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Le tappe serrate della Commissione, che sul Recovery vuole andare veloce

David Carretta

Per l’esborso dell’anticipo entro l’estate tutto deve essere fatto entro il 30 aprile. I dubbi sulle bozze dell’Italia

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L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del piano nazionale di ripresa e resilienza è solo il primo passo che l’Italia deve compiere se vuole iniziare a ricevere, all’inizio della prossima estate, l’anticipo dei 209 miliardi che le sono stati allocati dal Recovery fund. Il documento sul tavolo del governo ieri va considerato come una bozza: la Commissione europea, che è incaricata di valutare i piani nazionali e di raccomandare ai governi di dare il via libera agli esborsi, non si attende la versione definitiva prima del mese marzo.

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L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del piano nazionale di ripresa e resilienza è solo il primo passo che l’Italia deve compiere se vuole iniziare a ricevere, all’inizio della prossima estate, l’anticipo dei 209 miliardi che le sono stati allocati dal Recovery fund. Il documento sul tavolo del governo ieri va considerato come una bozza: la Commissione europea, che è incaricata di valutare i piani nazionali e di raccomandare ai governi di dare il via libera agli esborsi, non si attende la versione definitiva prima del mese marzo.

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I prossimi due-tre mesi saranno il periodo più delicato e decisivo delle discussioni tra Roma e Bruxelles sul piano dell’Italia. In quali investimenti mettere i soldi? Quali progetti rientrano nei criteri fissati dall’Unione europea? Quali riforme dovranno essere adottate per la resilienza del paese? Con quali tempi e scadenze? L’obiettivo della Commissione è mettersi d’accordo con il governo italiano prima della presentazione della versione definitiva del piano per accelerare i tempi di valutazione e approvazione. La logica è di evitare di lanciarsi in difficili e estenuanti negoziati sulla sostanza del piano nelle otto settimane che la Commissione avrà per approvarlo. Occorre evitare il rischio di provocare ritardi negli esborsi o di incappare nelle obiezioni di alcuni stati membri. In una visita a Roma in dicembre, il ministro degli Esteri olandese, Stef Blok, ha ribadito che i Paesi Bassi “insistono sulla condizionalità delle riforme economiche per gli esborsi del Recovery fund”. La base sono le raccomandazioni specifiche dell’Ue del 2019 e 2020. L’Italia deve “fare i compiti a casa per rimanere competitiva”, aveva detto Blok.

  

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In realtà il Recovery fund per ora non esiste. Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue devono ancora approvare il regolamento della Recovery and Resilience Facility, che costituisce il principale pilastro di Next Generation Eu, con una dotazione di 672,5 miliardi di euro tra trasferimenti e prestiti. La plenaria del Parlamento europeo dovrebbe esprimersi nella seconda settimana di febbraio. Toccherà poi ai ministri delle Finanze dell’Ue adottare definitivamente il testo nell’Ecofin del 16 febbraio. Una volta entrato in vigore il regolamento, i governi potranno inviare formalmente i loro piani nazionali. Anche se la scadenza formale (ma non vincolante) è il 30 aprile, la Commissione si aspetta di ricevere i primi a inizio marzo. Poi avrà otto settimane di tempo per preparare la proposta di decisione del Consiglio Ue sull’esborso dei fondi. I governi dei 27 avranno altre quattro settimane per dare il via libera. Se non ci saranno intoppi, la Commissione ritiene che il primo giugno potranno essere adottate le prime decisioni sugli esborsi della quota del 13 per cento di prefinanziamento, anche se potrebbero volerci alcune settimane in più per andare sui mercati e raccogliere i fondi.

  

Per il momento l’Italia non è in ritardo, ma alcuni governi sono stati più rapidi. Portogallo, Grecia, Cipro, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Spagna, Germania e Croazia hanno già inviato bozze che in alcuni casi la Commissione ritiene abbastanza complete. Sulla sostanza del piano nazionale italiano rischiano invece di emergere problemi. Nelle scorse settimane c’era preoccupazione a Bruxelles per la parte sul Green deal e i pochi impegni sulle riforme. Ma le continue modifiche non hanno permesso alla Commissione di consolidare il suo giudizio. Ursula von der Leyen vuole tenersi fuori dalla crisi politica italiana. “Non commentiamo situazione politica all’interno degli stati membri. Lavoriamo con le autorità italiane in carica e continueremo  a farlo”, ha detto ieri il suo portavoce. Comunque sia, a Bruxelles ritengono che le trattative sulla bozza dell’Italia richiederanno alcune settimane in più rispetto ad altri paesi.
    

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