Ritiro poco convincente

Biden usa i trucchi di Putin contro di lui per fermare l'invasione in Ucraina

Daniele Raineri

Non è finita, ma per una volta l’impunità del Cremlino incontra una resistenza dura “in stile russo"

La sospensione dell’escalation militare russa ai confini dell’Ucraina non equivale a una de-escalation russa, su questo tutte le analisi sono concordi. Per il largo fronte internazionale che sostiene Kiev non è il momento di festeggiare una vittoria, perché una vittoria non c’è: ieri era il giorno dell’invasione che non è arrivata ma potrebbe arrivare da un giorno all’altro. Nel 2008 la Russia annunciò la fine della gigantesca esercitazione Kavkaz 2008 (come ha fatto ieri) vicino al confine con la Georgia e ritirò alcuni reparti. Cinque giorni dopo i carri armati russi invasero la Georgia. Ieri a Kiev un drone pubblicizzava in piazza Indipendenza davanti alle telecamere dei giornalisti un “garage vuoto in affitto” e il numero da chiamare era quello dell’ambasciata russa. Il buonumore dei troll ucraini non toglie che il paese è ancora in ostaggio di una forza militare enorme e malevola, che nel migliore dei casi intende esercitare una pressione asfissiante per gli anni a venire. Ieri gli hacker dell’intelligence russa hanno colpito i sistemi governativi ucraini con una puntualità da racket camorristico. L’invasione non è arrivata, era il messaggio, ma possiamo farvi male. 

 

Fatta questa premessa, c’è anche da riconoscere che l’èra dell’impunità è finita. Questa volta il repertorio di Putin, usato con sprezzatura in questi anni per confondere e battere l’occidente, è stato usato contro di lui. Di solito ci si chiedeva: come fa il presidente russo a far sembrare scemi i suoi antagonisti e perché nessuno riesce a battere la sua astuzia priva di scrupoli? In  questo turno è andata all’opposto. L’Amministrazione Biden ha scelto di spiazzare i russi con la pubblicazione di informazioni di intelligence che anticipavano e bruciavano ogni loro mossa (vedi l’avvertimento a proposito di un finto video di finte atrocità ucraine per scatenare il conflitto), ha tenuto alta l’attenzione internazionale anche ricorrendo a espedienti come l’evacuazione delle famiglie dei diplomatici dal paese (perché è nella disattenzione che il Cremlino opera meglio), ha creato una campagna di aiuti militari all’Ucraina che erano diretti non soltanto a una guerra convenzionale ma anche a una fase di insurrezione post invasione (vedi i missili anticarro che possono essere maneggiati da un singolo soldato), ha riunito una coalizione di volenterosi partner europei che questa volta hanno accantonato le differenze (e ci sono molte differenze, vedi la Germania con il gasdotto russo Nord Stream 2) in nome di un piano comune: bloccare l’aggressione. 

 

La Russia vuole un regime change a Kiev e scommette sul fatto che gli Stati Uniti vogliono ritirarsi dagli impegni internazionali e non manterranno il loro ruolo di protettori, come prova il ritiro eseguito in modo disastroso in Afghanistan. Gli Stati Uniti hanno manovrato per opporsi al regime change in tutti i modi possibili a eccezione dell’impegno militare diretto e per ora ci sono riusciti – con una capacità di visione e di organizzazione molto diversa rispetto all’Afghanistan.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)