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L'intervista

Serve un Roosevelt, ma non c’è. Alec Ross ci spiega come si ricuce l’America

Il trumpismo non è andato via, le storture di Trump viste dal West Virginia e la domanda: quanto potrà fare Biden?

Micol Flammini

L'assalto al Congresso non deve sorprendere, ci dice l'ex consigliere di Hillary Clinton e Obama: "Le responsabilità sono di tutti, per riscrivere il contratto sociale bisogna che tutti accettino di fare la loro parte, dovrà essere uno sforzo collettivo perché mancano figure grandi"

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Secondo Alec Ross “nessuno dovrebbe sorprendersi di quanto è accaduto al Campidoglio”. Non è stato un imprevisto, dice al Foglio l’ex consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton, collaboratore di Barack Obama, scrittore e oggi docente della Bologna Business School. Ross non è più dentro al governo americano dal 2013, aveva detto di volersene andare per dedicarsi alla scrittura, oggi studia le trasformazioni della sua America, e non solo. “C’è una linea diretta – spiega – che percorre questi quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca e porta dritti dritti a quello che è accaduto mercoledì. Una linea che incita alla violenza, produce disinformazione e radicalizza i sostenitori, è quello che ha fatto Trump in questi anni, io non sono sorpreso”. Gli Stati Uniti sono un paese diviso e i cappellini rossi che sfondavano le barriere della polizia per impedire la conferma  di Joe Biden sono una parte di questo paese. L’assalto al Campidoglio è stato la dimostrazione, per chi aveva bisogno di vederla in modo  più chiaro, che qualcosa si è rotto dentro alla democrazia americana. “Dei 74 milioni di persone che hanno votato per Trump a  novembre, venti milioni sono stati radicalizzati. Non è un numero esiguo. L’assalto di ieri per Trump e per la sua base è stato un momento  di esaltazione, ma per la maggior parte dei cittadini americani è stato un giorno bruttissimo”. 

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Secondo Alec Ross “nessuno dovrebbe sorprendersi di quanto è accaduto al Campidoglio”. Non è stato un imprevisto, dice al Foglio l’ex consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton, collaboratore di Barack Obama, scrittore e oggi docente della Bologna Business School. Ross non è più dentro al governo americano dal 2013, aveva detto di volersene andare per dedicarsi alla scrittura, oggi studia le trasformazioni della sua America, e non solo. “C’è una linea diretta – spiega – che percorre questi quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca e porta dritti dritti a quello che è accaduto mercoledì. Una linea che incita alla violenza, produce disinformazione e radicalizza i sostenitori, è quello che ha fatto Trump in questi anni, io non sono sorpreso”. Gli Stati Uniti sono un paese diviso e i cappellini rossi che sfondavano le barriere della polizia per impedire la conferma  di Joe Biden sono una parte di questo paese. L’assalto al Campidoglio è stato la dimostrazione, per chi aveva bisogno di vederla in modo  più chiaro, che qualcosa si è rotto dentro alla democrazia americana. “Dei 74 milioni di persone che hanno votato per Trump a  novembre, venti milioni sono stati radicalizzati. Non è un numero esiguo. L’assalto di ieri per Trump e per la sua base è stato un momento  di esaltazione, ma per la maggior parte dei cittadini americani è stato un giorno bruttissimo”. 

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Ora c’è un paese da ricucire e da guarire, un paese che probabilmente comincerà a ripensare il suo futuro dal 6 gennaio del 2021. Molti commentatori mercoledì sera si riferivano a Joe Biden, prossimo presidente degli Stati Uniti, come l’healer, il guaritore, colui che dovrà mettere assieme i pezzi e cercare l’unità nella frammentazione. Ross non condivide la definizione: “Biden non è un visionario e la sua prima sfida sarà governare. Puoi riunire abbastanza membri di questo paese per governare, ma non basteranno per renderci uniti come vent’anni fa. Biden per ora deve pensare a ricostruire i nostri sistemi di tassazione e i programmi di welfare. In questo momento siamo come Mad Max, ognuno per sé”. Ricostruire l’America non sarà semplice, è stata sfilacciata in vent’anni, dice Ross, non è stato Trump a renderla così, lo era già e altrettanti anni ci vorranno per rimetterla insieme. “Ci vuole un nuovo contratto sociale, altrimenti i problemi aumenteranno, ma per farlo servono uomini come Roosevelt e io non ne vedo. La domanda è: quanto potrà fare Biden?”.  Ross è un deluso dall’obamismo: “Ho lavorato per lui per sei anni e pensavamo che fosse quello giusto per riunire il paese. Dopo otto anni di Obama eravamo più divisi di prima e non so se Biden possa fare meglio. Credo che per ricucire l’America bisogna capire che le responsabilità sono di tutti, per riscrivere il contratto sociale bisogna che tutti accettino di fare la loro parte, dovrà essere uno sforzo collettivo perché mancano figure grandi. Negli anni Venti del 2000 non c’è un Gesù, io non lo vedo. Credo sia impossibile che nasca oggi: neppure John Fitzgerald Kennedy in questo mondo di social media sarebbe stato John Fitzgerald Kennedy”. 

  

Dopo la rabbia e la furia di mercoledì, Twitter e Facebook hanno sospeso l’account del presidente. Facebook ha detto che tutti i suoi profili rimarranno chiusi fino alla fine del suo mandato, una mossa che ha sorpreso, ma che è arrivata un po’ tardi. “I social hanno una responsabilità enorme per quello che è successo. C’è una differenza tra intelligenza e saggezza, i capi di Twitter e Facebook hanno bisogno di conoscere la geopolitica, la cultura, sono intelligenti ma hanno bisogno di saggezza. Ma anche le televisioni e le radio hanno fatto la loro parte nella costruzione del trumpismo”. Eccolo, il più grande e pericoloso lascito di Donald Trump, che sta per lasciare la Casa Bianca – ha detto che la transizione non sarà turbolenta – ma lascerà un modo di fare politica, di parlare, di aizzare, di dividere e di questo Ross è certo: “Dopo tutto quello che era successo al Campidoglio centoventuno parlamentari hanno votato per rovesciare il risultato delle elezioni, è uno dei segni che il trumpismo vive ancora. Io sono della West Virginia, ho visto con i miei occhi il processo di radicalizzazione, Trump non l’ha creato, l’ha accelerato. Dopo le elezioni ha ottenuto più di duecento milioni di dollari dai suoi sostenitori, sono tantissimi. Il trumpismo sarà una dinamica che durerà per anni nella politica americana”. E la ricostruzione di una nazione ferita deve iniziare da questa consapevolezza. 

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