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la “french connection”

I nomi, le parole e i perni dell’intesa tra Draghi e Macron

Mauro Zanon

Ci sono personaggi che tornano sempre quando si indaga la “french connection” di SuperMario

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C’è un nome che ritorna sempre nelle conversazioni quando a Parigi chiedi quali sono i rapporti di Mario Draghi con la Francia: è quello di Arnaud Marès, oggi capo economista per l’Europa di Citigroup, multinazionale americana di banche di investimento e servizi finanziari, ma dal 2012 al 2017 braccio destro dell’ex presidente della Banca centrale europea. “E’ una figura centrale nella rete dei fedelissimi di Draghi”, dice al Foglio Pierre de Gasquet, grand reporter del quotidiano economico Les Echos. Marès, 51 anni, con esperienze in Moody’s e Morgan Stanley, è stato uno degli uomini chiave durante il mandato di Draghi alla Bce, e nonostante le loro traiettorie si siano separate nel settembre 2017, il loro rapporto di fiducia e di lavoro, seppur a distanza, prosegue. “Marès lavora ancora per Draghi, dando il suo contribuito per alcuni testi e documenti”, dice De Gasquet.  “E’ una delle sue plume”, conferma al Foglio un’altra fonte che preferisce rimanere anonima. 

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C’è un nome che ritorna sempre nelle conversazioni quando a Parigi chiedi quali sono i rapporti di Mario Draghi con la Francia: è quello di Arnaud Marès, oggi capo economista per l’Europa di Citigroup, multinazionale americana di banche di investimento e servizi finanziari, ma dal 2012 al 2017 braccio destro dell’ex presidente della Banca centrale europea. “E’ una figura centrale nella rete dei fedelissimi di Draghi”, dice al Foglio Pierre de Gasquet, grand reporter del quotidiano economico Les Echos. Marès, 51 anni, con esperienze in Moody’s e Morgan Stanley, è stato uno degli uomini chiave durante il mandato di Draghi alla Bce, e nonostante le loro traiettorie si siano separate nel settembre 2017, il loro rapporto di fiducia e di lavoro, seppur a distanza, prosegue. “Marès lavora ancora per Draghi, dando il suo contribuito per alcuni testi e documenti”, dice De Gasquet.  “E’ una delle sue plume”, conferma al Foglio un’altra fonte che preferisce rimanere anonima. 

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L’attuale capo economista di Citi è soltanto una delle figure di primo piano che costituiscono la “french connection” di Mario Draghi, la galassia di sostenitori e consiglieri ombra con passaporto francese che rafforzano i rapporti tra il suo entourage e l’establishment parigino. Alain Minc, economista, intellettuale, molto vicino al presidente Emmanuel Macron e fine conoscitore dell’Italia, è forse il più grande ammiratore di Draghi all’interno dell’élite francese. Non perde occasione per indicare il predecessore di Christine Lagarde come un punto di riferimento. In un’intervista a Libération sulla questione del debito francese, rilasciata a metà gennaio, Minc ha detto: “Come Mario Draghi, l’ex presidente della Banca centrale europea, penso che ci sia un debito buono e un debito cattivo”. Condividendo, insomma, il fulcro del Draghi-pensiero. “La sua parola conta più che mai in un momento di trasformazione del pensiero economico come questo, perché entriamo in un universo molto difficile da prevedere”, ha aggiunto Minc a Les Echos. 

  
Anche Olivier Blanchard “è fondamentale”, dice al Foglio Pierre de Gasquet. Professore al Mit di Boston ed ex capo economista del Fondo monetario internazionale durante la crisi finanziaria e la crisi del debito greco, Blanchard, 71 anni, ha elogiato “la capacità di mettere in discussione i dogmi” e il “talento diplomatico” di cui ha dato prova Draghi quando era al vertice della Bce. “La  forza di Draghi è quella di essere allo stesso tempo economista e banchiere centrale. E’  molto sicuro della sua diagnosi. Ha la tempra intellettuale e il coraggio necessario per passare dalla teoria all’azione”, ha dichiarato a Les Echos l’economista marsigliese Natacha Valla, passata dalla Bce prima di essere nominata rettore dell’École du management et de l’innovation de Sciences Po lo scorso settembre. 

  
Benoît Cœuré, membro del direttorio della Bce dal 2012 al 2019, oggi al vertice del polo innovazione della Banca dei regolamenti internazionali, è un altro economista frenchie legatissimo a Draghi. Alla Bce era considerato come “il ministro degli Esteri” di Super Mario, e figurava tra i favoriti per prendere il suo posto alla guida della Bce: ma alla fine, si sa, l’ha spuntata Christine Lagarde

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E’ di dominio pubblico che l’attuale presidente della Bce sia stata molto aiutata e consigliata da Draghi nei primi mesi del suo mandato. “Mario è un grande esperto dei mercati, lei non lo è”, ha detto a Les Echos una persona che li conosce bene. Ma tra i due c’è un’ottima relazione, entrambi hanno un legame forte con gli Stati Uniti (lui con il Mit a Boston, lei con Baker & McKenzie a Chicago), anche se i loro stili sono agli antipodi. Secondo uno dei ghostwriter dell’ex presidente della Bce, Mario Draghi è “gesuita e misterioso” tanto quanto Christine Lagarde è “cash” all’americana, lui “per scrivere i suoi discorsi procede spesso per sottrazione, come faceva Michelangelo con le sue sculture” e “non ha mai voluto Twitter”, lei “adora la televisione e i social network” e la sua forza è riuscire “a vendere la zuppa impossibile della politica monetaria al grande pubblico”. 

 
A Parigi, come scrive Les Echos, Draghi è visto come un “Jacques Delors italiano”, ma anche come un “Larry Summers europeo”, dal nome dell’economista-star americano e segretario al Tesoro dell’èra Clinton. “Alla fine del mandato alla Bce, Macron e Merkel erano in totale ammirazione dinanzi a Draghi, alla sua arte di essere conciso e di andare dritto al punto, catturando allo stesso tempo l’attenzione della platea. Impressionava Macron e rassicurava Merkel. Ha un vero dono: un’intuizione formidabile su come funzionano i mercati e sulla direzione in cui soffia il vento”, ha detto a Les Echos un ex collaboratore di Super Mario. 

  
Secondo alcuni osservatori parigini, nonostante l’ammirazione profonda che nutre verso Draghi, l’inquilino dell’Eliseo, ora che l’ex presidente della Bce sta per diventare primo ministro italiano, teme che possa rubargli la scena da frontman del nuovo rinascimento europeo. Secondo Pierre de Gasquet, invece, “Macron non vede Draghi come una minaccia. Lo considera un saggio, un alleato per l’Europa e anche personale. Si conoscono bene e la loro esperienza da banchieri li avvicina”. Anche la cancelliera tedesca apprezza Draghi, “ma c’è meno convergenza di vedute rispetto a quanta non ce ne sia con Macron”, dice De Gasquet.  All’Eliseo, da settembre, il capo della comunicazione è Clément Leonarduzzi, ex presidente di Publicis Consultants, di origini italiane, che secondo i beninformati, anche per la sua padronanza della lingua di Dante, facilita il passaggio di informazioni tra l’entourage di Draghi e Macron. “In Francia ci sono pochissime crepe anti Draghi nell’establishment”, dice Pierre de Gasquet, “Patrick Artus, capo economista di Natixis, è l’unico volto noto ad aver espresso dubbi sulla strategia di Draghi alla Bce. Ma è assolutamente minoritario”.

  

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