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Le Pen, Zemmour e Pécresse sgomitano. Inizia la “guerre des trois”

Mauro Zanon

Ognuno con la propria strategia, la prima puntando sull’antimacronismo, il secondo sull’unione delle destre, la terza sulla sua forza aggregante, ha ancora dieci settimane per convincere gli elettori di essere nella migliore posizione per battere Emmanuel Macron attualmente al primo posto nei sondaggi

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Parigi. Soltanto un’ascesa spettacolare e altamente improbabile di Jean-Luc Mélenchon, leader della gauche giacobina, potrebbe scongiurare la “guerre des trois”, ossia dei tre candidati della destra francese che si contendono un posto per il secondo turno delle presidenziali di aprile: Marine Le Pen, presidente del Rassemblement national, Éric Zemmour, candidato di Reconquête!, e Valérie Pécresse, portabandiera dei Républicains, il partito gollista. Ognuno con la propria strategia, la prima puntando sull’antimacronismo, il secondo sull’unione delle destre, la terza sulla sua forza aggregante, ha ancora dieci settimane per convincere gli elettori di essere nella migliore posizione per battere Emmanuel Macron. 

 

Tutti i sondaggi danno l’attuale inquilino dell’Eliseo saldamente in testa al primo turno (tra il 24 e il 27 per cento), mentre Le Pen, Zemmour e Pécresse sgomitano e bisticciano per il secondo posto, tra sorpassi e controsorpassi nelle intenzioni di voto (la forchetta è tra il 13 e il 18 per cento). La figlia di Jean-Marie Le Pen, alla sua terza candidatura consecutiva alle presidenziali, è più convinta che mai di qualificarsi al ballottaggio e di salire sul gradino più alto della République, afferma che i sondaggi sono inaffidabili e che gli elettori patrioti sceglieranno lei e non chi la copia (Zemmour, a sua detta). Eppure, negli ultimi giorni, nonostante l’ottimismo di facciata, ci sono stati parecchi scossoni nell’apparato lepenista. Gli eurodeputati Jérôme Rivière e Gilbert Collard – quest’ultimo, figura storica del frontismo – hanno abbandonato il Rassemblement national per abbracciare Zemmour. Peggio: Marion Maréchal, 32 anni, ha lasciato intendere in un’intervista al Parisien che non sosterrà zia Marine, con cui è cresciuta politicamente diventando deputata, e che potrebbe unirsi alla squadra dell’ex giornalista del Figaro. “Se appoggerò Éric non sarà giusto per farmi vedere e dire ‘sono qui’. Vorrà dire tornare in politica e dunque lasciare l’Issep (l’istituto di scienze politiche fondato a Lione con l’obiettivo di formare una classe dirigente sovranista, ndr). E’ una vera scelta di vita, una decisione importante”, ha dichiarato Marion, che ha abbandonato l’ex Front national nel 2017, prima di aggiungere: “Avevo detto che auspicavo un’unione della destra patriottica dietro il candidato piazzato meglio. Ma è chiaro che non si sta certo prendendo la strada dell’unione, e non so chi sia il candidato piazzato meglio, la campagna è ancora lunga. Éric Zemmour ha un margine di progresso presso le classi popolari e gli astensionisti maggiore rispetto a quello di Marine Le Pen tra le fasce superiori della popolazione”. 

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Le dichiarazioni hanno fatto infuriare la presidente del Rassemblement national: “E’ qualcosa di brutale, di violento, di difficile per me”. E  sognare, invece, Gilbert Collard: “La aspetto”. Nel campo Zemmour, Marine è considerata una perdente nata, la candidata per cui tifano i macronisti in vista del ballottaggio. “Tutti sanno che non può vincere, e anche lei lo sa”, ha tuonato il leader di Reconquête parlando di “candidatura di routine”. Lo scrittore sovranista, secondo quanto dichiarato al Figaro da alcune fonti dei Républicains, potrebbe invece beneficiare di un “voto nascosto”, che gli istituti sondaggistici non possono intercettare. E Pécresse? “La difficoltà viene dal fatto che deve recuperare gli elettori di destra che sono andati con Emmanuel Macron e quelli tentati da Éric Zemmour se vuole consolidare il suo bacino elettorale e qualificarsi al secondo turno”, spiega il Figaro in un’inchiesta sulla “battaglia delle destre”. Valérie, dopo l’euforia della vittoria a sorpresa alle primarie di partito, sembra aver perso un po’ la spinta e soffre molto le accuse dei detrattori, che la considerano un Macron in gonnella e troppo distante dai problemi dei francesi. Due giorni fa, un approfondimento di Europe 1, ha raccontato le preoccupazioni del suo stesso entourage dinanzi a una campagna che fatica a decollare.

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