Le armi e i dati biometrici raccolti dagli Stati Uniti ora sono nelle mani dei talebani

Luciana Grosso

Gli estremisti possiedono un arsenale molto ricco e hanno libero accesso a un enorme database di dati di milioni di afghani e agli strumenti per leggerli. Cosa hanno lasciato gli americani nella fuga

A questo punto lo sappiamo, gli americani se ne sono andati dall’Afghanistan senza voltarsi indietro e lasciando, nella fretta, armi e strumenti importanti che sarebbero dovuti rimanere ben lontani dalle mani dei talebani. 

Le armi sono tante. Reuters riporta che “dal 2003 gli Stati Uniti hanno fornito alle forze afghane almeno 600.000 armi di fanteria, tra cui fucili d'assalto M16, 162.000 apparecchiature di comunicazione e 16.000 dispositivi per la visione notturna”, a cui aggiungere “2.000 veicoli corazzati, inclusi Humvee statunitensi e fino a 40 aerei potenzialmente inclusi UH-60 Black Hawk, elicotteri da ricognizione e droni militari ScanEagle”. Un arsenale da superpotenza finito ora nelle mani di un gruppo di estremisti islamici (o di chiunque appaia ai loro occhi come un buon acquirente sul mercato nero).

Ma non è tutto. Oltre alle armi, gli americani hanno lasciato alle loro spalle anche la tecnologia per usare, nel modo più preciso ed efficace possibile, tutta questa roba. In particolare, nel corso della loro frettolosa fuga, gli americani si sono lasciati indietro due cose:  un enorme database di dati biometrici nel quale sono registrati iridi, impronte digitali e forma del viso di milioni (impossibile sapere con certezza quanti) di afghani, sia militari oggi in fuga, sia ribelli rifugiatisi nel Panshir, sia civili (il sistema veniva usato anche per rilasciare le nuove carte di identità o per registrare i lavoratori o gli studenti delle Madrase): secondo la Bbc, potrebbero essere fino a 6 milioni gli afghani registrati e schedati nei registri biometrici. Ma soprattutto, oltre ai dati, gli americani hanno lasciato indietro i dispositivi Hiide, ossia i marchingegni portatili che servono per leggere e dunque usare quei dati.

Il sistema in pratica funziona così: un talebano può usare l'Hiide con chiunque incontri per strada per leggere le sue impronte o la sua iride e sapere con precisione chi è e cosa ha fatto negli ultimi vent’anni, rendendo impossibile scappare o nascondersi, per chiunque lo voglia. Ciò oltre che un’arma micidiale per le rappresaglie talebane costituisce un bel paradosso: attorno al 2004 gli Stati Uniti avviarono il processo di raccolta di dati biometrici dei militari afghani proprio per evitare che criminali e ribelli si infiltrassero nell'esercito regolare e nelle forze di polizia e nel 2011 usarono i lettori Hiide per identificare Osama Bin Laden. Inoltre nel 2011 un articolo del New York Times magnificava l’efficienza del sistema di riconoscimento biometrico scrivendo: “Una nuova generazione di sistemi biometrici portatili si è diffusa in tutto l'esercito. Un cittadino in Afghanistan dovrebbe quasi trascorrere ogni minuto in un villaggio natale e non cercare mai servizi governativi per evitare di incrociare percorsi con un sistema biometrico. 'Puoi presentare una carta d'identità falsa. Puoi raderti la barba. Ma non puoi cambiare i tuoi dati biometrici', ha detto un militare”. Parole che paiono decisamente sinistre ora che quei dispositivi sono nelle mani dei Talebani.

Tutto questo significa che i talebani ora hanno libero accesso ai dati biometrici di milioni di persone e agli strumenti per leggerli. Ma ciò che non sappiamo è se i talebani siano effettivamente in grado di usare i lettori Hiide e di comprendere quello che è registrato nei database. Sappiamo però per certo chi è in grado di farlo: le forse dell’Isi, il servizio segreto Pakistano, molto più preparato e addestrato delle forze informali talebane di cui è stretto amico.

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