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Il ritorno di Ingrid Betancourt in Colombia

Maurizio Stefanini

La politica che fu prigioniera delle Farc per sei anni ha annunciato la candidatura per la presidenza. Per molti giovani elettori è semplicemente “una che è stata sequestrata”, ma lei dice: “La mia storia è la storia di tutti i colombiani. Sono qui per portare a termine ciò che avevo iniziato”

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“Sono qui per portare a termine ciò che avevo iniziato”. Così, a vent’anni dal sequestro per cui dal 23 febbraio 2002 al 2 luglio 2008 fu prigioniera per sei anni delle Farc nella giungla colombiana, Ingrid Betancourt ha annunciato in conferenza stampa che si candida per la presidenza della Colombia, a partire dalle primarie del 13 marzo per la Coalición centro esperanza.

 

“Esattamente 20 anni fa sono stata rapita come candidata alla presidenza, facendo una campagna contro lo stesso sistema corrotto”, ha detto. “Parteciperò alla consulta del 13 marzo, sarò parte di questa coalizione come candidata alla presidenza e lavorerò da questo momento, dall’alba al tramonto, per essere presidente”. Sa che dopo anni di assenza dalla Colombia per molti elettori più giovani è semplicemente e vagamente “una che è stata sequestrata”. Per questo di tale etichetta cerca ora di fare uno slogan: una sequestrata alla testa di un popolo di sequestrati. “Voglio parlare a 51 milioni di colombiani sequestrati da decenni da un ingranaggio di violenza. La mia storia è la storia di tutti i colombiani, perché mentre io e i miei compagni di sequestro eravamo incatenati, le famiglie dei colombiani anche erano incatenate alla povertà, insicurezza, violenza e ingiustizia”. “Sono tornata alla ricerca del maggior beneficio politico: che tutti possiamo avere una migliore democrazia. Vengo a reclamare il diritto di lottare per la mia famiglia estesa che siete tutti voi, la Colombia che io amo”.

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Subito prima di questo annuncio ce n'era stato un altro: un tribunale americano aveva condannato le Farc a pagarle 36 milioni di dollari, 12 milioni al figlio Lawrence Delloye, che è cittadino statunitense, come indennizzo per averlo lasciato senza mamma dai 14 ai 20 anni, e il resto agli avvocati. Con un nome di battesimo esoticamente scandinavo ma spagnolizzato dall’accento sulla "i"; un cognome ereditato da un'antica famiglia nobiliare francese che era passata per le Canarie; un padre diplomatico e politico conservatore che era stato però ministro dell’Educazione prima nel governo del “Perón colombiano” Gustavo Rojas Pinilla e poi con un presidente liberale; una madre ex reginetta di bellezza poi divenuta deputato liberale; lei stessa cittadina francese per un primo marito conosciuto quando suo padre era a Parigi come ambasciatore presso l’Unesco: Ingrid Betancourt è vissuta per la maggior parte in Francia dopo la liberazione, dedicandosi in particolare a studiare teologia, ma anche ad assistere le vittime della violenza in Colombia. Dal governo francese ha pure ricevuto una Legion d’onore che assieme a un Premio Principe delle Asturie spagnolo è da considerare come parziale indennizzo per un Nobel della Pace a cui era stata candidata due volte, e che non ha mai avuto.

 

Il Nobel è invece andato a Juan Manuel Santos: il ministro della Difesa che fu eletto alla presidenza anche grazie alla gloria per essere riuscito a farla liberare, e che utilizzò poi il mandato per imporre una pace con quelle Farc che aveva duramente combattuto, anche al costo di rompere col suo mentore Alvaro Uribe Vélez. Considerando appunto che anche Juan Manuel Santos era stato eletto con quella etichetta, sono vent’anni che in Colombia governa l’uribismo: movimento uscito dallo storico partito liberale ma in polemica anche con l’altro storico partito conservatore che tra il 1998 e il 2002 con la presidenza di Andrés Pastrana aveva tentato con le Farc un processo di pace poi terminato in un disastro. Caratterizzato da una linea dura contro la guerriglia, l’uribismo è in effetti riuscito a costringere le Farc a lasciare la lotta armata, anche se continuano a sparare sia sue dissidenze, sia l’altro movimento armato Eln. Peraltro, ormai, sopratuttto tra di loro, e soprattutto in quel territorio venezuelano in cui Maduro le aveva incautamente invitate.

 

Il presidente uscente  Iván Duque, però, non si ricandida. Le primarie dell’uribista centrodemocratico le ha vinte l’ex ministro delle Finanze  Oscar Iván Zuluaga, che però negli ultimi sondaggi non oltrepassa il 4 per cento. Cinque altri candidati di centrodestra faranno primarie alternative con l’etichetta  Coalición Equipo por Colombia, ma anche tra di loro il meglio piazzato attualmente non oltrepassa il 5 per cento. In tempi di crisi e pandemia, la tendenza generale in tutta l’America latina è per un voto a chi sta all’opposizione, e in questo momento in Colombia l’opposizione è di sinistra.

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Ex guerrigliero di quell’M19 che era tornato alla pace nel 1990 e ex sindaco di Bogotá, in resta ai sondaggi è infatti in questo momento il leader della sinistra Gustavo Petro: almeno il 25 per cento delle intenzioni di voto, ma alcuni sondaggi gli danno oltre il 40 per cento. La sua vittoria si inserirebbe sulla scia di quelle di Castillo in Perù e di Boric in Cile, ma in Colombia ci sono gravi sospetti sul suo profilo e sulla sua possibile contiguità con un tipo di sinistra autoritaria alla Maduro, anche se lui cerca di rassicurare. Tra la destra e Petro si sta dunque cercando di costruire un'alternativa di centro che ha la sigla di Coalición centro esperanza, e la cui gran parte dei leader vengono peraltro anch’essi da sinistra; ma una sinistra che si considera antiautoritaria.

 

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Tra gli otto candidati che andranno alle primarie c’è con percentuali di intenzione di voto tra il 5 e il 18 per cento l’ex sindaco di Medellín Sergio Fajardo e con il 5 Juan Manuel Galán: figlio di un popolarissimo leader liberale che fu assassinato nel 1989, quando la sua elezione a presidente sembrava ormai sicura. Ma anche Ingrid Betancourt si colloca in questo schieramento.

 

Sarebbe la sua terza esperienza politica. Nella prima tra il 1994 e il 1998 fu deputata del partito liberale, dove era entrata dopo l’assassinio di Galán, e dove si batté su una piattaforma anticorruzione che la portò però a rompere col partito. A quel punto fondò il partito Verde ossigeno ispirato ai verdi europei, sia pure con in più un’attenzione specifica a urgenze locali come la guerriglia e i narcos. Senatrice con una votazione record di oltre 150.000 preferenze, si candidò alla presidenza, ma finì appunto sequestrata. In questa terza versione si presenta appunto come alternativa moderata. In un paese e in un continente dove i partiti estremi hanno spesso spadroneggiato, provocando disastri. “La Colombia ha avuto cattive opzioni, la estrema destra come la estrema sinistra”, dice.  Se sarà eletta, promette, comprerà un “enorme orologio, che scandisca i secondi fino a raggiungere lo zero. In modo che io e i colombiani siamo consapevoli che il tempo per trasformare la Colombia è oro”.

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