“Per adesso voglio leggere e riposare, poi vediamo”. L'ultima intervista di Merkel

Sedici anni al comando. I migranti, la pandemia, l'Afghanistan e il passaggio di consegne a Olaf Scholz. “Vi abituerete presto”. La versione di Angela alla DW

Daniel Mosseri

Una sedia per l’intervistatore e, di fronte, una per Angela Merkel. Alle sue spalle, una vetrata della cancelleria federale da dove si vede il palazzo del Reichstag con la cupola di vetro e acciaio disegnata da Norman Foster che si perde nel cielo grigio di Berlino. Rallegrata da una bandiera tedesca e una dell’Unione europea, l’ambientazione dell’intervista è piuttosto scarna e finisce per mettere in risalto la protagonista del colloquio con Max Hoffman, giornalista senior della Deutsche Welle. Angeka Merkel appare al tempo rilassata ed emozionata.

  

   

Non è il primo giorno di scuola ma presto sarà l’ultimo. “Sto completando un giro di saluti”, ricorda Merkel per poi spiegare di sentirsi “sollevata” ma anche già un po’ “melanconica: d’altronde ho fatto il mio lavoro sempre volentieri, e comunque devo restare all’erta fino all’ultimo giorno”. Parole pronunciate con un sorriso ma nella piena consapevolezza che il governo che succederà al suo non è ancora pronto e che il tasso di incidenza del coronavirus in Germania avrebbe superato poche ore dopo il tetto psicologico di quota 200, un livello mai raggiunto dall’inizio della pandemia.

 

Reduce dal caloroso au revoir tributatole da Emmanuel Macron e da tanti comuni cittadini francesi, Merkel è diretta: “Macron mi mancherà e mi mancherà parlare con i partner internazionali, cercare di mettermi nei loro panni, capire che problemi hanno in casa propria e come possiamo venirci incontro”. Il cammino congiunto di Parigi e Berlino non è comunque destinato a fermarsi perchè “il presidente francese parlerà con il mio successore, ossia Olaf Scholz: così funziona la democrazia”. Hoffmann la punzecchia e le chiede se si rivede nella definizione che ha dato di lei il premier lussemburghese Xavier Bettel chiamandola “macchina del compromesso”, e se metterà questa macchina a disposizione della Germania o del mondo. La risposta è un no – “Non sono una macchina e mi sono occupata di politica attivamente per 16 anni” – che poi diventa un ni: “Per adesso voglio leggere e riposare, poi vediamo cosa mi verrà in mente”.

  

E via a parlare di gestione di crisi e passaggi epocali, come la svolta energetica. “Rispetto ad altri paesi non siamo messi così male in Germania”, un paese che, quale potenza economica e industriale su scale globale, ricorda la cancelliera, è chiamato a dare l’esempio. A chi la critica per aver fatto troppo poco, la “macchina del compromesso” risponde: in Germania le decisioni non vengono prese d’imperio (da me) ma si procede per accordi di maggioranza: “Io mi sono sempre impegnata anche se il risultato oggi non è ancora soddisfacente”, soprattutto nell’ottica dei più giovani.

   

Sedici anni al comando sono contrassegnati da luci e ombre. Il giornalista le ricorda il suo storico “ce la faremo – wir schaffen das" promunciato in piena crisi migratoria. Ce l’abbiamo fatta?, chiede Hoffman. “Ad accoglierli sì”, risponde decisa Merkel che respinge però il termine crisi: “Stiamo parlando di persone”, ricorda. La cancelliera attribuisce il merito dell’integrazione dei profughi mediorientiali arrivati in Germania fra la fine 2015 e l’inizio 2016 ai sindaci e alle sindache come a migliaia di volontari tedeschi: l’operazione è riuscita, risponde. “A creare un sistema unico europeo di gestione dei flussi, invece no".

“Molto deplorevole” è poi l’esito della missione occidentale in Afghanistan “Avremmo voluto un paese capace di tenersi in piedi da solo, dove le ragazze possono andare a scuole e le donne esaudire i propri desideri”, sospira Merkel attribuendo la responsabilità del fallimento tanto all’occidente quanto agli stessi afgani.

   

E perché ha portato Olaf Scholz al G20 a Roma? “Non è stato un gesto così generoso da parte mia: è normale che un ministro delle Finanze partecipi a questo tipo di summit”, risponde Merkel tentando di fare la modesta. “Ho pensato che fosse importante fare partecipare Scholz a tutti gli incontri bilaterali per segnalare a tutti: vedete, questo è l’uomo con il quale probabilmente parlerete ai prossimi vertici: è importante mostrare come l’attuale cancelliere e il probabile successore hanno un buon rapporto di lavoro; si invia un segnale rassicurante a un mondo turbolento”.

  

“Dopo 16 anni sarà strano non ritrovare lei alla cancelleria federale”, conclude Hoffman.

“Vi abituerete presto”, sorride lei.

 

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