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New York contro Amazon, di nuovo

Luciana Grosso

Dopo le denunce di circa 250 lavoratori degli impianti di Staten Island e del Queens, il colosso della distribuzione è accusato di non proteggere i suoi dipendenti dal contagio da Covid all’interno di uffici e magazzini. I contorni della lotta politica 

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Può sembrare un paradosso, ma la città dove ci si può far consegnare qualunque cosa e la società che consegna qualunque cosa, da tempo non si sopportano (qualcuno ricorderà la questione della nuova sede di Amazon, prevista a New York) ma mai come in questi giorni erano volati gli stracci. La procuratrice generale dello stato, la democratica (tendenza Sanders) Letitia James ha aperto un fascicolo contro Amazon con l’accusa, pesantissima, di non aver né saputo né soprattutto voluto, proteggere i suoi dipendenti dal contagio da Covid all’interno di uffici e magazzini. Non solo, secondo James, Amazon avrebbe anche tenuto una condotta intimidatoria, tramite licenziamenti arbitrari, nei confronti dei dipendenti che osavano lamentarsi o chiedere maggiori garanzie sanitarie. 

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Può sembrare un paradosso, ma la città dove ci si può far consegnare qualunque cosa e la società che consegna qualunque cosa, da tempo non si sopportano (qualcuno ricorderà la questione della nuova sede di Amazon, prevista a New York) ma mai come in questi giorni erano volati gli stracci. La procuratrice generale dello stato, la democratica (tendenza Sanders) Letitia James ha aperto un fascicolo contro Amazon con l’accusa, pesantissima, di non aver né saputo né soprattutto voluto, proteggere i suoi dipendenti dal contagio da Covid all’interno di uffici e magazzini. Non solo, secondo James, Amazon avrebbe anche tenuto una condotta intimidatoria, tramite licenziamenti arbitrari, nei confronti dei dipendenti che osavano lamentarsi o chiedere maggiori garanzie sanitarie. 

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L’impianto dell’accusa di James si basa sulle denunce di circa 250 lavoratori degli impianti di Staten Island e del Queens. Di questi 250, almeno 90, sostengono di aver contratto il virus sul luogo di lavoro dove, dicono, mancavano sanificazione, aerazione, distanze e soprattutto tracciamento dei contatti dei positivi. 

 

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La questione però, anche se è arrivata in tribunale solo ora, ha un pesante precedente. La scorsa primavera, Christian Small, un lavoratore di Staten Island era stato licenziato dopo aver organizzato, nel parcheggio del magazzino, una protesta (rigorosamente nei minuti di pausa per il pranzo, non durante l’orario di lavoro) nella quale si chiedeva la chiusura temporanea della struttura e la sua igienizzazione. Per tutta risposta alla sua protesta Small ottenne solo di essere licenziato in tronco, con la ragione di aver violato la quarantena cui era tenuto, poiché positivo asintomatico.

 

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La cosa, come è logico aspettarsi, non passò inosservata, tanto che, il sindaco Bill de Blasio ordinò al commissario per i diritti umani della città di indagare sulla vicenda e la procuratrice chiese un'indagine sindacale federale sul licenziamento.

 

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Ora, più di sei mesi dopo quel primo scontro, le tensioni non si sono ancora placate e, anzi, si è arrivati al redde rationem. Non solo perché James ha deciso di portare Amazon in tribunale, ma anche perché, due giorni prima dell’azione della procuratrice, Amazon stessa aveva preventivamente denunciato la procuratrice, sostenendo che non faccia parte dei suoi compiti disquisire sulle misure di protezione da Covid sul lavoro, che sono invece di competenza federale. 

 

 

Non solo: sempre secondo Amazon James avrebbe "minacciato di citare in giudizio" Amazon se non avesse acconsentito alle sue richieste, tra cui sovvenzionare il servizio di autobus, ridurre i requisiti di produttività dei lavoratori e reintegrare Smalls. Misure che Amazon non ritiene necessarie, a fronte del fatto che, secondo l’azienda le sue misure di sicurezza "superano di gran lunga quanto richiesto dalla legge". Ora la palla passerà a giudici e tribunali. Ma difficilmente, qualunque siano le decisioni che verranno prese, New York e Amazon riusciranno a fare pace. Perché se c’è una cosa che la pandemia ha paradossalmente insegnato a New York è il prezzo del delivery.

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