Rui Rio e la destra che piace al nord operoso del Portogallo al voto

Marcello Sacco

Il problema del presidente del Partito socialdemocratico è sempre stato quello di non essere considerato un oppositore serio. Ma c'è una parte "luterana" del paese che s'identifica in lui e alle legislative di domenica si gioca anche questa partita

Lisbona. “Quasi luterano”, così ricordano Rui Rio alcuni dei collaboratori più stretti al comune di Porto, città dove l’attuale presidente del Partito socialdemocratico portoghese, il centrodestra conservatore, è stato sindaco dal 2002 al 2013. L’aggettivo lo deve un po’ agli anni trascorsi sui banchi del liceo tedesco, un po’ al rigore con cui provò a ridurre il debito della  città, sebbene questo terreno, in Portogallo, sia la palude in cui finiscono per impantanarsi  tutti. Non a caso si ridusse di cento milioni, ma nei conti in rosso del comune ne rimasero altri cento e un pugno di investimenti fallimentari in ambito  edilizio e di mobilità urbana.

 

All’inizio della pandemia, Rio fece notizia all’estero per la mano tesa al premier socialista António Costa. In Parlamento pronunciò parole che saranno citate con nostalgia e sussiego quando si vorrà ricordare lo stile dei politici d’antan: “Siamo davanti a un’emergenza nazionale. Per me questo non è il governo di un partito avversario. Nella lotta a questa calamità il Psd non è opposizione, è collaborazione”. Ce n’è da far sospirare qualsiasi primo ministro che abbia vissuto questi due anni sotto assedio. Prima ancora della grande coalizione italiana attorno a Mario Draghi, il quadro politico portoghese già si compattava, e senza che Costa avesse fatto nulla per blandire l’avversario. Semmai, il suo errore tattico è stato proprio quello di escludere platealmente Rio dalle trattative sulla finanziaria.

 

Il problema di Rio, invece, è sempre stato quello di non essere considerato un oppositore serio. Sorridente, con una propensione alla barzelletta spesso pericolosamente sull’orlo della gaffe, Rio non piace a quella destra che avrebbe voluto un leader più cattivo. Non a caso il partito  ha provato più volte a buttarlo giù. Ultimo tentativo: quello dell’eurodeputato Paulo Rangel che, con un governo già in bilico sulla finanziaria, lo ha sfidato alle primarie lo scorso 27 novembre. L’apparato stava con Rangel. Perfino il presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa (socialdemocratico anche lui), si è lasciato andare a qualche procedimento irrituale, convocando anche lo sfidante, una specie di leader in pectore, a un colloquio sulla crisi. Ma Rio aveva dalla sua la base, i militanti. Soprattutto al nord.

 

Il Portogallo esiste da circa nove secoli, qui non esiste un fenomeno come il leghismo o il secessionismo catalano, ma c’è un nord laborioso, della piccola e media imprenditoria, che, giusto o sbagliato che sia, ama considerarsi alieno ai giochi di potere di Lisbona, e si sente la parte sana, magari “luterana”, del paese. E’ questo il Portogallo che s’identifica in Rio, che dopotutto, con quel suo buon umore esibito, rappresenta quella fetta di nazione che, in questi sei anni di governo della sinistra, non ha sofferto come in un soviet. Negli anni in cui entrava in crisi la vecchia leadership socialdemocratica che aveva governato con la troika, mentre Rio nel 2018 prendeva la guida del partito, l’economia portoghese guidata da Costa e Mário Centeno (il “superMario” locale che presiedeva anche l’Eurogruppo al posto del falco olandese Jeroen  Dijsselbloem) cresceva fra il 2,5 e il 3,5 per cento al’anno, il deficit calava fino al pareggio di bilancio e le esportazioni esplodevano, grazie specialmente al turismo, che non ha cambiato solo il volto della capitale, ma anche della città natale dell’ex sindaco sorridente.

 

Alle legislative di domenica si gioca anche questa partita a destra. Partiti come Iniziativa liberale o i popolari del Cds/Pp parlano a un elettorato che crede (o finge) di essere in Venezuela, chiedendo di liberare la nazione dal socialismo. Più radicale ancora è l’alt right di Chega! (si scrive così, con il punto esclamativo, e vuol dire “basta!”). Rio no, lui se la ride. Ma nell’ipotesi di vittoria delle destre è a sinistra che si teme il suo spirito accomodante, perché alle Azzorre il suo Psd ha fatto accordi con tutti, anche con Chega!, e in questi giorni non è mai stato chiaro su come intenda perimetrare una sua possibile maggioranza di governo. Qualcuno gli ha fatto notare che Angela Merkel, rispetto all’estrema destra dell’AfD, è sempre stata netta. Ma Rio, lo conoscono bene i suoi vecchi collaboratori del comune di Porto, è un quasi luterano, quasi tedesco.