AlexeyIl dissidente russo Alexei Navalny all'interno di una gabbia di vetro, prima di un'udienza presso il tribunale, a Mosca lo scorso 20 febbraio (Ansa)

Editoriali

La coscienza (sporca) di Amnesty

Redazione

L’organizzazione rivede lo status di Navalny per suoi discorsi di anni fa

Amnesty international ha revocato ad Alexei Navalny lo status di “prigioniero di coscienza” per alcuni discorsi pronunciati più di dieci anni fa. Che Navalny abbia flirtato con partiti nazionalisti è cosa nota, si sapeva anche quando, di ritorno dalla Germania, è stato arrestato all’aeroporto di Mosca e Amnesty decise di dargli lo status di “prigioniero di coscienza”. All’organizzazione sono arrivate molte segnalazioni in queste settimane che documentavano il passato di Navalny, ha deciso di ascoltarle e ha sentenziato che l’oppositore “non può essere un prigioniero di coscienza” perché lo è solo chi “non sostiene mai la violenza né usa discorsi di odio”, ha detto alla testata online Mediazona uno dei portavoce dell’organizzazione. Ieri in un comunicato Amnesty ha chiarito che le frasi del passato comunque non giustificano “la sua detenzione attuale, che è puramente motivata politicamente”.

 

Navalny è un personaggio controverso, spesso erroneamente dipinto come il rappresentante di un’opposizione filo europea e filo occidentale. Ma adesso Navalny è soprattutto l’uomo che ha subìto un tentativo di avvelenamento per mano di uomini dei servizi segreti russi, che è stato arrestato senza un valido motivo e che è stato condannato a due anni e mezzo da trascorrere in una colonia penale attraverso un processo ingiusto e parziale. In questo momento il nazionalismo e tutti i suoi discorsi antidemocratici finiscono in secondo piano perché Navalny è il rappresentante di un’opposizione che il Cremlino vuole silenziare. Amnesty international, un’organizzazione che si occupa dei diritti umani, togliendogli lo status di “prigioniero di coscienza” ha contribuito a oscurare i torti e le ingiustizie che il regime russo sta compiendo contro un suo cittadino, che non importa se sia democratico o antidemocratico, nazionalista o internazionalista, è prima di tutto un oppositore in prigione e Amnesty, collaborando alla campagna contro di lui, si è prestata a trasformarsi in uno strumento della propaganda del Cremlino.

 

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