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I nuovi piani di Lukashenka per reprimere la protesta tenace di Minsk

L'opposizione cerca di mantenere alta l'attenzione internazionale. L'idea di campi per prigionieri politici e la polizia che abbandona il dittatore

Micol Flammini

Le manifestazioni in Bielorussia vanno avanti da sei mesi, sempre pacifiche e sempre determinate. La violenza del regime aumenta e cerca strade diverse 

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Roma. Le proteste in Bielorussia sono arrivate, oggi, al loro sesto mese consecutivo. E manifestare, per i bielorussi, vuol dire scendere in strada ogni fine settimana, a volte anche durante la settimana, prepararsi per eventuali arresti,  botte e  torture da parte delle forze speciali. Il copione è sempre lo stesso, non è mutato neppure lo spirito pacifico e battagliero dei manifestanti, convinti che sarà la tenacia a far capire al dittatore Aljaksandr Lukashenka che dovrà andarsene, che può tenersi stretto il potere quanto vuole, ma ormai, per la maggioranza dei bielorussi, non è più lui il loro presidente. 

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Roma. Le proteste in Bielorussia sono arrivate, oggi, al loro sesto mese consecutivo. E manifestare, per i bielorussi, vuol dire scendere in strada ogni fine settimana, a volte anche durante la settimana, prepararsi per eventuali arresti,  botte e  torture da parte delle forze speciali. Il copione è sempre lo stesso, non è mutato neppure lo spirito pacifico e battagliero dei manifestanti, convinti che sarà la tenacia a far capire al dittatore Aljaksandr Lukashenka che dovrà andarsene, che può tenersi stretto il potere quanto vuole, ma ormai, per la maggioranza dei bielorussi, non è più lui il loro presidente. 

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Lukashenka pretende di aver vinto le elezioni del 9 agosto scorso, ha proclamato la sua vittoria senza dati alla mano ma,  secondo i dati diffusi da uno spoglio indipendente condotto in alcuni seggi del paese, ad aver vinto sarebbe stata invece la leader dell’opposizione, Svjatlana Tikhanovkaja, che vive in esilio in Lituania e cerca di tenere l’attenzione internazionale, soprattutto europea, ben vigile sul tema bielorusso. Perché se c’è una cosa che è cambiata è il richiamo esplicito all’Ue. Prima tra chi manifestava c’era un senso di distacco nei confronti dei paesi stranieri che guardavano le proteste, i manifestanti si tenevano equidistanti tanto dall’Ue quanto da Mosca. Ma ormai si sono avvicinati all’Unione, sanno che Mosca ha i suoi guai e soprattutto è ormai convinta che Lukashenka sia più facile da gestire rispetto a un nuovo leader. Tikhanovskaja ha indetto per lo scorso fine settimana il giorno della solidarietà con la protesta bielorussa e la partecipazione è stata alta. Ma la situazione  non migliora: i manifestanti  continuano a protestare brandendo le bandiere bianco-rosso-bianche ormai bandite, tanti oppositori sono ancora in prigione, come Maria Kolesnikova, arrestata in seguito al suo rifiuto di espatriare. L’importante è mandare a Lukashenka un messaggio chiaro: prima o poi dovrai andartene.  

 

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Sei mesi sono trascorsi anche per il dittatore e i suoi uomini. In agosto Lukashenka si faceva filmare mentre sorvolava le strade di Minsk in aereo e con un kalashnikov in mano chiamava “ratti” i manifestanti. La violenza della polizia si è fatta sempre più forte, i morti sono arrivati a 5, i dispersi sono 76. Mentre chi protesta ha ben in testa cosa vuole ottenere protestando, il dittatore e i suoi non sanno più come liberarsi di questa  Bielorussia tenace e aumentano la repressione di fine settimana in fine settimana. Non sono riusciti a spaventare la piazza, ma sono determinati a reprimerla con sempre più forza. La volontà di spaventare, incarcerare, disperdere la protesta – una volontà ambiziosa perché ormai la piazza di Minsk non è più composta soltanto di giovani ma raccoglie tutti – emerge anche dalla registrazione di una conversazione tra il viceministro dell’Interno, Karpyankov,  e gli uomini delle forze speciali fatta trapelare qualche giorno fa. 

 

Nella registrazione, diffusa da By_Pol Initiative, un gruppo di ex funzionari e funzionari della giustizia e della sicurezza bielorussi che hanno abbandonato Lukashenka e sono passati all’opposizione, si sente il viceministro incitare la polizia a usare delle armi più letali contro i manifestanti. L’alto funzionario dice anche che tra i programmi del regime c’è quello di costruire un campo di detenzione per prigionieri politici. Il ministero ha smentito, la registrazione è stata  caricata con traduzione in inglese da Radio free Europe su YouTube, ma la voce registrata è quella di Mikalai Karpyankov, suoi anche gli errori grammaticali, dice l’opposizione. E’ Karpyankov  che controlla le truppe del regime e Lukashenka l’ha voluto promuovere a novembre per rafforzare l’apparato di sicurezza del paese. Karpyankov ha spesso esortato i suoi uomini all’uso della forza, ed è stato ripreso mentre si fa largo per le strade di Minsk con un manganello. La dittatura bielorussa non fa concessione, ma perde pezzi, non ha imparato a convivere con le proteste e ogni mese cerca di reprimerle con più forza. E’ stanca di vedere tanta tenacia per le strade, tante bandiere, tanti cortei nonostante il freddo e nonostante i pochi risultati, e per questo reprime. Come ha fatto dal primo giorno, ma da sei mesi con forza crescente. 

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