Immagini poco social

I campi estivi di Hamas

Indottrinamento criminale dei ragazzini della Striscia di Gaza alla guerra e al fanatismo anti Israele

Daniele Raineri

Durante l’ultimo conflitto tra Israele e Hamas, sui social media c’erano molte accuse contro i media convenzionali, accusati di non coprire abbastanza bene quello che succedeva nella Striscia di Gaza e di dare soltanto una parte delle informazioni e in definitiva di stare con Israele. Accadeva precisamente il contrario. I media convenzionali sono stati più precisi, più solidi e meglio informati dei social media. Una ragione è che i social media non sono obbligati a restare ancorati alla realtà e si vede. Gli esempi che si possono fare sono numerosi. Su Instagram c’erano  “spiegazioni del conflitto” in formato video di tre minuti che dimenticavano di menzionare Hamas – che era una delle due parti più importanti della guerra. Su Facebook c’erano post che denunciavano: “Gli israeliani stanno cercando di ammazzare il numero più grande possibile di palestinesi”, che è un’accusa demenziale. 


C’è da chiedersi come fa uno che prende le notizie soltanto dai social media a capire che in Israele un partito religioso arabo grazie ad accordi politici con altri partiti israeliani ha fatto cadere il governo di Benjamin Netanyahu. Cosa potrebbe pensare delle ondate continue di arresti del partito palestinese Fatah contro Hamas e viceversa, che sono ricominciate subito dopo i dieci giorni di conflitto a Gaza. O dei ringraziamenti pubblici fatti da Hamas al termine della guerra, rivolti all’Iran “che ci ha fornito soldi e armi”. O della notizia che Hamas ha di nuovo riallacciato i rapporti con il regime siriano di Bashar el Assad, che ha una sezione apposita dei servizi segreti per dare la caccia ai palestinesi. O delle proteste di piazza contro l’Autorità nazionale palestinese, che si sono scatenate pochi giorni fa dopo la morte in carcere per percosse di un dissidente, Nizar Banat, che aveva denunciato la corruzione dell’establishment nella West Bank. Sono state represse con violenza. O della sezione 152 del codice penale in vigore nella Striscia di Gaza, che punisce i gay con dieci anni di carcere. 

Le foto in queste pagine sono prese dai social media di Hamas e di un altro gruppo armato della Striscia di Gaza, il Jihad islamico. Si riferiscono ai due campi estivi per bambini che si sono appena conclusi. Mostrano il momento delle iscrizioni e alcune delle attività, che ruotano tutte attorno alla guerra e all’indottrinamento. Non sono foto rubate, anzi, i due gruppi le hanno messe con orgoglio sui propri canali social. Fanno parte di tutto quello che i media convenzionali vedono e seguono, perché si occupano di Gaza tutto l’anno e non soltanto durante i dieci giorni di guerra quando l’attenzione sale e le interazioni sui social media si fanno frenetiche. Quindi si è creato questo sbilanciamento bizzarro. Se la ong Human Rights Watch accusa Israele di “apartheid” i media riportano la notizia, come pure danno conto delle vittime dei bombardamenti e del resto. I social invece sono selettivi. Prendono soltanto quello che vogliono e quello che vogliono non mette mai in crisi la loro versione dei fatti. E nel resto del tempo accusano i media di essere parziali, di non dare le informazioni e di obbedire a una non meglio specificata censura. I social in questo caso non offrono più informazioni: ne offrono meno. 

Torniamo alle foto.  Hamas le ha pubblicate perché vuole essere vista così. E’ un’organizzazione di irriducibili che rifiutano i negoziati e vogliono una guerra definitiva con lo scopo dichiarato di distruggere Israele. E addestrano le nuove generazioni a fare lo stesso.  Oltre alle foto hanno diffuso anche i video girati durante i campi estivi: si vedono i ragazzini giocare a catturare un altro ragazzino vestito da soldato israeliano. Non è materia da social, non attira attenzione, arriva fuori tempo massimo rispetto ai giorni della guerra quando a molte voci sembrava così urgente spiegare il conflitto in bianco e nero, i buoni e i cattivi. Tocca ai media vecchia scuola prendere le immagini direttamente dai siti del gruppo terroristico Hamas e pubblicarle, in attesa della prossima fiammata di violenza. 
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)