Campo profughi a Lesbo, in Grecia (foto Ap)

La riforma di Schengen ispirata da Macron è un problema per l'Italia

David Carretta

Secondo le modifiche annunciate dalla Commissione europea, se il nostro paese rifiutasse di riprendersi i "dublinanti" potrebbe ritrovarsi sospeso dall'accordo di libera circolazione

Bruxelles. Nel semestre di presidenza francese dell’Unione europea, Emmanuel Macron e Mario Draghi rischiano di trovarsi su sponde opposte sulla riforma di Schengen, dopo che la Commissione di Ursula von der Leyen ieri ha proposto di inserire i movimenti secondari di migranti tra le ragioni per cui uno stato membro è autorizzato a introdurre controlli alle frontiere interne. Ufficialmente la Commissione dice di voler salvare la libera circolazione delle persone nell’Ue, dopo le crisi migratoria, terroristica e sanitaria. “Schengen è il gioiello della nostra corona”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas: “Come tutti i successi, deve essere rafforzato di fronte alle molte sfide che deve affrontare”. La realtà è un’altra. “Dobbiamo fare di più per prevenire i movimenti secondari”, ha spiegato la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, spiegando che Paesi Bassi, Belgio, Austria e altri sono sotto pressione per l’arrivo di migranti dai paesi di primo ingresso. Con la proposta di ieri la Commissione amplia le deroghe per reintrodurre i controlli alle frontiere e limitare la libera circolazione. Se non deciderà di riprendersi i cosiddetti “dublinanti” (i richiedenti asilo che si sono spostati in altri paesi dell’Ue in violazione delle regole di Dublino) o di partecipare a operazioni congiunte di polizia con gli stati membri vicini per intercettare e riprendersi migranti irregolari, di fatto l’Italia potrebbe ritrovarsi sospesa da Schengen.

Secondo Schinas, negli ultimi anni l’Europa senza frontiere di Schengen è stato messa alla prova “dalla crisi dei rifugiati del 2015-16 con il collasso della Siria, poi l’ondata di attacchi terroristici e negli ultimi due anni dall’incubo pandemia”. La riprova: a sei anni dall’ondata migratoria, sei paesi hanno ancora in vigore i controlli ai confini interni introdotti per ragioni di sicurezza nazionale quando un milione di persone era sulla rotta dei Balcani, nonostante la crisi dei rifugiati sia finita da tempo e le deroghe a Schengen non sarebbero dovute durare più di due anni. La Commissione non ha mai voluto usare le procedure di infrazione contro Germania, Francia, Austria, Svezia, Danimarca e Norvegia (che pur non essendo membro dell’Ue fa parte dell’area Schengen). Ieri, su pressione di questi paesi e in particolare della Francia, la Commissione ha proposto di legalizzare il loro comportamento fuori dalle regole. Il nuovo articolo 25 del Codice di frontiera Schengen prevede la possibilità di introdurre o prolungare i controlli alle frontiere quando c’è una minaccia seria per la sicurezza interna, in particolare “attività legate al terrorismo o al crimine organizzato, emergenze sanitarie pubbliche di ampia scala, una situazione caratterizzata da movimenti non autorizzati su ampia scala di cittadini di paesi terzi tra stati membri”.

Macron ha fatto di Schengen e dei movimenti secondari una delle priorità della sua presidenza dell’Ue. In passato aveva evocato l’idea di una “mini-Schengen” per escludere dalla libera circolazione senza controlli alle frontiere i paesi di primo ingresso che lasciano andare i migranti verso altri stati membri. L’Italia, con cui regolarmente scoppiano conflitti per i migranti intercettati appena oltre le frontiere francesi, è tra i principali indiziati con la Grecia. I paesi del sud hanno usato i movimenti secondari come valvola di sfogo e compensazione per la mancata ridistribuzione di migranti in altri stati membri. Secondo alcune stime, quasi 500 mila migranti sbarcati in Italia hanno fatto domanda di asilo nel resto dell’Ue, principalmente in Germania, Francia, Svezia, Paesi Bassi e Belgio. Quel che è certo è che l’Italia ha ricevuto da altri stati membri oltre 200 mila richieste di riprendersi i suoi “dublinanti”. Nei negoziati sul nuovo Patto su migrazione e asilo, l’Italia ha guidato il gruppo dei paesi del sud che rifiuta di assumersi più responsabilità sui movimenti secondari senza una contropartita sulla solidarietà con la ripartizione di una parte dei richiedenti asilo. Il negoziato sulla riforma del Codice Schengen ispirata da Macron si annuncia altrettanto controverso.

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