In un mondo competitivo

Così Johnson costruisce la "Global Britain"

Il premier britannico ha presenato la sua riforma radicale della politica estera post Brexit, 114 pagine per descrivere come cambiano il ruolo e gli obiettivi del Regno Unito

Cristina Marconi

Il Regno Unito dovrà "reimparare l’arte di competere con paesi che hanno valori opposti", a partire dalla Cina, che non si può ignorare nonostante rappresenti "la più grande sfida sistemica" alla sicurezza economica. La Russia è "minaccia attiva", la più "acuta" secondo il documento, intitolato "Il Regno Unito globale in un mondo competitivo"

Sorvolando l’Unione europea di cui non è ormai più parte, la Britannia Globale guarda all’oriente indo-pacifico per il suo futuro, visto che è lì che si trovano i "motori di crescita" del mondo. E torna a rafforzare il suo arsenale di armi nucleari, invertendo il processo in corso e avviando "il più grande programma di investimento in difesa dalla fine della Guerra fredda", grazie ai 17 miliardi di euro annunciati a novembre.

 

Sono queste due delle novità contenute nella Revisione integrata delle priorità britanniche nei settori della sicurezza, della difesa, dello sviluppo e della politica estera fino al 2030 presentata oggi dal governo britannico come una radicale riforma della sua politica estera post Brexit

 

Affrontando il nodo principale, ossia le possibili alleanze future, il premier Boris Johnson ha spiegato che ora il Regno Unito dovrà "reimparare l’arte di competere con paesi che hanno valori opposti", a partire dalla Cina, che non si può ignorare nonostante rappresenti "la più grande sfida sistemica" alla sicurezza economica del Regno Unito. La Russia rappresenta invece una "minaccia attiva", la più "acuta" secondo il documento, intitolato "Il Regno Unito globale in un mondo competitivo". 

 

Frutto del lavoro di un anno, il testo è lungo 114 pagine. Ecco i punti principali: 

 

NUCLEARE - Il piano del 2010 di ridurre le riserve di armi nucleari entro la metà del decennio in corso, portandole a 180, è stato abolito: al contrario, il limite verrà messo a 260. Un aumento del 40 per cento deciso per via di un "contesto di sicurezza in evoluzione" rispetto a dieci anni fa, con molti paesi che stanno "aumentando e diversificando in modo significativo il proprio arsenale nucleare".

 

TERRORISMO - Il documento ritiene "probabile" che ci sia un attacco terroristico chimico, biologico o nucleare entro il 2030. L’origine potrebbe essere islamista, nordirlandese, di estrema destra, di estrema sinistra, anarchica o legata a una causa singola. Il governo vuole creare un nuovo centro operativo per l’antiterrorismo per migliorare la risposta agli attacchi terroristici. Downing Street si doterà anche di una “situation room” da dove gestire le crisi sul modello di quanto avviene alla Casa Bianca. Secondo il documento, il governo deve migliorare nella sua capacità di individuare le minacce che operano in una zona grigia che non porta alla guerra ma da cui possono nascere situazioni di conflitto.

Aumentano i fondi per l’intelligence. 

 

SCIENZA - L’obiettivo è di far diventare il Regno Unito una "superpotenza scientifica e tecnologica" entro la fine del decennio. Il rischio di un’altra pandemia è visto come una "possibilità realistica".

 

CLIMA - La lotta al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità è la priorità internazionale assoluta e per questo ci vuole la cooperazione di Pechino. 

 

ALLEANZE - Il Regno Unito si affaccerà sulla regione Indo-Pacifica per rafforzare legami commerciali e diplomatici. Il documento ribadisce l’obiettivo di "ravvivare la cooperazione multilaterale", anche se dopo il Covid c’è il rischio di trovarsi un ordine "sempre più contestato e frammentato". 

 

CINA - La Cina è un "concorrente sistemico", secondo il documento, che spiega come "la sua crescita di statura internazionale sia di gran lunga il fattore geopolitico più significativo nel mondo al momento", con implicazioni importanti per il Regno Unito: la sua modernizzazione militare e la sua crescente sicurezza sul piano internazionale "rappresentano un rischio crescente per gli interessi britannici". Ma per il resto il documento non è duro nei confronti di Pechino, sebbene Johnson abbia ricordato le prese di posizione di Londra in passato, sia condannando la "detenzione di massa" degli uiguri, sia sulla questione di Hong Kong. "Non c’è dubbio che la Cina rappresenterà una grande sfida per una società aperta come la nostra", spiega il documento, che però osserva la necessità di cooperare su temi come il cambiamento climatico. Dai falchi anti-Cina del partito al leader dell’opposizione Sir Keir Starmer, in molti hanno sottolineato "l’incoerenza" della posizione ambigua di Johnson. Il ministro degli Esteri Dominic Raab ha spiegato che "non sarebbe fattibile iniziare una vecchia, superata guerra fredda con la Cina", con cui, almeno al momento, non intende cercare un accordo di libero scambio.

 

NATO - L’alleanza atlantica rimane comunque il pilastro della sicurezza del paese – la precondizione della strategia di Boris è che i cittadini britannici siano al sicuro così come la regione euro-atlantica - e il Regno Unito rimane "fermamente impegnato" nella Nato. 

 

SOFT POWER - Il paese vuole contribuire a creare l’ordine internazionale del futuro, con regole per proteggere i valori democratici nel mondo reale ma anche nello spazio e nello spazio cibernetico. La spesa per gli aiuti internazionali, secondo le promesse di Boris, dovrebbe tornare allo 0,7 per cento del pil, dopo essere stata tagliata allo 0,5%, "appena la situazione di bilancio lo permetterà". L’influenza all’estero verrà coltivata, oltre che con la rete diplomatica e il British Council, anche con le campagne sull’istruzione delle ragazze e sulla libertà religiosa e dei media.  

 

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