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Gli scandali, la cancel culture e le ambizioni tradite

Un viaggio dentro Sciences Po, la fabbrica dell’élite francese in pieno tormento

Mauro Zanon

Il libro di Kouchner ha aperto il vaso di Pandora ben oltre Duhamel, mettendo a nudo il controverso passato di un'intellighenzia universitaria che sognava di trasformare Science Po in un campus all'americana (e in parte ci è riuscita)

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L’onda di choc provocata dal libro della giurista francese Camille Kouchner, “Familia grande” (Seuil), ha travolto in un colpo solo due santuari dell’élite francese: Sciences Po, la scuola di scienze politiche che forma l’establishment, e Le Siècle, il club ultraesclusivo che riunisce la crème del potere parigino. Perché ai vertici delle due istituzioni troneggiava fino a pochi giorni Olivier Duhamel, politologo e costituzionalista rinomato, opinionista ed ex eurodeputato socialista, ma anche patrigno accusato di aver abusato sessualmente del suo figliastro in una villa in Costa Azzurra, negli anni Ottanta, quando in un certo mondo intellettual-mondano tutto sembrava permesso.

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L’onda di choc provocata dal libro della giurista francese Camille Kouchner, “Familia grande” (Seuil), ha travolto in un colpo solo due santuari dell’élite francese: Sciences Po, la scuola di scienze politiche che forma l’establishment, e Le Siècle, il club ultraesclusivo che riunisce la crème del potere parigino. Perché ai vertici delle due istituzioni troneggiava fino a pochi giorni Olivier Duhamel, politologo e costituzionalista rinomato, opinionista ed ex eurodeputato socialista, ma anche patrigno accusato di aver abusato sessualmente del suo figliastro in una villa in Costa Azzurra, negli anni Ottanta, quando in un certo mondo intellettual-mondano tutto sembrava permesso.

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“Familia grande” è il romanzo nero della gauche post sessantottina, decostruzionista, figlia del mitterrandismo e delle teorie di Derrida, Deleuze e Foucault, ma anche il romanzo che fischia la fine del silenzio e dell’omertà che hanno regnato per molto tempo. Alcuni dicono che sia l’inizio di un regolamento di conti interno alla gauche, perché Sciences Po è sempre stata il cuore del potere socialista, e chissà quanti segreti potrebbero venire a galla ora che se ne è andato uno dei boss e quelli che lo hanno coperto sono attesi al varco. Altri osservatori, come Raphaëlle Bacqué, grand reporter del Monde, pensano invece che lo scandalo Duhamel sia “più una conseguenza del #MeToo”. “Forse il libro di Camille Kouchner, se fosse uscito alcuni anni fa, quando non era ancora emerso il fenomeno #MeToo, non avrebbe avuto questa eco. Ma l’epoca è cambiata”, dice al Foglio la Bacqué. Il mondo di Sciences Po, la giornalista del Monde, lo conosce molto bene.

 

Nel 2015, dopo tre anni di ricerche, ha scritto “Richie”, un libro biografico dedicato a Richard Descoings, direttore controverso dell’istituto dal 1996 fino al 3 aprile 2012, quando fu ritrovato morto in una camera dell’Hotel Michelangelo di Manhattan, a New York. Descoings era considerato “il principe nero del potere omosessuale parigino” (copyrights Causeur), un tipo che di giorno si mostrava con la moglie, Nadia Marik, e di notte ballava nudo nelle boîtes gay del Marais assieme agli studenti. Ma Descoings era anche un grande amico di Duhamel: di più, il suo braccio destro. “Ciò che è accaduto con il libro di Camille Kouchner è assai grave perché ha colpito i piani alti di Sciences Po, non solo Olivier Duhamel, ma anche Frédéric Mion, l’attuale direttore, che sapeva tutto. L’affaire Duhamel fa seguito alla morte di Richard Descoings e alla sua presidenza che era già stata assai complicata, poiché era stato coinvolto in diversi scandali, e non solo sessuali. E all’epoca, oltre a Descoings, c’era anche Dominique Strauss-Kahn a Sciences Po”, sottolinea la Bacqué, prima di aggiungere: “Colui che ha diretto Sciences Po prima di Descoings, Alain Lancelot, non veniva dalla stessa cultura. ‘Richie’ era diverso. Ha fatto sicuramente diverse cose buone per Sciences Po, ma era un tipo estremamente trasgressivo, che ci provava con gli studenti. E’ lui che ha fatto venire a Sciences Po Dsk, che si era appena dimesso dal governo per uno scandalo di corruzione, ed è morto a New York in un’atmosfera scandalistica. Frédéric Mion è stato scelto da coloro che avevano creato quell’ambiente, che avevano contribuito all’instaurazione del potere di Descoings e avevano coperto le sue derive, tra cui appunto Duhamel. In un certo senso, è stato chiamato a ‘ripulire’ l’istituto parigino dagli eccessi”.

 

Oggi la posizione di Mion è molto fragile. Inizialmente aveva dichiarato di aver scoperto le accuse di incesto sulla stampa, poi ha fatto marcia indietro e ha ammesso di esserne al corrente da due anni. Ma nonostante le richieste di dimissioni da parte di molti studenti, per ora ha deciso di restare al suo posto. Lo scandalo Duhamel non è l’unico affaire a scuotere la fornace delle élite di rue Saint-Guillaume. Un’inchiesta del Figaro, pubblicata lunedì, ha sollevato il velo sull’incursione inquietante dell’ideologia decoloniale e del pensiero indigenista all’interno di Sciences Po. “La moda americana della cancel culture e della sinistra ‘woke’ sta penetrando anche da noi, nei centri dell’élite. Siamo di fronte a qualcosa di terrificante”, dice al Foglio Brice Couturier, giornalista di France Culture, prima di aggiungere: “La storia del razzismo in Europa non ha nulla a che vedere con la storia del razzismo degli Stati Uniti. Imporre la vittimizzazione all’americana nelle nostre culture e nei nostri paesi è un’aberrazione storica, ma funziona, perché va di moda. Il modo di comportarsi dei ‘woke’ ricorda le guardie rosse della rivoluzione culturale maoista. Mettono in discussione i loro professori, creano gruppi di pressione, impongono un’ideologia basata sulla razza e sono ostili alla meritocrazia. Non sono molti, ma terrorizzano la massa degli studenti”.

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Secondo Couturier, l’ex direttore di Sciences Po Richard Descoings ha contribuito ampiamente alla penetrazione di questo modo di pensare e agire. “Descoings ha anglosassonizzato Sciences Po, pensava che fosse cool importare dagli Stati Uniti le ultime teorie alla moda”, spiega Couturier. “Il progetto di Descoings era quello di distanziarsi dalle grandes écoles elitarie che hanno una selezione ultrarigorosa all’ingresso, come l’Ena, l’École normale supérieure, e il Polytechnique, per farne un’università di massa. Ha introdotto un concorso al ribasso per gli studenti dei quartieri difficili, con l’idea che chi veniva da queste zone era di origine etnica minoritaria. Voleva trasformare Sciences Po in un grande campus americano, in una Harvard, dove non ci sono centoquaranta persone, ma diecimila. Va detto che c’è anche un lato positivo, perché all’epoca in cui ero uno studente all’università di Vincennes quelli di Sciences Po erano considerati i ‘petits messieurs di rue Saint-Guillaume’, snob, giscardiani, di buona famiglia. Era un mondo chiuso, ora è più aperto grazie a Descoings. Sciences Po è diventata una fac americana in pieno centro di Parigi”.

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