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Pardon, io vado via

Daniele Ranieri

L’ex presidente Trump esce dalla Casa Bianca con un giro di regali alla palude lobbista che diceva di odiare

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Ieri l’ex presidente Donald Trump tra gli ultimi atti del suo mandato ha anche annullato una regola importante che disciplina i rapporti tra la politica attiva e le lobby che lui stesso aveva voluto quattro anni fa. Nella prima settimana del suo governo, il 28 gennaio 2017, Trump firmò un ordine esecutivo per impedire alle persone che avevano lavorato nell’Amministrazione Obama di andare a lavorare come lobbisti per un periodo di cinque anni nello stesso settore di competenza di quando lavoravano per il governo: era, disse, parte della sua campagna per “prosciugare la palude”, quel misto di politica e affari che i suoi elettori consideravano uno dei problemi principali del paese. Il rapporto tra i due mondi contigui è un problema: appena fuori dall’Amministrazione, molti potrebbero sfruttare tutti i contatti e le conoscenze acquisite mentre occupavano posti di responsabilità per fare lobbismo con efficacia irresistibile se non ci fosse un minimo di regolamentazione. Prima di lui Obama aveva firmato un ordine esecutivo molto simile, che però bloccava le carriere per soltanto due anni e “non sono sufficienti” aveva commentato Trump. Ieri però ha cancellato la sua norma e di fatto ha consentito a tutti i funzionari che facevano parte della sua Amministrazione di andare a lavorare come lobbisti – a meno che Biden non decida di reimporre la stessa regola. Per ora il nuovo presidente degli Stati Uniti ha deciso che i suoi uomini non potranno andare a lavorare per le lobby, se lasceranno il governo, per tutta la durata della sua Amministrazione. 

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Ieri l’ex presidente Donald Trump tra gli ultimi atti del suo mandato ha anche annullato una regola importante che disciplina i rapporti tra la politica attiva e le lobby che lui stesso aveva voluto quattro anni fa. Nella prima settimana del suo governo, il 28 gennaio 2017, Trump firmò un ordine esecutivo per impedire alle persone che avevano lavorato nell’Amministrazione Obama di andare a lavorare come lobbisti per un periodo di cinque anni nello stesso settore di competenza di quando lavoravano per il governo: era, disse, parte della sua campagna per “prosciugare la palude”, quel misto di politica e affari che i suoi elettori consideravano uno dei problemi principali del paese. Il rapporto tra i due mondi contigui è un problema: appena fuori dall’Amministrazione, molti potrebbero sfruttare tutti i contatti e le conoscenze acquisite mentre occupavano posti di responsabilità per fare lobbismo con efficacia irresistibile se non ci fosse un minimo di regolamentazione. Prima di lui Obama aveva firmato un ordine esecutivo molto simile, che però bloccava le carriere per soltanto due anni e “non sono sufficienti” aveva commentato Trump. Ieri però ha cancellato la sua norma e di fatto ha consentito a tutti i funzionari che facevano parte della sua Amministrazione di andare a lavorare come lobbisti – a meno che Biden non decida di reimporre la stessa regola. Per ora il nuovo presidente degli Stati Uniti ha deciso che i suoi uomini non potranno andare a lavorare per le lobby, se lasceranno il governo, per tutta la durata della sua Amministrazione. 

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La scadenza del mandato di Trump si è consumata così, con un ultimo giro di favori annunciato dopo la mezzanotte dell’ultimo giorno a vantaggio di amici e di alleati che potrebbero essere utili in un futuro prossimo. L’ex presidente ha concesso la grazia a 73 persone e ha alleggerito la pena di 70 condannati. 


Non è diverso da – anzi è meno – quello che fece Obama alla fine della presidenza, quando concesse la grazia a 64 persone e in tre giorni alleggerì la pena di 539 condannati. A essere differente è il criterio adottato per stilare la lista. Obama intervenì per alleggerire condanne che considerava troppo pesanti a causa delle storture del sistema giudiziario. Trump invece non ha fatto scelte idealistiche. Per giorni si era parlato della possibile grazia per Julian Assange e Edward Snowden, che il furto di informazioni segrete e con le loro rivelazioni hanno messo in crisi il governo americano negli anni passati, ma non c’è stata. Molti fan trumpiani, già travolti dalla delusione delle immagini in diretta del giuramento di Joe Biden al Campidoglio, hanno rimproverato questa scelta di non concedere la grazia, che viene considerata come una capitolazione al cosiddetto Deep State, il nemico immaginario dei trumpiani. L’ex presidente ha invece graziato Steve Bannon, il consigliere e capo della campagna elettorale che con le sue idee sovraniste ha portato Trump alla Casa Bianca nel 2016. Bannon è accusato di essersi intascato un milione di dollari raccolti grazie a una finta campagna per finanziare la costruzione del muro al confine con il Messico, uno dei punti fissi della propaganda di Trump, e per questo era stato arrestato e poi rilasciato nell’agosto 2020. Prima era stato allontanato dalla Casa Bianca perché giocava a fare il regista anonimo di una campagna mediatica contro i suoi nemici dentro l’Amministrazione, con una sequenza di informazioni passate ai media. Bannon è un provocatore e una spalla che piace a Trump perché si destreggia nelle situazioni disperate – fu lui ad appoggiare la scelta di andare avanti come se nulla fosse dopo la pubblicazione nell’ottobre 2016 degli audio nei quali l’allora candidato presidente parlava delle donne in un modo che avrebbe ucciso politicamente chiunque altro. Trump ha anche graziato il rapper afroamericano Lil Wayne, condannato per il possesso illegale di una pistola. Durante la campagna elettorale il rapper aveva annunciato il suo appoggio per Trump e si era fatto fotografare con lui, in una mossa interpretata come un tentativo di spostare verso il repubblicano il voto di qualche giovane afroamericano – una fascia di elettori molto scettica. 

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L’ex presidente non ha dato una grazia preventiva a se stesso e alla sua famiglia, perché la Corte Suprema potrebbe annullarla – la Costituzione non è chiara in materia. Inoltre non varrebbe in caso di impeachment. Trump non ha dato questa grazia preventiva nemmeno il suo avvocato e consigliere Rudy Giuliani, atteso da guai giudiziari. 
 

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