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europa ore 7

Lo stallo tra la Commissione e Orbán, che sente aria di elezioni

David Carretta

Bruxelles blocca i fondi del Recovery di Budapest, anche se inizialmente era disponibile a un compromesso. Ma il governo non ha ceduto: il prossimo anno lo attendono il voto e vuole giocarsi come carta lo scontro con l'Ue, mentre aspetta di conoscere chi sarà lo sfidante del premier

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Come avevano anticipato ieri su Europa Ore 7, è stallo tra la Commissione europea e il governo di Viktor Orbán sul piano nazionale di ripresa e resilienza che dovrebbe permettere a Budapest di ottenere 7,2 miliardi di sussidi dal Recovery fund. La scadenza per il via libera della Commissione era stata prorogata di comune accordo alla fine di settembre. Ieri era l'ultimo giorno del mese. "Non c'è decisione oggi", ha detto un portavoce della Commissione: "Non siamo ancora nella posizione di concludere la valutazione" del piano ungherese. La risposta del governo Orbán è stata immediata e nel puro stile del premier ungherese. “Chiaramente discriminatorio”, ha detto il suo portavoce Zoltan Kovacs: “trattenere i fondi del Recovery plan è parte della campagna organizzata dal mainstream e dalla sinistra europea contro l'Ungheria perché resistiamo contro la diffusione dell'ideologia LGBTQ nelle scuole e nei media”.

In realtà, dopo diverse settimane di negoziati tra i funzionari della Commissione e quelli ungheresi per cercare di trovare un compromesso, non c'è ancora soluzione perché il governo Orbán non vuole intromissioni sul modo in cui gestirà i fondi e sul suo sistema giudiziario. La Commissione era disponibile a fare un compromesso che avrebbe permesso di salvare la faccia a tutti: dare il via libera al piano nazionale ungherese, sbloccando il prefinanziamento pari al 13 per cento dei fondi (quasi un miliardo), ma condizionando gli ulteriori esborsi a diverse riforme. In particolare la Commissione vuole che l'Ungheria si impegni ad aderire al database “Arachne” (lo strumento informatico di valutazione del rischio in cui vengono iscritti i beneficiari finali dei fondi), a riformare il sistema degli appalti pubblici, a garantire l'accesso ai documenti e a nominare un certo numero di procuratori indipendenti. Ma il governo Orbán, che il prossimo anno ha di fronte elezioni e vuole giocare la carta dello scontro con l'Ue, è stato inamovibile.

  


Questo è un estratto di Europa Ore 7 di venerdì 1 ottobre, la newsletter di David Carretta realizzata con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo. Per ricevere la versione integrale nella tua mail iscriviti qui. È gratis

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Anche il Parlamento europeo vuole intromettersi nel braccio di ferro. La conferenza dei presidenti ieri ha deciso di mettere la questione del piano di Recovery dell'Ungheria all'ordine del giorno della plenaria della prossima settimana a Strasburgo. L'iniziativa è partita dal gruppo Renew, che chiede alla Commissione di bocciare il piano nazionale di ripresa e resilienza ungherese. “La Commissione europea deve trovare il coraggio e la volontà politica di adottare un'azione decisa contro il regime autocratico e cleptocratico di Orbán”, ha detto l'eurodeputata di Momentum, Katalin Cseh. Un'anticipazione del dibattito della prossima settimana potrebbe arrivare oggi. Nel pomeriggio è prevista una conferenza stampa dell'eurodeputata dei Verdi, Gwendoline Delbos-Corfield, che ha guidato la visita questa settimana di una delegazione del Parlamento europeo in Ungheria, dove ci sono stati incontri con i ministri della Giustizia e dell'Interno, il sindaco di Budapest, rappresentanti dell'opposizione e della  società civile.

Nel frattempo, in Ungheria, l'opposizione continua ad organizzarsi per sfidare Orbán alle elezioni del prossimo anno. Questa settimana c'è stato il primo turno delle primarie tra i sei partiti – dal partito socialista all'estrema destra del Jobbik, passando per i Verdi e i liberali di Momentum – che si sono uniti per presentare candidati comuni, compreso quello per il posto di premier. Più di 633 mila persone hanno partecipato alle primarie, malgrado un attacco hacker al sistema online il primo giorno di votazioni. Secondo i risultati preliminari usciti ieri al ballottaggio dovrebbero andare l'europarlamentare della Coalizione democratica, Klara Dobrev, e il sindaco di Budapest, Gergely Karacsony. Avvocato di 49 anni, vicepresidente del Parlamento europeo, Dobrev è arrivata in testa con circa il 35 per cento dei voti. Karacsony, che nel 2019 aveva battuto a sorpresa il candidato de Fidesz nelle elezioni comunali di Budapest, era il favorito nei sondaggi, ma si è fermato al 28 per cento. Il conservatore  Peter Marki-Zay, sindaco di una città del sud dell'Ungheria, si è piazzato al terzo posto con circa il 20 per cento, davanti a Péter Jakab del Jobbik (13,5 per cento) e Andras Fekete-Gyor di Momentum (3,5 per cento).

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