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Chi sono gli stregoni che hanno sempre comandato in Myanmar

Massimo Morello

La “leader de facto” non era Aung San Suu Kyi, ma i generali. Il lato oscuro della forza che la Signora credeva di poter controllare dopo le elezioni

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Decenni di dittatura hanno fatto sì che per lei nessun orrore fosse inimmaginabile. L’ottimismo e la fede nella razionalità su cui basavo le mie previsioni le erano estranei”. Così scrive Aye Min Thant, giornalista e attivista birmana. Per lei un golpe sarebbe stato stupido, perché i militari detenevano già il potere. Erano loro i “leader de facto”, non Aung San Suu Kyi. Col vantaggio che potevano fare della Signora il loro capro espiatorio. E’ accaduto all’alba del 1° febbraio, complice buona parte dell’occidente. Ma per comprendere il Myanmar di oggi bisogna uscire dalla logica occidentale ormai assimilata da Aye Min. Bisogna partire da un concetto semantico, quello di “Tatmadaw”. Letteralmente significa “Forze armate”, ma in Birmania ha quasi il valore di “lato oscuro della forza” che pervade i weikza, gli stregoni, dai poteri sovrumani: i generali. Sono loro che dal 1948, data dell’indipendenza, costituiscono uno stato occulto: un sistema instaurato dal generale Aung San, padre della patria e di Suu Kyi, graduando la forza con diversa intensità.

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Decenni di dittatura hanno fatto sì che per lei nessun orrore fosse inimmaginabile. L’ottimismo e la fede nella razionalità su cui basavo le mie previsioni le erano estranei”. Così scrive Aye Min Thant, giornalista e attivista birmana. Per lei un golpe sarebbe stato stupido, perché i militari detenevano già il potere. Erano loro i “leader de facto”, non Aung San Suu Kyi. Col vantaggio che potevano fare della Signora il loro capro espiatorio. E’ accaduto all’alba del 1° febbraio, complice buona parte dell’occidente. Ma per comprendere il Myanmar di oggi bisogna uscire dalla logica occidentale ormai assimilata da Aye Min. Bisogna partire da un concetto semantico, quello di “Tatmadaw”. Letteralmente significa “Forze armate”, ma in Birmania ha quasi il valore di “lato oscuro della forza” che pervade i weikza, gli stregoni, dai poteri sovrumani: i generali. Sono loro che dal 1948, data dell’indipendenza, costituiscono uno stato occulto: un sistema instaurato dal generale Aung San, padre della patria e di Suu Kyi, graduando la forza con diversa intensità.

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L’ultimo di questi stregoni, che si ritiene reincarnazione di un monarca e ha proibito l’uso della parola “tramonto” perché malaugurante, è il generale Than Shwe, che governò col terrore dal 1992 al 2010, l’anno in cui il paese sembrò intraprendere la strada verso la democrazia. Uno dei suoi protégé è il nuovo presidente “pro-tempore” Myint Swe, un veterano che ha servito come generale delle forze del sud-est, autore delle purghe nell’esercito del 2002 e 2004 nonché della repressione della “rivolta di zafferano” guidata dai monaci nel 2007. Ancor più potente è il generale Min Aung Hlaing, 64 anni, comandante in capo di Tatmadaw. Un personaggio che presenta una delle caratteristiche principali del weizka: è misterioso. “Era un uomo di poche parole che manteneva un basso profilo”, ha ricordato alla Reuters un vecchio compagno d’accademia. “Un cadetto nella media”. Dal 1974 la carriera di Min Aung Hlaing è proceduta inesorabile, anche per la forza e la diplomazia dimostrate combattendo le milizie etniche Wa e Shan (tuttora controllori del traffico di droga nel sud-est asiatico). Il suo cambiamento, quasi una reincarnazione, avviene nel 2011, quando succede a Than Shwe come capo di Tatmadaw e assume un ruolo politico.

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Tanto più importante in anni di cambiamento, quando molti temevano che la Birmania precipitasse nel caos. A evitarlo fu anche Min Aung Hlaing. Secondo i diplomatici allora di stanza a Yangon, il generale si era trasformato da soldato taciturno in brillante politico. Fu lui ad “architettare” quella la Costituzione del 2008 che assicura il potere di Tatmadaw. E fu tra i primi e più attivi nell’utilizzo dei social media. Attività che ridusse drasticamente nel 2017, l’anno della più violenta offensiva di Tatmadaw nei confronti dei rohingya. Il vero peccato di Aung San Suu Kyi non è quello di essere passata al lato oscuro, come molti hanno detto. E’ stato quello di aver pensato di poterlo controllare. E la valanga di voti per la sua Nld è stata vissuta dai militari come un’umiliazione intollerabile. A questo punto solo loro, gli stregoni, possono prevedere il futuro.

 

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