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Lo stato dell’Unione europea, tra Green deal e digitale, questioni di leadership e di metodo

Georg Riekeles*

Grande attesa per il discorso di Ursula von der Leyen. Così la Commissione europea può riorganizzarsi e riuscire a fare le cose, in concreto

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Oggi Ursula von der Leyen terrà il suo discorso sullo stato dell’Unione europea: le attese sono alte, ma anche la necessità di dare una nuova spinta al suo mandato come presidente della Commissione. Non era in carica da nemmeno cento giorni, quando la pandemia, una crisi che nessuno aveva previsto, è arrivata. L’inizio, per von der Leyen, è stato difficile, ma lei e i suoi commissari hanno giocato un ruolo importante nell’aiutare l’Europa durante la crisi, soprattutto con l’acquisto dei vaccini e la loro consegna, sostenendo gli scambi nel mercato unico e fornendo un piano di ripartenza senza precedenti da 1,8 trilioni di euro. Adesso von der Leyen ha bisogno di concentrarsi  sull’attuazione di ciò che era inizialmente previsto, in particolare il Green deal e il digitale. A grandi linee, le priorità attuali sono adatte ai tempi e la Commissione ha ancora molto da conquistare, quindi non è prevista una nuova “grande iniziativa”.

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Oggi Ursula von der Leyen terrà il suo discorso sullo stato dell’Unione europea: le attese sono alte, ma anche la necessità di dare una nuova spinta al suo mandato come presidente della Commissione. Non era in carica da nemmeno cento giorni, quando la pandemia, una crisi che nessuno aveva previsto, è arrivata. L’inizio, per von der Leyen, è stato difficile, ma lei e i suoi commissari hanno giocato un ruolo importante nell’aiutare l’Europa durante la crisi, soprattutto con l’acquisto dei vaccini e la loro consegna, sostenendo gli scambi nel mercato unico e fornendo un piano di ripartenza senza precedenti da 1,8 trilioni di euro. Adesso von der Leyen ha bisogno di concentrarsi  sull’attuazione di ciò che era inizialmente previsto, in particolare il Green deal e il digitale. A grandi linee, le priorità attuali sono adatte ai tempi e la Commissione ha ancora molto da conquistare, quindi non è prevista una nuova “grande iniziativa”.

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Detto questo, siamo in un mondo talmente veloce che bisogna continuare ad aggiornare la propria agenda. Il Foresight report (la previsione strategica) del vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, è interessante: sul processo, per la prima volta la Commissione mette le cose nel giusto ordine di previsione, agenda e piano di lavoro; sul contenuto, le cose vanno guardate con più determinazione: per esempio, l’adattamento ai cambiamenti climatici (c’è il rischio di mancare l’obiettivo di 1,5 gradi e sarà dura) e gli investimenti in tecnologie chiave. 

 

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Bisogna inoltre fare attenzione  a un altro aspetto che non è sotto il controllo diretto della Commissione ma che impatta molto sul suo lavoro: la volatilità politica. Ci sono molte grosse questioni che si discutono e che contribuiscono a definire l’operato e gli obiettivi europei, dalle migrazioni allo stato di diritto. Siamo già di fronte, su questi temi ma non solo, a uno scisma tra est e ovest del continente, con conseguenze politiche e pratiche molto evidenti. Ci sono poi i costi per le persone sulla transizione ambientale che rischiano di portare a una perdita del sostegno popolare. Il Green deal è uno sforzo trasformativo vitale, ma siamo molto indietro in termini di transizione “giusta”. Von der Leyen deve fare attenzione a muoversi nel modo giusto: basta con le parole vuote (come “Commissione geopolitica”) e avanti con l’azione concreta (per esempio in termini geopolitici: solidarietà vaccinale, investimenti in tecnologia, integrazione della difesa europea). 

 

Ci sono questioni di leadership e di metodo che devono essere risolte. La leadership dell’Ue dovrebbe fare un passo avanti, soprattutto perché Angela Merkel, cancelliera tedesca e mentore della presidente della Commissione, sta per lasciare la scena politica e perché Emmanuel Macron, presidente francese, si gioca la rielezione il prossimo anno. E’ anche necessario mettere fine alle visibili scaramucce con Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che minano la fiducia degli stati membri: lavorare insieme è necessario. Il classico modello di codecisione o di “prerogativa d’iniziativa” non va bene per grandi progetti di trasformazione come il Green deal e il decennio digitale. C’è bisogno di una innovazione interistituzionale, in cui Commissione, Consiglio e Parlamento europeo mettano in atto struttura e metodi per co-costruire, come è accaduto in occasione della Brexit. 

 

In particolare von der Leyen si è molto concentrata sull’autorità e sull’immagine presidenziale ma non abbastanza sul lavoro di squadra definito con chiare responsabilità. Il rapporto con i suoi vicepresidenti è spesso malfunzionante e così accade anche con i gruppi di commissari: un chiarimento è urgente. Per di più la distribuzione delle risorse è piuttosto disastrosa. Un esempio: la direzione generale del Clima dispone di 225 persone, quella della partnership internazionale ne ha 2.900 Per questo c’è bisogno di riformare la Commissione come servizio pubblico. Nel corso degli anni, e come ha evidenziato anche la pandemia, ci sono grandi cambiamenti nelle richieste fatte alla Commissione – ora si tratta di fornire servizi operativi sul campo (dalle guardie di frontiera alla la protezione civile ai programmi spaziali e all’approvvigionamento di vaccini). Von der Leyen dovrebbe badare di più alla responsabilità – chi è responsabile di cosa? Dovrebbe anche guardare alla sperimentazione nella realizzazione di nuovi incarichi, può provare l’uso del modello “task force” su specifici requisiti richiesti (di nuovo vale l’esempio della Brexit).

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Quindi c’è molto da fare: dobbiamo sperare che l’ambizione di von der Leyen di ottenere un secondo mandato non la paralizzi nei tre fondamentali anni a venire e che la parole chiave siano: reset, regroup and get things done, reimpostare, riorganizzare e fare le cose, in concreto.

 

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*Georg Riekeles è Associate director dell’European Policy Center

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