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La bugia tragica della studentessa che per prima accusò il prof. Paty

Mauro Zanon

Le accuse di islamofobia contro il professore di storia e geografia ucciso lo scorso ottobre sono inventate. La verità rivelata dal Parisien: "Non ero presente il giorno delle caricature”, ha confessato l'adolescente agli inquirenti

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Samuel Paty, decapitato per una menzogna. E’ la spietata realtà che emerge da un articolo pubblicato dal Parisien, secondo cui la giovane studentessa all’origine delle accuse di islamofobia contro il professore di storia e geografia, ucciso lo scorso ottobre dal terrorista Abdoullakh Anzorov, si sarebbe inventata tutto. “Non ero presente il giorno delle caricature”, ha confessato agli inquirenti Z. Chnina, sotto inchiesta per “denuncia calunniosa” dal 25 novembre. Le accuse dell’adolescente erano state la scintilla che aveva scatenato la rappresaglia ai danni dell’insegnante della scuola di Conflans-Sainte-Honorine. Ma lei, la mattina in cui Paty tenne il suo famoso corso sulla libertà d’espressione, mostrando in classe le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, non era presente. “Le terribili confessioni di un’adolescente”, scrive il Parisien. Terribili anche perché la bugia dalle conseguenze tragiche è nata da un problema di natura familiare che non aveva nulla a che vedere con l’islam.

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Samuel Paty, decapitato per una menzogna. E’ la spietata realtà che emerge da un articolo pubblicato dal Parisien, secondo cui la giovane studentessa all’origine delle accuse di islamofobia contro il professore di storia e geografia, ucciso lo scorso ottobre dal terrorista Abdoullakh Anzorov, si sarebbe inventata tutto. “Non ero presente il giorno delle caricature”, ha confessato agli inquirenti Z. Chnina, sotto inchiesta per “denuncia calunniosa” dal 25 novembre. Le accuse dell’adolescente erano state la scintilla che aveva scatenato la rappresaglia ai danni dell’insegnante della scuola di Conflans-Sainte-Honorine. Ma lei, la mattina in cui Paty tenne il suo famoso corso sulla libertà d’espressione, mostrando in classe le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, non era presente. “Le terribili confessioni di un’adolescente”, scrive il Parisien. Terribili anche perché la bugia dalle conseguenze tragiche è nata da un problema di natura familiare che non aveva nulla a che vedere con l’islam.

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Stando alle informazioni del quotidiano parigino, Z. Chnina, complessata per gli eccellenti risultati scolastici della sorella gemella, non avrebbe avuto il coraggio di dire al padre Brahim il vero motivo della sua esclusione dalla classe, ossia la sua cattiva condotta (assenteismo cronico). L’allieva decide così di inventarsi una storia, accusando il suo insegnante di “stigmatizzazione dei musulmani” per il corso sulla libertà d’espressione del 6 ottobre. Secondo la sua versione, falsa, Samuel Paty avrebbe ordinato ai suoi allievi musulmani di alzare la mano e di uscire dalla classe, per poter mostrare alcune vignette di Charlie Hebdo che ritraevano Maometto. Lei avrebbe espresso la sua contrarietà all’iniziativa di Paty, e per questo sarebbe stata esclusa per due giorni. “Ha affermato che perturbavo la lezione e mi ha detto ‘esci di qui’”, aveva dichiarato ai poliziotti di Conflans-Sainte-Honorine l’8 ottobre, quando si era presentata al commissariato per denunciare il professore con l’accusa di “diffusione di immagini pornografiche”. Brahim Chnina, fidatosi della figlia, registrò subito un video-denuncia, in cui definiva Paty “un delinquente” e chiedeva al collegio di cacciarlo. Il linciaggio social, aizzato dal genitore e da un militante islamista schedato “S” dai servizi per radicalizzazione, Abdelhakim Sefrioui, ha fatto sì che la polemica scoppiata da una menzogna arrivasse all’orecchio di Abdoullakh Anzorov, il diciottenne di origine cecena che da diversi mesi manifestava velleità di commettere atti terroristici sul suo account Twitter. E il 16 ottobre si è verificato l’indicibile.

 

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“Non pensavo che i miei messaggi potessero essere letti da alcuni terroristi”, dice oggi Brahim Chnina, sotto inchiesta per “complicità in attentato terroristico”. Gli inquirenti della sotto-direzione antierrorismo (Sdat) avevano scoperto che la versione di Z. Chnina non corrispondeva alla realtà dopo aver interrogato alcuni suoi compagni del collège du Bois d’Aulne. Inoltre, contrariamente a quanto affermato da Z. Chnina, Paty non avrebbe costretto nessun allievo musulmano ad abbandonare l’aula, proponendo invece con molta cortesia a quelli che potevano sentirsi turbati di chiudere gli occhi. Posta in stato di fermo il 23 novembre, Z. Chnina ribadisce le sue accuse all’insegnante. Messa di fronte alle testimonianze dei suoi compagni, insiste e dice che sono loro a mentire. Cede soltanto in occasione del penultimo interrogatorio, quando emergono le ragioni profonde di quella maledetta bugia, costata la vita a un professore di storia e geografia.

 

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