Napoleone ritratto durante la battaglia di Wagram da Horace Vernet (foto Wikimedia commons) 

C'è una parte della Francia che vorrebbe cancellare Napoleone

Mauro Zanon

Sessista, razzista, colonizzatore nonché il francese più famoso del mondo. Il prossimo 5 maggio ci sarà il bicentenario della morte, terreno scivoloso per Macron.

Per alcuni sarà il discorso più importante dell’anno, per altri, addirittura, il più importante del quinquennio, perché negli occhi dei francesi ci sono le presidenziali del 2022, e tutto ciò che può condizionarle. Il prossimo 5 maggio, in occasione del bicentenario della morte di Napoleone, il presidente Emmanuel Macron sarà chiamato a un grande esercizio di equilibrio per commemorare il primo imperatore di Francia, finito al centro di una spietata “guerra memoriale” che oppone napoleonisti pronti a celebrarlo con libri, mostre e documentari, e quelli che lo ricordano soltanto per aver ripristinato la schiavitù. Dei primi fa parte Thierry Lentz, direttore della Fondation Napoléon. “L’agenda di quelli che entrano in azione è volta a promuovere la cancel culture e il disamore per la nazione. L’imperatore è il loro bersaglio ideale dopo le prove generali con Colbert e Giovanna d’Arco”, dice Lentz. Il riferimento è a Franco Lollia, attivista della brigade antinégrophobie, che di recente ha imbrattato la statua di Colbert davanti all’Assemblea nazionale con la scritta “Négrophobie d’État”, ma anche alla statua equestre di Napoleone insozzata a La Roche-sur-Yon e a quella della moglie Giuseppina, abbattuta a Fort-de-France, in Martinica. 

 

Dallo scorso anno, Napoleone figura nella lista degli arcinemici del movimento Black lives matter. “La Francia è l’unico paese al mondo che ha ristabilito la schiavitù. Non capisco come si possa continuare a celebrare la sua memoria come se nulla fosse. Insegnare Napoleone va bene, ma commemorarlo significa fare l’apologia di un crimine”, ha attaccato Louis-Georges Tin, presidente onorario del Cran (Consiglio rappresentativo delle associazioni nere di Francia). Sulla stessa scia, la politologa e femminista Françoise Vergès ha affermato che Napoleone era soltanto un “razzista, sessista, dispotico, militarista, colonizzatore”, senza menzionare il Codice civile, i licei, il sistema dei prefetti, la Legion d’onore, il Concordato, la Banca di Francia, la Corte dei conti e le altre innovazioni che portarono la Francia a essere, nel primo Ottocento, l’epicentro della modernità.

   

Vergès, Tin e Lollia sono i volti di quel movimento decoloniale che preoccupa il governo di Parigi. “E’ un movimento minoritario, ma maggioritario a livello mediatico”, secondo le parole di un consigliere di Macron. Per l’esposizione alla Grande Halle de la Villette, stando alle informazioni del Parisien, verrà rafforzata la sicurezza in ragione di possibili azioni violente da parte dei militanti della cancel culture. I deliri decolonialisti di una certa Francia indignano anche una stimata figura della gauche come Laurent Joffrin, ex direttore di Libération: “Sarebbe ridicolo cancellare Napoleone dalla memoria nazionale, dato che è il francese più famoso del mondo. La sua gloria è universale. Com’è possibile non organizzare nulla in una città come Parigi, dove i ricordi del Consolato e dell’Impero sono dappertutto? La gare d’Austerlitz, il pont d’Iéna, l’arco di Trionfo, rue de Rivoli (…). Dimenticare tutto ciò significherebbe comportarsi come Stalin, che cancellava la storia dei suoi oppositori”. Il terreno è scivoloso per Macron. E nel governo non fanno molto per aiutarlo. La scorsa settimana, la ministra per le Pari opportunità, Élisabeth Moreno, ha detto che Napoleone è stato “uno dei più grandi misogini” della storia.

Di più su questi argomenti: