanti”, ha detto Draghi. Tuttavia “quello che occorre fare è essere consapevoli che queste sanzioni hanno un impatto” su famiglie e imprese. “Questa situazione se non affrontata ha il potenziale di fratturare il sistema economico europeo conducendoci verso il protezionismo”, ha spiegato il presidente del Consiglio. Messo sotto pressione dai giornalisti sull'embargo e la possibile esclusione da Swift delle due banche usate per pagare le forniture (Sberbank e Gazprombank), Macron ha spiegato che “niente è vietato”. Se Putin “intensifica i bombardamenti e accerchia Kyiv, sappiamo che dovremo prendere di nuovo sanzioni massicce. In quel quadro niente è tabù”, ha detto Macron.

 

Intanto ieri gli ambasciatori dei ventisette stati membri hanno iniziato il processo per adottare il quarto pacchetto di sanzioni. Alcune misure sono destinate a chiudere eventuali falle che potrebbero permettere alla Russia di aggirare i precedenti tre pacchetti, in particolare con l'utilizzo di cripto-valute. Altre sono di più ampia portata. Von der Leyen ha annunciato una task force per dare la caccia ai beni degli oligarchi e delle loro famiglie. L'Ue, come gli altri partner del G7, revocherà la clausola di nazione più favorita della Russia, facilitando così l'introduzione di dazi. Sarà introdotto un mini embargo sulle importazioni di beni essenziali nel settore del ferro e dell'acciaio. Saranno vietati i nuovi investimenti europei per l'esplorazione e la produzione dell'energia. Infine, dopo le polemiche delle settimane prima della guerra per l'opposizione dell'Italia (che alla fine è venuta meno), l'Ue vieterà le esportazioni dei beni di lusso. L'adozione formale del pacchetto è prevista per oggi.

 

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