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Analisi di uno scatto

Oltre le corna e lo show, la foto che racconta il pericolo dopo l’irruzione

Daniele Ranieri

Volto coperto, manette, simboli militari, spray urticante. L’assetto di chi ha progettato l’insurrezione

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Questa è l’analisi di una delle tante foto scattate durante l’irruzione della folla trumpiana dentro il Campidoglio di Washington mercoledì sera. Pensiamo che sia un’immagine più significativa di tante altre, che magari sono più spettacolari ma contengono meno informazioni. La folla che due giorni fa ha assaltato l’edificio era formata da fazioni differenti che avevano lo stesso scopo: respingere un governo dei democratici con Joe Biden come presidente. Quelle fazioni hanno gradi diversi di pericolosità: c’erano gli innocui che si sono fatti trascinare dall’entusiasmo del momento e s’aggiravano spaesati per i corridoi come se fosse una visita ai palazzi del potere e c’erano elementi organizzati e molto pericolosi. 

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Questa è l’analisi di una delle tante foto scattate durante l’irruzione della folla trumpiana dentro il Campidoglio di Washington mercoledì sera. Pensiamo che sia un’immagine più significativa di tante altre, che magari sono più spettacolari ma contengono meno informazioni. La folla che due giorni fa ha assaltato l’edificio era formata da fazioni differenti che avevano lo stesso scopo: respingere un governo dei democratici con Joe Biden come presidente. Quelle fazioni hanno gradi diversi di pericolosità: c’erano gli innocui che si sono fatti trascinare dall’entusiasmo del momento e s’aggiravano spaesati per i corridoi come se fosse una visita ai palazzi del potere e c’erano elementi organizzati e molto pericolosi. 

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Torniamo alla foto. Come hanno notato molti, l’uomo in tuta mimetica ha in mano un mazzo di fascette di plastica che possono essere usate per stringere i polsi di prigionieri.

 

   

Le fascette di plastica sono di uso comunissimo fra i soldati americani impegnati nelle missioni all’estero perché sono leggere, poco costose e disponibili in gran numero, al contrario delle manette. Si stringono ai polsi dei sospettati e quando non servono più si tagliano con un paio di cesoie. La presenza di soldati o di ex soldati nei gruppi dell’estrema destra americana è un fatto che preoccupa l’Fbi. L’uomo, al contrario di molti altri, ha il viso coperto per non farsi riconoscere. Sul petto porta un simbolo del Tennessee con la sottile linea blu, che di solito è esibito da chi vuole manifestare il proprio sostegno per la polizia (subito dopo aver sfondato il cordone della polizia, che poi è il paradosso delle milizie americane: i membri si definiscono patrioti ma attaccano le istituzioni). Forse il simbolo è rimasto da altre manifestazioni dello scorso anno. Sul petto ha anche la bandiera americana con il teschio del Punitore, un grande classico dell’iconografia delle milizie in questi ultimi anni.

 

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I primi a usare il simbolo del Punitore furono gli uomini dei Navy Seals impegnati in Iraq nel 2004, durante i combattimenti urbani a Ramadi. Lo si vede sul giubbetto del cecchino Chris Kyle, immortalato in un film di Clint Eastwood e considerato una leggenda militare. Un po’ tutti negli anni successivi hanno copiato il simbolo – anche i militari iracheni. Sul berretto c’è l’Ar Flag, la bandiera americana con il fucile d’assalto, che è un altro topos della destra identitaria negli Stati Uniti. Il diritto a possedere fucili d’assalto è uno degli argomenti favoriti delle milizie americane e il timore di vederseli confiscati dalle autorità è una dei motivi d’odio contro il governo centrale, in particolare quando alla Casa Bianca ci sono i democratici che sono più sensibili a questi temi. Sul petto, sul giubbetto militare, l’uomo ha fissato uno smartphone in modo che la camera riprenda quello che sta succedendo. Le milizie vivono anche di propaganda e girare un video è ormai il meno che tu possa fare durante un’operazione di questo genere. Colpisce che il riflesso di moltissimi, tra quelli che hanno fatto irruzione dentro al Campidoglio, sia stato scattarsi foto e girare video. In una tasca laterale l’uomo ha quella che sembra una bomboletta di spray urticante. Non si capisce se abbia oppure no una pistola al fianco, ma a Washington non c’è libertà di girare con le armi in vista. A ottobre l’Fbi ha arrestato tredici persone con l’accusa di voler sequestrare la governatrice del Michigan, la democratica Gretchen Whitmer. Il piano originale prevedeva un attacco al Campidoglio del Michigan, da lanciare un giorno prima delle elezioni, in modo da ispirare altri patrioti a fare altrettanto nel resto del paese e bloccare le elezioni. Una volta dentro il Campidoglio, i miliziani avrebbero preso in ostaggio i politici e i giornalisti e avrebbero resistito ai tentativi della polizia di entrare nell’edificio. Il piano poi si era ridotto: sequestrare la governatrice, trascinarla in un posto sicuro e processarla per altro tradimento. C’è da dubitare che il processo alla “stronza” o “tiranna”, come era chiamata, sarebbe finito con un’assoluzione.

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Per questo l’immagine delle fascette e del volto coperto mercoledì sera colpiva: è lo stesso ambiente che si mobilita, che prende l’iniziativa e realizza i propri sogni a occhi aperti – questa volta a Washington. Chi sa dire come sarebbe finita se la folla avesse preso i politici che odia, come la leader democratica al Congresso Nancy Pelosi o qualche “venduto” repubblicano. Un punto interessante: gli uomini che volevano rapire la Whitmer si erano conosciuti durante le proteste davanti al Campidoglio di Lansing, in Michigan. Immaginiamo in questi giorni cosa è successo: la stessa cosa, ma con persone da tutto il paese. Può essere che le fascette servissero soltanto a tenere le porte aperte oppure a chiuderle per barricarsi dentro. Per questa volta non lo sapremo.

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