Il premier inglese Boris Johnson (LaPresse) 

verso la cop26

La miniera nel Cumbria inglese è una macchia sul BoJo verde

Gregorio Sorgi

 La regione è poverissima e punta sul carbone. Il governo, un po’ in imbarazzo, ha rinviato ogni decisione a dopo la conferenza sul clima

Il governo britannico parla molto della lotta al cambiamento climatico, ma non riesce sempre a onorare le sue  promesse. La retorica roboante del premier Boris Johnson sull’ambiente rischia di essere vanificata dall’apertura di una miniera nel Cumbria, un progetto di cui si discute da anni ma che, a pochi giorni dall’inaugurazione della Cop26, rischia di macchiare la reputazione internazionale del governo di Londra. Johnson ha investito molto sulla presidenza della conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico – che si svolgerà dal 31 ottobre al 12 novembre a Glasgow, e che sarà ospitata in partnership con l’Italia – per riaffermare la vocazione globale della Gran Bretagna dopo la Brexit, e ribadire le sue credenziali da leader mondiale nella lotta al cambiamento climatico. Per questo il governo ha rinviato una decisione sull’apertura di una miniera in una delle regioni più povere dell’Inghilterra – sarebbe la prima a essere inaugurata negli ultimi trent’anni, e l’unica attiva in Gran Bretagna – a una data successiva alla Cop26.

 

Secondo i piani dell’azienda West Cumbria Mining (WCM), il coking coal – un tipo di carbone usato dall’industria siderurgica – sarà estratto dal fondale del mare irlandese al largo della costa della Cumbria e usato per la produzione domestica di acciaio, un processo che secondo gli esperti porterà all’emissione di nove milioni di tonnellate di anidride carbonica aggiuntive all’anno. La scommessa della WCM è che, malgrado gli obiettivi ambiziosi del governo sull’ambiente, il settore dell’acciaio non verrà completamente decarbonizzato prima del 2050, e quindi la miniera sarà una risorsa utile almeno per i prossimi trent’anni. I fautori del progetto spiegano che al momento la Gran Bretagna importa l’acciaio da paesi con delle norme ambientali molto più permissive, come Russia e Cina, e che il trasporto dell’acciaio contribuisce ad aumentare le emissioni. Tuttavia, il deputato ed ex leader Lib-dem Tim Farron, che è stato eletto in un seggio al sud della Cumbria, una delle zone più ricche della regione, respinge questa tesi e dice  al Foglio che “anche la compagnia confessa che l’ottanta per cento dell’acciaio prodotto verrà esportato, quindi nessuno può fingere che alimenterà soprattutto la domanda interna”. Gran parte della comunità scientifica è contraria al progetto e sostiene che, anziché investire sul carbone che sarà superato nel giro di quindici o vent’anni, il governo dovrebbe puntare sull’elettricità o l’idrogeno per la produzione di acciaio. A loro dire, la miniera è un progetto anacronistico e i nuovi posti di lavoro saranno presto resi obsoleti. Secondo i detrattori, i processi in atto nel mercato siderurgico indicano due possibili scenari: la domanda per l’acciaio calerà in fretta e l’azienda fallirà, oppure il facile accesso al coking coal per le aziende britanniche rallenterà la transizione alle energie rinnovabili e finirà per danneggiare gli sforzi per arginare il cambiamento climatico.

 

Malgrado queste perplessità, il consiglio regionale della Cumbria ha dato il via libera alla miniera per tre volte pensando soprattutto agli effetti economici del progetto. La nuova struttura dovrebbe sorgere a Whitehaven, una delle tante città decadute del nord dell’Inghilterra che nel Novecento era diventata ricca grazie alle miniere e all’industria chimica, oggi entrambe defunte. Per la popolazione locale – di cui, nel 2018, il 14 per cento non riusciva  a pagare le bollette – è difficile ignorare i 500 nuovi posti di lavoro che, secondo l’azienda WCM, saranno creati dal nuovo progetto. 

 

Non è un caso che gran parte della comunità locale in Cumbria – un’ex roccaforte rossa diventata  terra dei conquista dei conservatori di Boris Johnson, che oggi controllano tutti i seggi tranne quello di Farron – sono ultra favorevoli alla miniera. La deputata dei Tory Tracey Harrison, che rappresenta la circoscrizione di Copeland in cui dovrebbe sorgere la struttura, spiega il suo sostegno usando un argomento ambientalista. “L’industria dell’acciaio – spiega Harrison in una nota scritta – è fondamentale per creare l’economia del futuro a basso utilizzo di carbone attraverso la costruzione di pale eoliche e impianti nucleari. Le tecnologie emergenti possono essere utili nella transizione della filiera nei prossimi anni, ma a oggi non esiste alcun processo commerciale per soddisfare i nostri bisogni immediati di acciaio”.

 

L’industria siderurgica britannica è sulla sua stessa linea, e Gareth Stace, il direttore generale di UK Steel, l’ente che rappresenta questo settore, spiega che “l’unico modo significativo per ridurre le nostre emissioni è investire su una produzione a basso carbone a casa piuttosto che fare affidamento sulle importazioni”. Gli avversari del progetto si sono presi gioco di questo argomento, che a loro dire esprime un messaggio contraddittorio: “Scavate il carbone per salvare l’ambiente”. 
Tim Farron dei Lib-dem descrive la linea del governo come “sciocca” e “insensata”. “Ovviamente, più rendiamo facile per l’industria dell’acciaio la mancata decarbonizzazione, minori sono le probabilità che questo processo sarà completato – spiega Farron – È come dire che vogliamo che la gente smetta di fumare e poi dimezziamo il prezzo delle sigarette”

 

Mesi fa il governo ha creato una commissione, che ha sentito entrambe le parti in causa, e che pubblicherà un’analisi costi-benefici non prima del gennaio del 2022. Solo a quel punto, il ministro per le Comunità locali, Michael Gove, al quale sono state affidate ampie competenze che lo rendono uno dei ministri più potenti, dovrà prendere una decisione finale sulla miniera. Malgrado il proprio sostegno al progetto, per ora l’esecutivo ha deciso di non decidere, per evitare un imbarazzo internazionale a pochi giorni dalla Cop. Ma in molti sospettano che, quando tutti si saranno dimenticati della conferenza di Glasgow, il governo darà il via libera nell’indifferenza generale.

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