Il presidente americano Joe Biden e il primo ministro inglese Boris Johnson (LaPresse) 

In Cornovaglia

Il primo incontro tra Biden e Johnson resta speciale

Paola Peduzzi

BoJo accoglie il presidente degli Stati Uniti per il G7 nel mezzo della guerra delle salsicce con l’Ue. Il dibattito su "special"

Joe Biden è arrivato al suo primo G7 da presidente degli Stati Uniti e ha incontrato il padrone di casa, Boris Johnson, il premier britannico anche lui esordiente come leader dell’unico paese che ha voluto e ottenuto il divorzio dall’Unione europea. Poiché l’affare Brexit ha da sempre scarso tempismo ma un gran senso dello spettacolo, proprio mentre Biden arrivava in Cornovaglia è fallito il negoziato tra Londra e Bruxelles sul Protocollo nordirlandese, che è il tormento di questo divorzio e pare senza soluzione. Anzi, si è trasformato nella “guerra delle salsicce” perché riguarda lo spostamento delle carni refrigerate tra il Regno Unito e l’Irlanda del nord e i controlli alla frontiera.

 

Al grido: cos’hanno le nostre salsicce che non va bene?, gli inglesi accusano gli europei di essere troppo rigidi, mentre gli europei rispondono che Londra continua a non rispettare gli accordi e a trovare modi per aggirare le regole. E qui arriva Biden. Gli europei lo aspettavano: il presidente americano ha avuto la fortuna di arrivare a cose fatte sul divorzio, ma da sempre dice che la Brexit è potenzialmente molto pericolosa per il futuro dell’Irlanda (Biden è di origini irlandesi) e per il commercio internazionale. Per questo gli europei si aspettavano una ramanzina a Johnson, anche solo perché dicesse chiaro che i tempi del trumpismo filoBrexit sono finiti. 

 

Biden è stato  preceduto dal lavoro dei suoi diplomatici che hanno fatto arrivare messaggi espliciti ai negoziatori inglesi, in particolare a quel David Frost che l’Ue non digerisce più e che invece Johnson si porta appresso ovunque: state “infiammando” le tensioni sull’isola d’Irlanda, hanno detto gli americani secondo il Times, formulando quella che viene chiamata “reprimenda formale” agli inglesi. A quel punto è stato facile per Biden non insistere troppo, ha detto che ci deve essere collaborazione per evitare che vengano messi in discussione gli accordi di pace del Venerdì santo. La voce grossa la faranno comunque gli europei, la relazione tra Washington e Londra è salvaguardata.

In realtà è la relazione speciale che molti paesi, nei decenni, hanno invidiato e detestato, il tema più dibattuto del momento, oltre la Brexit e oltre il G7. C’è quasi un torneo fra i commentatori tra chi scommette che nessuno, né Biden né Johnson, ci tiene alla parola “special” e chi dice che invece viene detta con orgoglio. Un giornalista di Politico ha offerto Nutella gratis a tutti se qualcuno avesse detto “special”. In un’intervista-ritratto di quelli cui faremo riferimento per molto tempo, Tom McTague dell’Atlantic racconta che Johnson ha un brutto rapporto con l’espressione “special relationship” perché vede in quello speciale non l’esclusività bensì “la debolezza e il bisogno”. In sostanza, il Regno Unito, se dici “special”, si sente meno forte, meno alla pari degli Stati Uniti.

 

Appena atterrato in terra britannica, Biden ha lanciato la sua alleanza delle democrazie – “l’America è tornata e le democrazie del mondo stanno insieme. Nessuna nazione può affrontare da sola le sfide che abbiamo davanti” – e poi ha detto che tra Stati Uniti e Regno Unito “c’è l’alleanza militare e politica più forte nella storia del mondo”. Biden all'inizio non ha detto “special”, insomma e così è partito il torneo.

 

Ma è finito presto, perché l'incontro è stato all'insegna dell'unità e sì, siamo speciali. Johnson e Biden hanno voluto riprendere simbolicamente la Carta atlantica siglata da Churchill e Roosevelt nel 1941 (l’hanno anche consultata insieme negli archivi di Cambridge) per riaffermare l’importanza della sicurezza collettiva, garantita da un commercio libero ma anche sostenibile, dalla battaglia “green” e dai valori democratici. Poi c’è anche la vita quotidiana e la restaurazione della normalità, pure se le prospettive americane e inglesi in questo senso divergono: l’America combatte contro lo scetticismo nei confronti del vaccino, mentre il Regno Unito ha un problema che sta diventando sempre più visibile con la recrudescenza della variante indiana. Però l’accordo tra Biden e Johnson è quello di riaprire il prima possibile un corridoio aereo per i voli internazionali, connettersi e viaggiare, come si faceva prima e ancor più come si dovrà fare ora che il sogno del premier britannico è quello di un paese globale. La relazione “speciale” sarà pure di aiuto, chissà se si può dire. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi