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Spauracchio liberale

L’Fdp di Lindner al governo in Germania non deve far paura all’Italia. Tre motivi

David Carretta

Verdi e Liberali appaiono molto lontani, ma sulla politica fiscale possono trovare un’intesa. La soluzione ai negoziati potrebbe suggerirla proprio l’Ue

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La paura tutta italiana che i liberali della Fdp in Germania possano bloccare la revisione del quadro di regole fiscali dell’Ue, e che il potenziale arrivo del loro leader Christian Lindner al ministero delle Finanze significhi il ritorno all’austerità per tutti, è fortemente esagerata.

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La paura tutta italiana che i liberali della Fdp in Germania possano bloccare la revisione del quadro di regole fiscali dell’Ue, e che il potenziale arrivo del loro leader Christian Lindner al ministero delle Finanze significhi il ritorno all’austerità per tutti, è fortemente esagerata.

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Primo, la riforma del Patto di stabilità e crescita sarà molto limitata: le regole probabilmente non cambieranno, ma la Commissione potrà togliere gli investimenti destinati al Green deal dai calcoli sugli sforzi di bilancio che gli stati membri devono realizzare.

Secondo, la cultura politica della stabilità è comune a quasi tutta la classe politica tedesca: in campagna elettorale, il candidato della Spd, Olaf Scholz, che è ministro delle Finanze di Angela Merkel, ha detto che il Patto non va riformato perché è già sufficientemente flessibile.

Terzo, basta guardare il selfie su Instagram del copresidente dei Verdi, Robert Habeck, per capire che Lindner non è così cattivo. Oltre a Habeck e Lindner ci sono Annalena Baerbock per i Verdi e Volker Wissing per l’Fdp. “Stiamo esplorando terreno comune e ponti sulle linee che ci dividono. E ne stiamo trovando qualcuno. Periodo entusiasmante”, ha scritto Habeck.

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Verdi e Liberali appaiono molto lontani, ma sulla politica fiscale possono trovare un’intesa. Paradossalmente, la soluzione su cui stanno lavorando la Commissione e l’Eurogruppo dà loro una mano.  Il commissario Paolo Gentiloni nelle prossime settimane rilancerà la consultazione sulla revisione del quadro delle regole fiscali dell’Ue, ma le proposte formali non arriveranno prima del 2022. I tetti di Maastricht del 3 per cento di deficit e 60 per cento di pil non saranno toccati, perché nessuno vuole mettere mano al Trattato.

          
Tra i governi non c’è nemmeno appetito per una revisione dei regolamenti del Six pack e Two pack che impongono ritmi e ammontare del rientro del debito: la Francia, che avrà la presidenza di turno dell’Ue nel primo semestre del 2022, ha deciso che la revisione delle regole fiscali non sarà una priorità legislativa. L’Eurogruppo vuole procedere per consenso (cioè l’unanimità) per evitare scontri politici esplosivi. Nell’ultima riunione di Eurogruppo ed Ecofin è emerso un orientamento: una “golden rule” per il Green deal. Viste le enormi risorse pubbliche (e private) necessarie alla decarbonizzazione, nessun ministro delle Finanze ha messo il veto all’idea di scomputare una parte degli investimenti verdi dai calcoli sugli sforzi fiscali da compiere. La “golden rule” sugli investimenti per il clima può essere il punto di caduta di una coalizione Semaforo a Berlino. I negoziati tra Verdi e Liberali, oltre che con i socialdemocratici, “saranno molto complicati”, dice l’eurodeputato tedesco dei Verdi, Sven Giegold. Non è detto che Lindner ottenga il ministero delle Finanze, dato che teoricamente spetta al secondo partito.

      

Ma leggendo bene il programma della Fdp si scopre che “c’è margine di manovra” sulla politica fiscale, spiega Giegold. In campagna elettorale Lindner ha detto che non entrerà in una coalizione che aumenta le tasse e allenta i limiti costituzionali sul deficit (0,35 per cento, salvo in caso di crisi o emergenza). Ma ha anche aggiunto di essere scettico sullo “schwarze Null”, cioè il pareggio/avanzo di bilancio voluto dalla Cdu-Csu. “Vogliamo aumentare gli investimenti in Germania”, ha spiegato Lindner. Il cavillo giuridico per mollare il freno costituzionale sul deficit per gli investimenti verdi esiste: una sentenza della Corte di Karlsruhe del 21 aprile stabilisce che protezione del clima e taglio delle emissioni sono un diritto fondamentale.

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C’è un altro freno che limiterà comunque gli istinti di Lindner se andrà al ministero delle Finanze. In Germania il contratto di coalizione è un documento dettagliatissimo di centinaia di pagine che tutti devono rispettare. Uno dei capitoli riguarda l’Ue, compresa la politica fiscale. Come Scholz ha dovuto rispettare per 4 anni all’Eurogruppo i paletti concordati con la Cdu-Csu, così Lindner avrà le mani legate dall’eventuale contratto della coalizione Semaforo. Il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ne è ben consapevole. Ieri in conferenza stampa ha detto: “E’ difficile che il paese più grande d’Europa faccia politica europea a seconda della persona che sta al ministero delle Finanze”.

  

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