Salta la visita (per ora) dell'israeliano Netanyahu negli Emirati Arabi Uniti

Daniele Raineri

L'incontro storico con l'emiro Bin Zayed si farà presto, si parlerà molto di difesa missilistica da condividere contro l'Iran 

 Il primo ministro d’Israele, Benjamin Netanyahu, ha annullato per la quarta volta un viaggio molto desiderato per andare nel Golfo a incontrare l’emiro Mohammed bin Zayed, leader degli Emirati Arabi Uniti. La visita era prevista per ieri e sarebbe stata storica, la prima di un premier di Israele negli Emirati grazie agli accordi di normalizzazione firmati nell’agosto 2020 – anche se forse Netanyahu aveva già incontrato l’emiro Bin Zayed negli Emirati durante un viaggio segreto nel 2018. La normalità diplomatica di oggi tra Israele e i paesi arabi del Golfo è il risultato di contatti clandestini andati avanti per almeno dieci anni. Ma l’incontro non è avvenuto ieri per  due ragioni pubbliche e forse per altre che non lo sono.  Nella notte di mercoledì la moglie di Netanyahu, Sarah, è stata ricoverata in ospedale per appendicite e ieri mattina c’è stato  un litigio diplomatico con la Giordania quando le guardie di confine israeliane hanno respinto il principe Hussein ibn Abdallah, primogenito del re di Giordania, perché la scorta che lo accompagnava verso Gerusalemme era troppo numerosa. A quel punto la Giordania ha chiuso il suo spazio aereo agli israeliani per ritorsione – e così  ha allungato la rotta verso gli Emirati – e quando l’ha riaperto poche ore dopo la notizia dell’annullamento del viaggio era già uscita. Tutte queste informazioni non sono ufficiali, ma vengono dall’entourage di Netanyahu e sono state rilanciate da Barak Ravid,  giornalista israeliano  di solito bene informato.

 

Gli Emirati non avevano mai confermato la notizia della visita, che sarebbe stata il frutto di una telefonata a Bin Zayed da parte di Netanyahu dieci giorni fa. Il primo ministro israeliano tiene molto a fare questo incontro prima delle elezioni del 23 marzo per ricordare agli elettori i suoi successi diplomatici. Per vincere la riluttanza da parte degli Emirati Arabi Uniti – che non vogliono interferire con le elezioni israeliane – ha mandato il capo del Mossad, Yossi Cohen, che da tempo fa le funzioni di ambasciatore discreto nelle relazioni con i regni arabi del Golfo. 

 

L’emiro Bin Zayed da sedici anni lavora per trasformare gli Emirati da petromonarchia imbelle e viziata dai proventi del greggio a potenza militare regionale capace di condizionare tutto quello che succede nell’area – grazie alle armi e agli addestratori occidentali. Non è chiaro quale contropartita abbia chiesto a Netanyahu per l’incontro, ma negli ultimi mesi si parla con insistenza di un progetto comune di difesa missilistica. Il 15 dicembre Moshe Patel, il capo del programma missilistico di Israele, aveva parlato in pubblico della possibilità di collaborare con alcuni stati del Golfo, non meglio precisati ma tutti sanno che intendeva gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. Patel, quel giorno, aveva presentato un nuovo sistema di difesa capace di intercettare i missili ad altezze differenti e quindi in punti diversi della loro traiettoria. In pratica, se il sistema manca un missile in arrivo può provare di nuovo ad abbatterlo. 

  

In questi anni gli Emirati e soprattutto l’Arabia Saudita sono diventati il bersaglio di attacchi ripetuti con droni e missili da parte di milizie irregolari che agiscono per conto dell’Iran in tutto il medio oriente, dallo Yemen al Libano, ma permettono al governo dell’Iran di negare la sua responsabilità. Anche Israele e le basi americane nella regione (a partire da quelle in Iraq) subiscono questa minaccia ed è soltanto questione di tempo prima che questo progetto comune diventi reale – nel giro di pochi mesi dopo la firma degli accordi di Abramo. Può sembrare una traiettoria rapida, ma ogni settimana ci sono nuovi attacchi contro obiettivi come raffinerie e aeroporti e la difesa condivisa è un’evoluzione quasi naturale. Se l’Amministrazione Biden dirà di sì, i regni del Golfo oltre a mettere ingenti risorse finanziarie nel progetto possono anche mettere a disposizione basi per la sorveglianza che sono vicinissime alle coste dell’Iran.
 
 

Di più su questi argomenti: