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Perché non Parler

Daniele Ranieri

Una fuga disastrosa di dati espone tutti gli iscritti alla piattaforma frequentata dalla destra americana, da QAnon e dai gruppi dell'irruzione al Campidoglio. Forse il piano di Trump per il dopo-presidenza naufraga

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Non si sono ancora comprese davvero le dimensioni del disastro per Donald Trump, per i suoi progetti dopo la fine della presidenza e per i suoi numerosissimi sostenitori dopo l’irruzione al Campidoglio di sei giorni fa. Prendiamo il caso di Parler, la piattaforma social che in teoria doveva sostituire Twitter e Facebook e diventare il nuovo centro di aggregazione senza censura dell’estrema destra americana. Non soltanto Google e Apple hanno bandito la app dai loro store online e non soltanto Amazon l’ha buttata fuori dal suo servizio di hosting (in pratica: ha spento il sito), ma in questo momento per colpa di un errore catastrofico le informazioni private dei dieci milioni di utenti che a partire dal 2018 avevano scaricato Parler sono disponibili a chiunque – basta cercarle online.

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Non si sono ancora comprese davvero le dimensioni del disastro per Donald Trump, per i suoi progetti dopo la fine della presidenza e per i suoi numerosissimi sostenitori dopo l’irruzione al Campidoglio di sei giorni fa. Prendiamo il caso di Parler, la piattaforma social che in teoria doveva sostituire Twitter e Facebook e diventare il nuovo centro di aggregazione senza censura dell’estrema destra americana. Non soltanto Google e Apple hanno bandito la app dai loro store online e non soltanto Amazon l’ha buttata fuori dal suo servizio di hosting (in pratica: ha spento il sito), ma in questo momento per colpa di un errore catastrofico le informazioni private dei dieci milioni di utenti che a partire dal 2018 avevano scaricato Parler sono disponibili a chiunque – basta cercarle online.

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E’ successo che fra le compagnie minori che hanno tagliato i loro rapporti c’è anche l’azienda che si occupava della verifica a doppio passaggio che garantiva la sicurezza degli utenti di Parler. Quando domenica ha ritirato il suo appoggio il sito è diventato vulnerabile. Gli hacker hanno in fretta preso gli stessi poteri degli amministratori e hanno cominciato a scaricare tutti i dati degli utenti. I messaggi privati, le foto, i video, le mail e i dati che hanno usato per iscriversi: l’archivio è così pesante che gli hacker ieri hanno creato una rete collettiva per riuscire a scaricare tutto. Inoltre si è scoperto che quando gli utenti di Parler cancellavano il loro materiale (per esempio una chat o una foto) in realtà quel materiale era soltanto nascosto alla vista degli utenti ma restava salvato nell’archivio. In pratica se un iscritto a Parler ha cancellato una sua chat privata adesso sa che quella chat è di nuovo leggibile ed è là fuori. Potrebbe finire online in stile Wikileaks. E’ molto probabile che anche le agenzie di sicurezza americane stiano facendo lo stesso lavoro e stiano archiviando quel materiale – considerato anche che molte delle persone coinvolte nell’irruzione al Campidoglio sono su Parler e ne hanno parlato su Parler. In questi giorni le agenzie di sicurezza americana stanno dando la caccia uno per uno a tutti gli individui coinvolti. Alcuni sono già stati arrestati. E’ possibile che “era presente al 6 gennaio 2021” diventerà un precedente che in poche parole qualificherà l’appartenenza ideologica di molti, per gli anni a venire. 

 

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La piattaforma in teoria offriva un rifugio sicuro agli account eliminati in questi giorni dalle altre piattaforme tech – come per esempio alcuni predicatori di QAnon con milioni di follower. Questo doveva essere il suo momento, invece è come se i gruppi e le fazioni trumpiane avessero appena consegnato a ignoti le loro conversazioni. Due giorni fa anche il leader della Lega, Matteo Salvini, aveva aperto un account su Parler. 

 

La rovina di Parler è uno degli effetti collaterali dell’errore di valutazione commesso mercoledì scorso dal presidente Trump, che ha spinto una folla di sostenitori a occupare con la forza il Campidoglio di Washington durante una riunione plenaria per confermare la vittoria di Joe Biden. Non sappiamo che cosa avrebbero fatto i trumpiani ai politici – incluso il vicepresidente Mike Pence, che non parla a Trump da mercoledì – se fossero riusciti a catturarli, ma è possibile che ci sarebbero state vittime. 

 

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Il presidente dopo la sconfitta a novembre ha continuato a portare avanti una campagna senza speranze legali di successo e che però funzionava per portare nel dopo-presidenza un numero enorme di sostenitori, per qualsiasi direzione avesse imboccato. Un bacino di spettatori, se avesse voluto fare tv. Un bacino di elettori, se avesse scelto di continuare con la politica. Trump ha ricevuto più di duecento milioni di dollari in donazioni dopo le elezioni “per la battaglia legale contro la frode elettorale” e ha insistito con la sua campagna anche a costo di far perdere ai repubblicani il doppio ballottaggio in Georgia (del resto, più i democratici dominano a Washington, più lui si può descrivere come l’unica speranza di riscatto). Il piano di Trump però ora è a rischio. I social che avevano fatto la sua fortuna lo hanno buttato fuori. Stripe, la compagnia che gestisce gli accordi di pagamento per milioni di negozi e piattaforme di commercio online, ha annunciato di avere tagliato i rapporti con Trump e di fatto ha chiuso il rubinetto delle donazioni. Parler, che doveva essere il trampolino per la ripartenza, è come si è detto in una crisi forse fatale. 

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