Soldato ucraino vicino alla prima linea della regione detenuta dai separatisti (foto di Gaelle Girbes/Getty Images) 

Le minacce di Putin e l'Europa di nuovo in ballo sull'abisso

Giuliano Ferrara

L’invasione dell’Ucraina sarebbe un salto nel vuoto anche per la Russia. Ma è così grande il vuoto strategico dell’occidente, così forte la difficoltà delle democrazie di imporsi sui poteri illiberali da far temere a giusto titolo l’inimmaginabile

Putin può avere mille ragioni, dalle curve della storia russo-ucraina all’incapacità politica dell’occidente di creare una architettura di sicurezza collettiva in Europa comprendente la Russia, ma invadere l’Ucraina con il più forte esercito di terra del continente e prendersi Kiev lo metterebbe in una lineare, semplice posizione di nemico della pace e della stabilità mondiale. La deterrenza messa in campo dalla Nato e dall’alleanza euroamericana è forte, armamenti e sanzioni, non al punto di cancellare la vertigine di successo del Cremlino dopo la Georgia, la Crimea, il Donbass, la Siria, la Libia, e ora anche porzioni dell’Africa nera. Non al punto di mascherare le forti divisioni nella Nato e tra tutti i paesi interessati alla pace energetica con Mosca. Per non parlare della rotta afghana o della confrontation verbosa e inconcludente con la Cina di Xi. Il contraccolpo di un’invasione sarebbe devastante anche per la Federazione russa, però le logiche espansioniste e neoimperiali sono ferrigne, irrecusabili. Quello che ti è consentito con le armi delimita lo spazio diplomatico, economico, politico e militare in cui agisce la tua ambizione.

        

Putin agisce in un vuoto che è anche culturale e politico. Il capo della nomenclatura ucraina è un comico d’avanspettacolo eletto a mani basse in una nazione che tende a giocare con i termini della propria indipendenza e a esporre i colori più fragili della sua legittima bandiera democratica. Biden sa che fare e non lo sa, come Macron e Scholz. Di qui un fervore di allarme militare e pressione diplomatica, con vaste e concrete aperture, appena dissimulate, a formule come la finlandizzazione, che finiscono per complicare la scena. E’ che di Putin non si fida nessuno, visto che Macron non ha voluto dargli il suo Dna, probabilmente già saldamente in mani russe al di là del tampone rifiutato, e tutti sono costretti a fidarsi, visto il North Stream2, i prezzi del petrolio, il caro-energia, il tasso di inflazione quasi all’8 per cento negli Stati Uniti. Ma questi alla fine sono psicologismi del potere, quando la materia del potere è la nuda forza, la credibilità relativa della minaccia, la difficoltà di amalgamare deterrenza e determinazione effettuale a rispondere alla minaccia che diventi realtà.

       

Ciò che è considerato imminente è anche contemporaneamente e allo stesso titolo inimmaginabile, il passaggio dall’accerchiamento e dal blocco navale all’invasione di aria e di terra è un salto nel vuoto per chi lo minaccia e per chi lo subirebbe. Ma è così grande, cospicuo, visibile, il vuoto strategico di occidente e Europa, così forte la storica difficoltà delle democrazie liberali di imporsi sui poteri illiberali, così esigente la storia russa e postsovietica, che temiamo a giusto titolo e evochiamo parole chiave come Monaco o Danzica in un ballo sull’abisso della guerra in Europa, una hot war, poi di nuovo una guerra fredda, e oltre verso lo spazio eurasiatico del neoimperialismo. La faccenda si ripete, non sempre la seconda volta è una farsa.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.