Nel Regno Unito

Boris Johnson non introdurrà nuove misure contro Omicron. Ma guai a parlare di No vax

Gregorio Sorgi

Il primo ministro britannico scommette ancora sul cosiddetto “Piano B”, ma intanto molti lavoratori essenziali sono in auto isolamento e anche negli ospedali l'assenza di personale inizia a farsi sentire 

Prima delle feste natalizie, quando la variante Omicron stava dilagando in Gran Bretagna e molti paesi europei avevano irrigidito le regole, il primo ministro britannico Boris Johnson è andato controcorrente, rifiutandosi di imporre nuove restrizioni contro il parere degli scienziati. Il premier oggi sostiene di aver vinto la scommessa, anche se i contagi sono aumentati a livelli record e il sistema sanitario britannico è finito ancora una volta sotto pressione. Nonostante questo, Johnson ha ribadito in una conferenza stampa lunedì pomeriggio che intende “superare la variante Omicron” mantenendo le regole attuali, il cosiddetto “Piano B” che prevede l’obbligo di mascherina in gran parte dei luoghi al chiuso, il consiglio di lavorare da remoto dove possibile e il passaporto vaccinale per accedere alle discoteche e agli eventi di massa.
 
L’approccio di Johnson è dettato da ragioni di politica interna – i deputati conservatori sono arci contrari a un inasprimento delle regole – oltre che dai dati scientifici. La variante Omicron comporta un terzo delle possibilità di essere ricoverati in ospedale rispetto alla Delta. Questo è il motivo per cui, malgrado l’aumento costante dei casi giornalieri stabilmente sopra i 200 mila, gli ospedali sono in una condizione migliore rispetto a un anno fa. 


Nel gennaio 2021 i ricoveri in ospedale si aggiravano sui quattromila al giorno mentre l’ultimo dato disponibile, risalente a oltre una settimana fa, è pari a 1,924. Inoltre, come ha spiegato il portavoce del governo, “anche se le ospedalizzazioni sono in aumento, non stiamo vedendo un’impennata nel numero dei pazienti in terapia intensiva, questo ci fa piacere e deriva quasi sicuramente dalla natura di Omicron e dalla somministrazione del booster”.   Secondo il famoso epidemiologo dell’Imperial College Neil Ferguson, la curva dei contagi a Londra nella fascia di età tra i diciotto e cinquanta anni “sembra avere raggiunto un plateau”. “Ci aspettiamo un calo nei contagi da subito o dalla prossima settimana a Londra – ha spiegato lo scienziato  – e nel resto del paese qualche settimana più tardi”. Il contagio è talmente diffuso che il governo ha abolito anche l’obbligo di effettuare un test molecolare per chi rientra in Gran Bretagna:  basterà un tampone antigienico.

Il più grande problema per il governo è che molti lavoratori essenziali sono in auto isolamento, e questo ha portato diversi ospedali a posticipare le operazioni chirurgiche ritenute non urgenti. In alcune strutture circa il 15 per cento del personale è assente, tanto che è stato consigliato ai pazienti di prendere il taxi piuttosto che l’ambulanza in caso di emergenza. Lo stesso Johnson ha riconosciuto che “alcune parti” del sistema sanitario nazionale potrebbero essere sopraffate nei prossimi giorni, e ha annunciato che, per attenuare il problema, verranno effettuati centomila tamponi al giorno ai lavoratori essenziali.

L’altra grande insidia per il governo sono i non vaccinati, un tema di cui si parla poco in Inghilterra. Lunedì il premier ha finalmente affrontato il problema, dicendo è “assolutamente straziante” che circa il 90 per cento delle persone in terapia intensiva non ha avuto il booster e oltre il 60 per cento non ha fatto nemmeno la prima dose. I dati della Gran Bretagna – dove il 77.3 per cento della popolazione ha effettuato la seconda dose e il 51.2  il booster – sono tutto sommato positivi, considerando che il green pass ha un uso molto limitato. Ma il premier non può fare molto di più per convincere i No vax, dato che gran parte dei deputati Tory vedono il passaporto vaccinale come il male assoluto.

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