Iran e bombe

Teheran lancia operazioni militari contro gli americani, ma è meglio per tutti glissare

Daniele Raineri

Cinque droni esplosivi su una base ma il Pentagono aveva appena evacuato 200 soldati 
 

Poco prima di lasciare Roma dove era stato per il G20, il presidente americano, Joe Biden, ha risposto ai giornalisti americani che gli chiedevano se avrebbe ordinato una risposta contro il recente attacco da parte dell’Iran contro i soldati americani: “Sì, ci sarà una risposta. Continueremo a rispondere”. Di che attacco si tratta? Il 20 ottobre c’è stata un’operazione contro una base americana in Siria che porta tutti i segni delle attività militari dell’Iran all’estero, ma è passata perlopiù inosservata e si è persa tra le altre notizie che arrivano a ciclo continuo e caotico dalla regione. Cinque droni-suicidi, che esplodono a contatto con il bersaglio, e alcuni razzi hanno colpito nello stesso momento la base americana di al Tanf nel deserto siriano, vicino al confine con l’Iraq. I droni non sono lanciati dal territorio iraniano ma dalle milizie filo-iraniane (nel senso che prendono finanziamenti, armi e ordini dall’Iran) come Kataib Hezbollah che occupano la regione tra Siria e Iraq. Tre droni sono arrivati dal lato siriano e due dal confine con l’Iraq e questo lascia immaginare che più milizie si siano coordinate tra loro. Questi tipi di attacchi sono meno rari di quanto crediamo – per citarne uno che fece notizia: il 14 aprile un drone esplosivo centrò l’hangar dell’aeroporto militare di Erbil che la Cia usava come sua base principale in Iraq. 

A gennaio 2020 tutto il mondo aspettò con il fiato sospeso che l’Iran sparasse missili balistici contro le basi americane in Iraq come rappresaglia per l’uccisione del generale iraniano Qassem Suleimani, colpito da un drone americano a Baghdad, come poi avvenne. Questo attacco contro al Tanf è una replica in piccolo – perché i droni portano molto meno esplosivo e quindi causano meno distruzione – di quella notte molto tesa ma non è diventato una questione internazionale. Forse perché non ci sono state vittime grazie a un’operazione dell’intelligence americana: sei giorni fa i media hanno scoperto che il Pentagono ha evacuato duecento soldati da al Tanf con aerei da trasporto nelle ore che hanno preceduto l’attacco e ne ha lasciati a terra soltanto una ventina (in pratica: la base era quasi vuota) grazie a informazioni raccolte in anticipo. O forse perché il trucco dell’Iran di agire tramite di milizie irregolari funziona ancora in modo eccellente. Fa comodo a tutti, dall’Amministrazione americana all’Iran fino alla comunità internazionale, non attribuire con precisione queste operazioni perché se cominciassero le accuse dirette si andrebbe con rapidità verso la guerra. Non cambia la sostanza: i soldati americani hanno abbandonato una base in Siria per sfuggire a un bombardamento ordinato dall’Iran. Per questo motivo i giornalisti americani a Roma hanno chiesto a Biden se risponderà e lui ha detto sì e anche che “continuerà a rispondere”. Questa frase fa intendere che il presidente americano non si discosterà dalla linea tenuta finora: continuerà la diplomazia con l’Iran – perché in questo periodo si parla molto di come riportare in vita con urgenza l’accordo sul nucleare del 2015 – e ordinerà raid aerei contro le basi delle milizie filoiraniane in Siria e in Iraq, come ha già fatto due volte da quando si è insediato a gennaio.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)